Mondiali in autunno, perché ha ragione la FIFA

La notizia è ufficiale, i Mondiali del 2022, assegnati al piccolo stato del Qatar, si disputeranno dal 21 novembre al 18 dicembre, in pieno periodo autunnale.
Il mondo sportivo, dalle varie federazioni agli operatori della comunicazione, passando per i tifosi di tutto il globo, ha accolto la novità con malcelato disappunto, anche perché fra 7 anni non saranno solo le date della Coppa del Mondo a subire un mutamento radicale rispetto alla tradizione, ma anche i campionati, le sessioni di calciomercato, e così via.

Di questi tempi, diciamocelo, la fiducia dell’opinione pubblica nei confronti della FIFA è ai minimi storici: i guai di Sepp Blatter, accusato – in due diverse vicende – di gestione fraudolenta e appropriazione indebita, hanno rischiato di screditare l’immagine di un’istituzione con più di un secolo di attività sulle spalle.

Ma per saperne di più su quel fronte bisognerà lasciare i PM svizzeri al loro lavoro, in questo momento nel pieno delle indagini. Sino ad allora, the show must go on, cantavano i Queen, un motto che mai come nel calcio di oggi trova la sua applicazione.
Una delle più importanti questioni che l’establishment della massima confederazione mondiale si è trovato ad affrontare è stata la definizione del calendario dei prossimi campionati mondiali, individuato, con decisione presa la scorsa settimana, nel bel mezzo dell’autunno, a causa delle temperature proibitive che sono solite registrarsi in estate nella penisola arabica.
Non è ancora arrivato il momento delle polemiche, forse perché manca ancora tanto tempo a Qatar 2022, o forse perché siamo tutti ancora distratti dall’uragano che minaccia di investire i dirigenti della FIFA.

Fatto sta che qualcuno ha già storto il naso di fronte a questa inversione di tendenza rispetto alla tradizione, che vede sin dal 1930, anno della prima Coppa Rimet in Uruguay, lo svolgersi dei mondiali di calcio durante l’estate boreale.
Da parte nostra, proviamo ad anticipare il momento del dibattito, e diciamo subito che, secondo noi, la FIFA ha fatto la scelta giusta.
Nel periodo fra giugno e luglio infatti, le temperature medie in territorio qatariota si attestano stabilmente intorno ai 45° gradi celsius, anche nelle ore meno calde e con un tasso d’umidità fra i peggiori al mondo, il che significa che qualunque partita giocata a quelle latitudini e in quella determinata parte dell’anno rischierebbe di somigliare più ad una missione suicida che ad uno spettacolo planetario.

Il calcio è pieno di episodi di atleti colpiti da malore in campo per il grande caldo, per non parlare dei decessi durante le gare, episodi da scongiurare senza alcun indugio, a meno che non si voglia trasformare uno stadio di calcio in un moderno colosseo, entro cui far fronteggiare gli atleti, trattati alla stregua di novelli gladiatori, a un terribile nemico, ieri i leoni, oggi il caldo infernale.
A nostro avviso, semmai, la scelta da discutere poteva essere quella fatta a monte, ossia l’assegnazione della Coppa del Mondo al piccolo emirato arabo.
Ma questa è un’altra storia, di cui probabilmente sentiremo (ri)parlare.

Avv. Carlo Rombolà

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