Lo sport come incentivo all'emancipazione e strumento di educazione. Intervista a Lorenza Pigozzi direttore comunicazione del Gruppo Mediobanca


A partire dal mese di maggio dello scorso anno il Gruppo Mediobanca è al fianco del Comitato Italiano Paralimpico (CIP) per sostenere e diffondere i valori dello sport paralimpico come vettore di integrazione sociale, ambito di affermazione della cultura del merito e di una aperta e leale competizione, strumento di educazione, sviluppo ed emancipazione degli individui. 

Sport Business Management ha intervistato Lorenza Pigozzi Head of Communication and Media Relations del Gruppo Mediobanca e Consigliere di Amministrazione di CheBanca! e di Mediobanca Innovation Services.
Lorenza Pigozzi si occupa anche di coordinare le unità Comunicazione Corporate & Investment Banking, Comunicazione Retail & Private Banking, Corporate Identity ed Eventi Istituzionali, Pianificazione Media, Advertising e Sponsorizzazioni e Knowledge Management e Info providing. 

Da quasi un anno il Gruppo Mediobanca è partner del Comitato Italiano Paralimpico. Come mai questa scelta?

Abbiamo scelto il CIP perché condividiamo la mission e gli obiettivi dettati da Luca Pancalli: supportare la pratica dello sport paralimpico a tutti i livelli, dagli atleti che partecipano a mondiali e paralimpiadi alle attività delle federazioni e associazioni che operano sul territorio. Crediamo che lo sport sia un incentivo all’emancipazione delle persone con disabilità, strumento di educazione ad una sana e leale competizione e veicolo di alcuni valori per noi molto importanti: determinazione, coraggio e spirito di squadra.
Con le Paralimpiadi di Londra 2012 lo sport paralimpico ha conquistato la ribalta e iniziato ad appassionare il pubblico sportivo, e non, di tutto il mondo. In Italia il CIP sta affrontando un importante processo di crescita, istituzionale e organizzativo, che abbiamo deciso di supportare con convinzione. Per questo abbiamo scelto di essere al loro fianco per quattro anni: siamo consapevoli che successi e traguardi si costruiscono con disciplina, lungimiranza e pianificazione.

In occasione dell'edizione scorsa dei Giochi Olimpici e Paralimpici di Rio 2016 è stata lanciata, insieme a quattro atleti, la campagna #Oltre. Quali sono gli obiettivi dell'iniziativa?

Con la campagna #Oltre abbiamo voluto innanzitutto dare visibilità a quattro atleti straordinari, quattro persone che a Rio hanno portato molto più della loro abilità sportiva. Bebe Vio, Federico Morlacchi, Giusy Versace e Eleonora Sarti sono atleti di altissimo livello, ma non solo. Le loro storie raccontano della determinazione, passione e allegria che servono per raggiungere ogni traguardo, nello sport e nella vita, tenendo lo sguardo fisso alla meta piuttosto che agli ostacoli che ci separano da essa.
La campagna di comunicazione integrata cha abbiamo lanciato aveva quindi l’obiettivo di promuovere presso i nostri stakeholder i valori dello sport paralimpico e supportare il passaggio dalla cultura della disabilità a quella dell’abilità. Lo abbiamo fatto azionando tutte le leve di comunicazione che avevamo a disposizione: dalla presenza del film durante le Paralimpiadi, al lancio di un sito che ha ospitato le testimonianza degli atleti del team #Oltre, le riflessioni su linguaggio e disabilità di Claudio Arrigoni e un diario da Rio che ha raccontato le storie e le gare della Paralimpiade.




Nell'ambito della campagna è stato anche realizzato il film #OLTRE. Che riscontro di pubblico ha ottenuto?

Il film è stato girato in diversi formati per adattarsi ai diversi media: è stato proiettato in 1000 sale cinematografiche italiane nel periodo delle Paralimpiadi di Rio2016, è stato visto in TV sui canali Rai e cliccato moltissimo sui portali web (Gazzetta.tv, Corriere dello Sport, Tuttosport) durante il periodo Paralimpico. Il riscontro del pubblico è stato molto positivo come abbiamo avuto modo di verificare dalle interazioni avute sui canali social, Twitter e Facebook, che abbiamo lanciato per questo progetto. Nonostante la partenza da zero, pochi giorni prima dell’inizio di Rio, siamo riusciti a stimolare riflessioni ed emozioni, condivise attraverso l’hashtag #Oltre. Al di là dei singoli media utilizzati, che abbiamo cercato di usare in modo integrato e complementare, lo sforzo che abbiamo fatto è stato quello di tracciare un filo narrativo che non si esaurisse con lo spettacolo di Rio ma che, a partire da questo, fosse davvero capace di parlare alle persone dei valori dello sport paralimpico.

