Le strategie dei colossi delle telecomunicazioni interessate anche ai diritti tv della Serie A

Sembrano non finire mai le novità che, giorno dopo giorno, emergono sulla delicata questione dei diritti TV della Serie A per il triennio 2018 – 2021.
L’ultima, in tal senso, arriva direttamente dalle parole dell’amministratore delegato di Telecom Italia, Flavio Cattaneo, il quale, durante la sua audizione al Senato, ha dichiarato: «Siamo disponibili, senza pazzie, a partecipare, anche con diverse opzioni di partner, alle aste dei diritti sportivi». 

Un nuovo player, dunque, si inserisce nel mosaico complesso dell’imminente asta (che nel frattempo è slittata al secondo trimestre del 2017) e potrebbe cambiare radicalmente le carte in tavola per sbloccare sia la questione relativa ai problemi finanziari e legali di Mediaset, sia per garantire una boccata di ossigeno alle casse dei tanti club di Serie A che avrebbero serie difficoltà anche ad iscriversi alla massima serie senza i soliti introiti derivanti dalla vendita dei diritti audiovisivi.

Secondo varie fonti, Telecom starebbe pensando seriamente di acquistare quella parte dei diritti TV relativa alla trasmissione dei match sulle piattaforme web, ovvero trasmettere le partite in streaming tramite la propria rete di fibra ottica, sia per incrementare ulteriormente il numero di abbonati, sia per contrastare il probabile ingresso nel mercato delle telecomunicazioni di due nuovi potenziali competitors: Enel Open Fiber e Iliad

A rafforzare questa tesi, c’è anche l’esempio della corrispondente britannica della Telecom, la British Telecom, che ha recentemente acquistato i diritti televisivi in tutto il Regno unito della Champions League e dell’Europa League 2018 – 2021 per 1,1 miliardi di euro, il 32% in più rispetto all’ultima asta.
Durante la scorsa asta per i diritti TV, il pacchetto che conteneva l’esclusiva per trasmettere le partite in streaming è rimasto invenduto ed è tornato, dunque, in possesso dalla Lega Serie A che ne aveva fissato la base d’asta a 109 milioni di euro: una cifra che, se venisse riconfermata anche alla prossima asta, potrebbe ammortizzare i probabili 370 milioni che rischierebbero di mancare data la situazione complicata di Mediaset Premium.

D’altronde, è proprio la piattaforma di broadcasting di Cologno Monzese ad essere il fulcro della grande confusione che si è creata intorno alla prossima asta e non è escluso che Telecom possa concorrere per quest’ultima proprio in partnership con Mediaset Premium o con altri operatori come Discovery nel caso in cui non sia presente un pacchetto di diritti ad hoc per la trasmissione dei match tramite piattaforme Web. In caso contrario, è plausibile che l’ex compagnia telefonica statale concorra in maniera autonoma dato che attualmente sarebbe l’unico player ad avere la forza economica e la tecnologia necessaria per poter trasmettere su banda larga i match di Serie A.
Decisiva sarà anche la posizione del gruppo Vivendi che detiene sia il 30% delle azioni di Mediaset Premium (anche se attualmente vi è in atto una controversia legale per aggiotaggio), sia il 25% del capitale di Telecom e dovrà, quindi, scegliere in quale ambito rimanere, se in quello delle telecomunicazioni o quello delle pay tv, per non violare le norme della legge Gasparri . Su tale questione dovrà poi avere l’ultima parola l’Agcom che ha aperto un’istruttoria su questa vicenda.

In mezzo a tante incertezze, quando ormai l’asta è prossima, l’unica sicurezza è che la Lega Serie A, il suo garante Infront e le società di serie A cerchino in ogni modo di poter raggiungere almeno il miliardo di euro per la vendita triennale dei diritti TV del nostro campionato ed evitare così un depauperamento eccessivo delle casse di molti club che non hanno saputo diversificare i propri ricavi nel corso degli scorsi anni e si ritrovano al giorno d’oggi a dipendere in maniera eccessiva dagli introiti derivanti proprio dai diritti televisivi.


Raffaello Borrelli
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