Il rapporto di lavoro sportivo tra diritto positivo, diritto sportivo e l'interpretazione del Tribunale di Monaco

“Unie dans la diversitè”: questo è il motto sposato dall'Unione Europea; un motto che trova la sua massima espressione nel mondo dello sport.
Il modello sportivo europeo, sebbene caratterizzato da un sistema piramidale di interdipendenze nazionali ed internazionali (cfr per un maggiore approfondimento http://www.sportbusinessmanagement.it/2014/03/il-sistema-sportivo-europeo-un-modello.html), nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà posto alla base del funzionamento dell'Unione Europea (art. 5 Trattato UE)*, attribuisce di fatto alle singole nazioni aderenti la facoltà di organizzare e disciplinare lo sport all'interno dei propri confini in maniera tendenzialmente libera e, pertanto, ad immagine e somiglianza di singole tradizioni ed ambizioni politiche.

Nonostante, quindi, il generale ed ormai consolidato riconoscimento da parte dell'Unione della specificità dello sport e della sua funzione sociale**, l'attività politica in materia assume una veste essenzialmente intergovernativa, cosicché ciascuno stato membro risulta dotato di proprie norme, siano esse di natura legislativa e/o regolamentare.
Se, tuttavia, in alcuni Stati l'opera del legislatore si è espressa con interventi costanti e pregnanti tali da delineare una sorta di compiutezza normativa sulla cui base operare eventuali modifiche di mero adattamento alla evoluzione delle politiche e dei principi dettati dall'assetto sociale ed in particolare dalla UE***, in altri la stessa risulta del tutto frammentaria e per lo più diretta a tamponare situazioni di urgenza essenzialmente riconducibili ad un profilo lucrativo e/o economico.****

Tale disomogeneità si rinviene in particolare con riferimento alla disciplina del rapporto di lavoro sportivo il quale, nonostante alcune linee guida impartite dalle Federazioni Internazionali di categoria (FIFA, FIBA, FIVB etc.) resta di fatto soggetto al diritto positivo di ogni singola nazione e conseguentemente ad interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali eterogenee se non contrastanti.

Il riferimento chiaro è alla sentenza resa pochi giorni fa dai giudici del tribunale di Monaco i quali, chiamati a pronunciarsi sulla natura del rapporto di lavoro tra un calciatore e il club di appartenenza sono arrivati ad affermare, contrariamente ai principi fino ad oggi considerati pacifici, la natura indeterminata dello stesso.
Tale pronuncia, seppur non definitiva essendo stata emessa in primo grado, appare del tutto contrastante con la indiscussa natura aleatoria della prestazione sportiva che giustappunto mal si concilia nella pratica con quanto previsto dalle norme tedesche di diritto positivo.

In Germana infatti vige una legge secondo cui decorsi 24 mesi dall'instaurazione del rapporto di lavoro, il lavoratore può chiedere ed ottenere dal datore la trasformazione dell'originario contratto a tempo determinato o comunque flessibile in un contratto a tempo indeterminato; e ciò è esattamente ciò che ha richiesto in giudizio il signor Heinz Muller, portiere della squadra del Maiz, rea di non aver rinnovato il contratto all'estremo difensore.
Il giudice di primo grado, accogliendo in toto le pretese avanzate dall’atleta, ha applicato alla lettera le disposizioni normative vigenti in materia giuslavoristica, senza tenere tuttavia in considerazione la specificità e tipicità del rapporto di lavoro sportivo ed ha, di fatto, ordinato la reintegra del calciatore nel posto di lavoro nonché dichiarato l’esistenza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Seppur, come precisato in premessa, ogni ordinamento è dotato di una disciplina giuslavorista propria, si deve rilevare che da tempo è stata accolta dalla generalità degli ordinamenti del vecchio continente l’idea del rapporto di lavoro sportivo come rapporto a tempo determinato a fronte della specialità e specificità propria della prestazione di lavoro.
Tale natura ha trovato anche espressa consacrazione in norme ad hoc dei singoli ordinamenti statuali.
Per quanto concerne, a mero titolo esemplificativo, l’esperienza italiana, la legge di riferimento è la n. 91/1981, disposizione di carattere speciale che regola i rapporti di lavoro sportivo professionistico fissando il limite massimo della durata del contratto in 5 anni; una ulteriore disciplina speciale è prevista poi dalle NOIF (Norme Organizzative Interne della FIGC) che fissa invece in tre anni il limite di durata del contratto per i c.d “giovani di serie”.
Ma vi è di più; la stessa legge n. 91/1981, riconoscendo l'autonomia dell'ordinamento sportivo, rimanda per la regolamentazione dettagliata del rapporto di lavoro (trattamento economico e aspetto prettamente normativo) e della previdenza (per i calciatori è previsto un fondo pensionistico nel quale vengono accantonante somme per ogni stagione giocata nei campionati con possibilità di riscossione a fine carriera) agli Accordi Collettivi, firmati dalla FIGC, dalla Lega nazionale di riferimento***** e dall'Associazione Italiana Calciatori.

