Registrazione del nome a dominio “Olimpico”: il caso Roma 2024

Nel corso dell’anno Olimpico vi è stata occasione di sperimentare l’attualità e la specificità della tutela dei diritti di proprietà intellettuale dei Giochi Olimpici e in particolare la concreta azionabilità di una sempre più allargata “famiglia” di marchi del Movimento Olimpico costituiti dal pattern “CITTA’ + ANNO”, che contraddistingue ogni edizione dell’evento sportivo più importante al mondo.

In verità, la Carta Olimpica, altro non è se non la carta costituzionale del Movimento Olimpico e non disciplina espressamente tale pattern. Tuttavia esso può, ad ogni buon conto, essere ricondotto alle cosiddette Olympic Properties, definite dalla Regola 7 come l’insieme di tutti gli elementi distintivi del Movimento Olimpico.

Senza dubbio, i Cinque Cerchi Olimpici sono il più importante dei segni distintivi che si può associare ai Giochi Olimpici e per la loro tutela è stato ratificato un apposito Trattato tra Stati: il Trattato di Nairobi del 26 settembre 1981 ratificato dall’Italia con la Legge 434 del 24 luglio 1985. Oltre ai Cinque Cerchi Olimpici, hanno assunto sempre maggiore importanza nel tempo ulteriori segni utilizzati per l’organizzazione dei Giochi, tra i quali il pattern “CITTA’+ ANNO”.

Sebbene detto segno descrive e, al tempo stesso, informa su coordinate geografiche e cronologiche, gli è stata negli anni riconosciuta la registrabilità come marchio da parte del Comitato Olimpico Internazionale (“CIO”), ideatore e custode del pattern, nonché artefice della sua notorietà. Infatti, l’uso di tale pattern, consolidatosi lungo la tradizione ormai ultracentenaria dei Giochi Olimpici (la cui prima edizione risale ad Atene 1896), avrebbe conferito allo stesso un elevato grado di distintività. Invero, numerosi uffici marchi, tra i quali l’EUIPO, parrebbero aver riconosciuto eccezionalmente l’acquisizione della distintività del pattern “CITTA’+ANNO” in considerazione dello straordinario interesse che i Giochi Olimpici suscitano nel pubblico planetario e della globale copertura mediatica di cui ciascuna edizione dei Giochi gode. Basti poi una rapida analisi del registro europeo per avere conferma dell’esistenza di numerose registrazioni a nome del CIO di marchi puramente denominativi corrispondenti a tale pattern: TORINO 2006 (EUTM 1580877), BEIJING 2008 (EUTM 1842814), VANCOUVER 2010 (EUTM 2764900), LONDON 2012 (EUTM 3422921), SOCHI 2014 (EUTM 4768792) e da ultimo RIO2016 (EUTM 6078182).

Sic stantibus rebus, l’empirica constatazione dell’esistenza di una tale nutrita “famiglia” di marchi Olimpici sembra costituire, di per sé, un forte argomento, atto a convincere anche i puristi della materia della registrabilità di tali marchi, nonostante lo scetticismo circa l’effettiva azionabilità di un marchio così composto.

Nel ambito di un procedimento di candidatura, come prerequisito, il CIO richiede alle città candidate di registrare nel Paese ospitante il marchio corrispondente al pattern in questione (si veda in Italia la registrazione n. 1661944), nonché i principali nomi a dominio a questo corrispondenti.

Quando, nel corso della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024, è stato richiesto al CONI di registrare i nomi a dominio corrispondenti al marchio “ROMA2024” i più attrattivi risultavano già registrati. In particolare e erano stati registrati da un terzo anni addietro. Sicché il CONI ha dovuto attribuire a il volto web della candidatura, utilizzando un nome a dominio meno intuitivo e appetibile.

In seguito il CONI ha instaurato il procedimento di riassegnazione dinanzi al centro ADR della camera arbitrale di Praga ottenendo, con decisione n. 101159 pubblicata il 17 marzo 2016, che i nomi a domino e , nonché (i “Domini”) fossero trasferiti nella propria titolarità. A seguito di detta decisione favorevole, il CONI ha potuto con soddisfazione confezionare per la candidatura una nuova più efficace identità web switchando tutti i contenuti sul “dominio Olimpico” .

In ottemperanza alla UDRP ICANN (paragrafo 4 (a) (i)(ii)(iii)), un nome a dominio si considera registrato abusivamente e viene quindi riassegnato qualora il ricorrente riesca a dimostrare che il nome a dominio: a) sia identico o tale da indurre confusione rispetto ad un marchio su cui il ricorrente vanta dei diritti; b) il resistente non vanti diritti o interessi legittimi in relazione allo stesso; c) sia stato registrato e venga usato in malafede.

Dopo aver esaminato gli atti del procedimento, la giudicante ha riconosciuto che fosse stato opportunamente dimostrato che i Domini fossero uguali o confondibilmente simili al marchio ROMA 2024, benché questo fosse stato registrato successivamente. La registrazione del marchio azionato interveniva, infatti, nel dicembre del 2015, otto anni dopo la registrazione dei Domini. In proposito è opinione largamente condivisa che l’anteriorità della registrazione di un nome a dominio non impedisca l'accertamento dell'identità o della confondibile somiglianza con il marchio azionato. La UDRP non fa infatti alcun riferimento specifico alla data in cui il titolare del marchio abbia acquisito i propri diritti. Tuttavia, in tali circostanze, può essere difficile dimostrare che il nome di dominio sia stato registrato in mala fede.

L’esaminatrice ha altresì ritenuto debitamente provato che il resistente non avesse alcun diritto o altro interesse legittimo con riferimento ai Domini.

Non da ultimo- passaggio cruciale in una riassegnazione e ancor più complesso da dimostrare in questo caso, stante la anteriorità dei Domini rispetto al marchio azionato- la Panelist ha ritenuto sussistente la mala fede, non soltanto nell’attuale mantenimento dei Domini, ma anche al momento della registrazione, verosimilmente accreditando la tesi che il resistente fosse ben a conoscenza del ricorrente e dei potenziali diritti e interessi dello stesso sui Domini, in quanto già nel 2007 era plausibile che potessero circolare rumors sulla possibile candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024 e che ad ogni modo ciascun “anno olimpico” è agevolmente determinabile da chicchessia anche con largo anticipo.

Indipendentemente dalle vicende che interesseranno la candidatura di Roma ai Giochi Olimpici del 2024 (ritiro, mancata aggiudicazione) la decisione in oggetto costituisce un precedente importante per qualsiasi città candidata che possa trovarsi a fronteggiare le medesime difficoltà nel tentativo di registrare, su richiesta del CIO, nomi a dominio corrispondenti al pattern “CITTA’+ ANNO” e nel contempo rafforza ulteriormente i diritti del Movimento Olimpico su tale pattern confermando la azionabilità dello stesso.

Lucia Granieri
Avvocato, Consulente Marchi & Design Italiana ed Europea, De Simone & Partners, Roma
www.desimonepartners.com

Domenico Demarinis
Avvocato, De Simone & Partners, Roma
www.desimonepartners.com


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L'articolo è stato pubblicato sul N°16 della Guida Giuridica Italia Oggi del 21 ottobre 2016







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