Una delle finalità del progetto #OLTRE è anche quella di promuovere il passaggio dalla cultura della dis-abilità a quello dell’abilità. Ci spiega meglio?

Gli atleti paralimpici ci hanno insegnato a guardare a quello che abbiamo e non a quello che manca. L’evoluzione dalla cultura della disabilità a quella dell’abilità parla proprio di questo. Delle difficoltà come opportunità per far emergere e coltivare il talento, della volontà di guardare all’unicità delle abilità di ciascuno. Durante le Paralimpiadi di Rio abbiamo visto cose che difficilmente avremmo creduto possibili, imprese sportive che hanno mostrato le straordinarie capacità di atleti provenienti da tutto il mondo. Lo sport paralimpico incarna questa cultura e per questo parla a tutti in modo universale e attraverso l’immediatezza del gesto e dei volti.

In vista delle Paralimpiadi invernali di Pyeongchang del prossimo anno, state già lavorando a nuove iniziative?

Le Paralimpiadi di Pyeongchang saranno un momento di grande sport, ma manca ancora un anno. Quello che ci piacerebbe fare adesso è invertire la direzione del racconto. Nella periodo paralimpico abbiamo raccontato storie e imprese di atleti di vertice che hanno goduto, meritatamente, di grande visibilità grazie alle tante medaglie conquistate. Ora ci piacerebbe sfruttare questo lavoro per contribuire a stimolare la pratica sportiva anche non professionistica delle persone con disabilità. Purtroppo anche un’azione banale può rappresentare uno scoglio insuperabile per alcune persone, bloccate dalla paura o dalla sfiducia che la mancanza di strutture e personale di supporto possono generare. Non possiamo scoprire troppo le nostre carte, ma vi possiamo anticipare che, oltre a continuare a stimolare la sensibilità dei nostri stakeholders, puntiamo a creare qualcosa di utile e tangibile in modo trasversale.

Quali valutazioni vengono effettuate prima di lanciare una campagna marketing o siglare un contratto di sponsorizzazione/advertising?

Lo scouting sulle varie iniziative e ipotesi di collaborazione va di pari passo con l’analisi della sinergia che si può creare tra i partner di uno stesso progetto. Ovviamente non si può prescindere dal budget, ma è evidente che non si può ridurre il tutto ad un mera questione di contributo economico. A titolo di esempio possiamo analizzare la campagna di crowdfunding Mediobanca4DisabiliNoLimits, attivata a marzo in occasione della Stramilano per supportare l’acquisto di presidi medici da parte della Onlus DisabilitiNoLimits di cui è Presidente Giusy Versace, una dei quattro atleti parte del team #Oltre alle Paralimpiadi di Rio. Dai risultati ottenuti fino ad oggi, superiori alle nostre aspettative iniziali, è evidente quanto sia importante trovare sia le corrette sinergie, sia la comunicazione più adeguata alla tematica affrontata. Così si riesce ad ottenere una sensibilizzazione capace di mobilitare in prima persona il singolo, rendendolo partecipe di valori e di un senso di squadra che non ha distinzioni di brand e organizzazione.


Come è cambiata la comunicazione corporate negli ultimi anni e quali possono essere gli scenari futuri?

La comunicazione corporate negli ultimi anni sta cambiando enormemente. Non mi riferisco esclusivamente alla disintermediazione nella comunicazione con gli stakeholder derivante dall’esplosione dell’universo web e social. Penso anche alla crescente attenzione dello società ai concetti di sostenibilità e di responsabilità sociale di impresa, attenzione che nasce e dalla consapevolezza del valore strategico della reputazione di un brand. Nella stessa direzione vanno lette le iniziative del regolatore europeo che, mettendo ordine e ponendo delle scadenze imperative, hanno stimolato il lavoro dei consigli di amministrazione su questi temi.
In base a questi elementi la comunicazione corporate deve essere capace di individuare, dentro e fuori le il perimetro della società, gli asset di comunicazione più coerenti con la strategia di impresa tracciata. Ma questo non è sufficiente. Sempre più importante diventa la capacità di produrre una narrazione da parte della funzione comunicazione corporate attraverso la padronanza delle diverse tecniche di storytelling e attraverso la conoscenza della specificità di ciascun media. Semplificando molto: se un tempo era sufficiente gestire e organizzare il flusso di informazioni che procedevano dall’azienda verso gli stakeholder attraverso l’elaborazione dei media, oggi alla comunicazione corporate è sempre più spesso richiesto di creare questo flusso e di saperlo gestire e alimentare nell’interazione pubblica con gli stakeholder.

Intervista di 
Giuseppe Berardi
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