La decisione del Tribunale di Monaco ha lasciato pertanto sorpresi non solo la dirigenza del Magonza, ma anche gli operatori del settore, finendo infatti sulle prima pagine di tutti i quotidiani sportivi nazionali e non.
La sentenza, tuttavia al momento non avrà grandi ripercussioni sul rapporto di lavoro sportivo a livello europeo; occorre evidenziare infatti che a differenza della nota sentenza Bosman (a cui molti hanno di primo acchito affiancato per somiglianza innovativa la sentenza del Tribunale di Monaco) non è stata emanata dalla Corte di Giustizia Europea, ma bensì da un Giudice di un Lander e quindi a livello locale.

Ora non si potrà pertanto che attendere gli altri due gradi di giudizio ed eventualmente il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia Europea per conoscere gli sviluppi che seguirà la vicenda ma soprattutto per comprendere quali ripercussioni avrà in terra tedesca.
Certo è che in ipotesi come quella in esame, ossia in cui l'applicazione in senso stretto della legge nazionale contrasta totalmente con la specificità tipica riconosciuta all’ordinamento sportivo e ai rapporti che ne discendono tra cui quello di lavoro subordinato calcistico, sarebbe opportuno che la competente Federazione e la UEFA fossero coinvolte e sentite come parti in causa e fautrici di una disciplina omogenea.

Dott.ssa Federica Ongaro 
Avv. Sara Messina 



* Art. 5 comma 3 “In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l'Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione.”

** Consiglio Europeo, Nizza 7-10 Dicembre 2000 “Le associazioni sportive e gli Stati membri hanno una responsabilità fondamentale nella conduzione delle questioni inerenti allo sport. Nell'azione che esplica in applicazione delle differenti disposizioni del trattato, la Comunità deve tener conto, anche se non dispone di competenze dirette in questo settore, delle funzioni sociali, educative e culturali dello sport, che ne costituiscono la specificità, al fine di rispettare e di promuovere l'etica e la solidarietà necessarie a preservarne il ruolo sociale”.

*** Il trattato di Lisbona ha riconosciuto lo sport come un settore di competenza dell'Unione europea (UE) in cui essa può sostenere, coordinare e integrare le attività dei suoi Stati membri. Per sviluppare la dimensione europea dello sport, la Commissione approva un piano di lavoro triennale che descrive le azioni che devono essere attuate dagli Stati membri e dalla Commissione.

**** Emblematica con riferimento alla prima ipotesi è l'esperienza francese in cui il ruolo interventista del legislatore ha trovato espressione in una raccolta sistematica e omnicomprensiva volta a disciplinare tutti gli aspetti del mondo dello sport: Code du Sport.

***** Ogni Lega professionistica ha un proprio Accordo Colletivo. In Italia, avendo tre Leghe (Serie A – Serie B – Lega Pro) abbiamo anche tre diversi Accordi.

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