Riflessioni sul caso Zubiaurre e il problema dell’assicurazione professionale per gli intermediari

Alzi la mano chi si ricorda della giovane promessa della Real Sociedad, Iban Zubiaurre, che nel 2006 è stato al centro di un caso giuridico molto noto in Spagna. Nessuno? E’ più che comprensibile, dal momento che, nello stesso anno, l’Italia sportiva veniva scossa da due avvenimenti decisamente straordinari: le vicende di Calciopoli e la conquista della Coppa del Mondo di calcio.
Difficile, quindi, durante l’estate di quell’anno, avere il tempo e la volontà di concentrarsi su qualcos’altro. E tuttavia ciò che è successo nove anni fa nei tribunali spagnoli torna oggi di stretta attualità.

Ma andiamo con ordine. Zubiaurre era un difensore della squadra di San Sebastian, legato alla società basca da un contratto di prestazione sportiva sino al giugno 2006. Un anno prima, il giocatore, mal consigliato dal suo agente, si svincolava a parametro zero dal club, accasandosi all’Athletic Bilbao.
A quel punto, la Real Sociedad citava in giudizio sia il giocatore che il club, e il giudice spagnolo condannava – in solido – i convenuti, a pagare 5 milioni di euro come corrispettivo per il trasferimento, più sedici mesi di squalifica per il calciatore. Quel che si dice, insomma, una pena esemplare, e soprattutto una cifra esorbitante, non tanto per il club basco, con capacità finanziare certamente idonee a sopportare il peso della condanna, ma per il calciatore, allora 23enne sì di belle speranze, ma con spalle non ancora sufficientemente larghe per far fronte a quel genere di debiti.

A seguire una bagarre giudiziaria piuttosto lunga – non solo in Italia i processi durano tanto – che ha coinvolto anche il rappresentante del calciatore, conclusasi nel febbraio di quest’anno con la condanna dell’agente, ratificata dal Tribunal Supremo (la Corte di Cassazione spagnola), a pagare quasi 3 milioni di euro al giocatore, come risarcimento per la consulenza errata.

Nella pronuncia del giudice di ultima istanza si legge che l’agente ha palesemente violato i suoi obblighi contrattuali in materia di mediazione sportiva, che integrano un obbligo di consulenza sulle leggi sportive.
Questo passaggio della sentenza, che contiene principi di diritto validi in Spagna come in Italia, è molto interessante per una comparazione con la legislazione di allora e quella attuale in tema di intermediazione sportiva.
Com’è noto, dal 1° aprile scorso non esiste più la figura dell’agente FIFA, che ha lasciato spazio all’intermediario sportivo, un profilo con molti punti in comune con il predecessore, ma altrettanto diverso nella disciplina giuridica*.

Ad esempio, non è più richiesto un esame di abilitazione per l’esercizio dell’attività, che adesso può essere legittimamente praticata previa formale comunicazione alla federazione nazionale di appartenenza, in aggiunta ad una sorta di autocertificazione sulla propria condotta, che si presume specchiata e priva di precedenti penali.
Una delle modifiche più importanti è senza dubbio l’eliminazione dell’obbligatorietà dell’assicurazione professionale – che doveva essere pari ad almeno 100.000 franchi svizzeri – che adesso non è più richiesta.

Casi come quello di cui si è appena dato, per sommi capi, menzione, dovrebbero far riflettere chi di dovere sull’opportunità di mantenere, per lo meno, quegli aspetti della precedente regolamentazione che, all’atto pratico, garantiscono una maggiore tutela per le parti in causa.
A tale proposito, tutti aspettano le mosse delle singole federazioni, autorizzate, come da Regolamento FIFA per gli intermediari sportivi, ad emanare le cosiddette normative di dettaglio, che potrebbero innalzare i requisiti per accedere all’intermediazione sportiva.

In linea teorica, infatti, la FIGC potrebbe stabilire ad esempio che, fermo restando quanto predisposto dalla FIFA nel suo nuovo regolamento, i soggetti che vorranno esercitare l’attività di intermediazione in Italia dovranno presentare idonee garanzie, assicurative e/o bancarie, sul proprio operato.
E quindi, posto che la nuova normativa non ha modificato in peius l’oggetto delle attività dell’intermediario (ex-agente), ed anzi le ha addirittura ampliate, la domanda sorge spontanea: perché si è ritenuto di eliminare l’obbligo per gli ex-agenti FIFA – che dovevano superare un apposito esame e quindi possedere, sulla carta, una preparazione ancora più specifica di quella dell’intermediario – di assicurarsi al fine di proteggere sé stessi e gli altri da loro eventuali inadempienze professionali?

Vogliamo sperare che la federazioni nazionali facciano la dovuta chiarezza su questo, come alcuni altri punti oscuri, anche perché è bene sempre ricordare che, accanto agli atleti e ai club multimiliardari che militano nella massima serie, esistono tanti altri soggetti giuridici, calciatori, società e intermediari stessi, con capacità economiche molto minori, ai quali basta una condanna a una multa o una squalifica per mettere in forte crisi il proprio bilancio economico.

Avv. Carlo Rombolà

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