Fair Play Finanziario incostituzionale? Da Bruxelles in arrivo una pronuncia storica

Il Fair Play Finanziario, misura introdotta dal Comitato Esecutivo dell’UEFA nel 2009 al fine di risanare i conti delle società di calcio, non è mai stato così a rischio come in questo momento, a pochi mesi dalle sue prime applicazioni.

In questi giorni il Tribunal de Première Istance de Bruxelles si è pronunciato, positivamente, sul deferimento alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea del Fair Play Finanziario, nella parte in cui impone limitazioni al deficit di bilancio che le società di calcio possono far registrare in un determinato periodo di osservazione da parte dell’UEFA (la cosiddetta break even rule).
Come si già avuto occasione di evidenziare all’interno delle pagine di Sport Business Management, il primo triennio del FPF prevede una perdita complessiva di 45 milioni di Euro, che scenderà a 30 per il prossimo biennio.

In conseguenza di ciò, i club che hanno sforato tali parametri sono stati sanzionati dalla massima confederazione continentale.
Adesso, però, tutto sembra di nuovo in discussione. In particolare, i motivi del ricorso presentato dagli avvocati belgi risiedono nella supposta violazione, da parte del FPF, dei principi di libera concorrenza e di libero movimento di capitali nel territorio dell’UE.
La tesi sostenuta dai ricorrenti intende porre l’attenzione sul fatto che un imprenditore che desidera investire nel calcio debba poterlo fare anche con una programmazione a lungo termine, senza un ritorno immediato, reso praticamente obbligatorio dalle imposizioni dell’FPF.
Se prevarrà questa interpretazione, per i proprietari delle squadre di calcio sarà possibile investire senza limiti all’interno dei loro club.

Ad avviso dei ricorrenti, inoltre, così com’è la norma finisce con lo svantaggiare le società meno attrezzate economicamente, che si ritrovano una cifra da spendere molto più contenuta rispetto ai grandi club, i quali, generando maggiori ricavi, hanno anche un tetto di spesa molto più ampio. Ironia della sorte, il Fair Play Finanziario era stato introdotto proprio per limitare le disparità economiche fra le società di calcio.
A nostro parere, un’eventuale pronuncia a sfavore del Fair Play Finanziario da parte dei giudici di Lussemburgo, lungi dal bocciarne completamente la ratio e le finalità, potrebbe in un certo senso correggerne il tiro verso una nuova strutturazione, più rispettosa della libertà contrattuale degli imprenditori.
La presenza del fumus boni iuris nelle richieste dei ricorrenti è suggerita anche dal fatto che il presidente dell’UEFA, Michel Platini, ha già messo in preventivo una riforma del FPF, che sarà discussa, verosimilmente, durante la prossima riunione del Comitato Esecutivo, in programma a Praga il 30 giugno.

L’argomento è molto delicato, perché se è vero che il fine ultimo del Fair Play Finanziario è quello di proteggere i piccoli club dal predominio delle società più ricche, bisognerà trovare una soluzione capace di rispettare i principi di diritto europeo, preservando la competitività delle squadre minori.

Avv. Carlo Rombolà

Nessun commento