Sharapova positiva al test antidoping: cosa rischia adesso la tennista russa

Nella tarda serata del 7 marzo, è giunta dagli Stati Uniti la notizia secondo la quale Maria Sharapova, pluridecorata tennista russa, è stata trovata positiva a un controllo antidoping durante gli Australian Open di Melbourne.
Il test è stato effettuato il 26 gennaio scorso, dopo il match perso contro Serena Williams, e la positività riscontrata quella al meldonium, un farmaco usato in genere per combattere le cefalee.

La sostanza è stata inserita nella black list della World Anti-Doping Agency (WADA) dal 1° gennaio 2016, poiché migliora il metabolismo e l’approvvigionamento energetico dei tessuti, fluidifica il sangue e, di conseguenza, riduce lo sforzo fisico dell’atleta, favorendo, nel contempo, un rapido recupero delle energie.
A quanto pare, si tratta di un farmaco che Sharapova assumeva da molto tempo a causa di una carenza di magnesio dovuta a un principio di diabete ereditario. Il grave errore dell’atleta è stato quello di non prendere visione dell’aggiornamento della lista dei farmaci con effetti dopanti pubblicata dalla WADA, visto che anche nello sport vale il principio secondo cui ignorantia legis non excusat.

Ai sensi dell’art. 8.1.1 del Tennis Anti-Doping Programme, dunque, Maria Sharapova è stata accusata di aver violato la normativa anti-doping e sospesa in via cautelare dall’International Tennis Federation (ITF) con effetto dal 12 marzo, in attesa di giudizio.
Con riguardo all’ipotesi di squalifica, non si può escludere che si propenda per l’erogazione di una pena esemplare, visto il ruolo ricoperto dell’atleta, una vera e propria icona del tennis mondiale. 

In quel caso, la tennista russa potrebbe essere tenuta lontana dai campi per un periodo fino a quattro anni, una soluzione poco probabile, poiché significherebbe non dare alcun valore all’atteggiamento collaborativo dell’atleta, che ha ammesso di aver assunto il farmaco – evitando qualsiasi pratica dilatoria come le controanalisi – e di averlo fatto per comprovati motivi di salute.

A nostro giudizio, sul presupposto che il meldonium non sia stato assunto per migliorare le prestazioni sportive, l’ipotesi più probabile resta quella di una squalifica a medio termine – dai sei ai 12 mesi – che tenga conto di diversi fattori, ulteriori all’ammissione di responsabilità, come la condotta specchiata dall’atleta nel corso della sua ormai quindicennale carriera, nonché il fatto che il farmaco sia stato annoverato fra quelli dopanti solo da due mesi.

Come in tutti gli sport, anche nel tennis le ragioni di celerità date dalla necessità di organizzare le varie competizioni faranno sì che già nelle prossime settimane si giungerà a un verdetto. 

Qualsiasi squalifica, avverso la quale Sharapova potrà presentare ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna, dovrà considerarsi attiva dal 26 gennaio, data del riscontro della positività. 

Avv. Carlo Rombolà

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