Alla scoperta del modello sportivo americano

“Bisogna andare oltre al nostro minuscolo mondo”.
Queste parole, scrittemi da un atleta “nazionale” (ndr Dragan Travica) a sostegno della mia crociata giuridica volta al superamento della dicotomia professionismo – dilettantismo (professionismo di fatto) a cui il sistema sportivo italiano risulta purtroppo saldamente ancorato, mi sono riecheggiate per giorni nella mente.
Ampliandone il raggio di azione, ho deciso di farle mie e mi sono avventurata oltreoceano, come fece Colombo, alla scoperta del “nuovo mondo” (alias l'America sportiva).
L'ordinamento sportivo americano diverge infatti sensibilmente, sia per cultura che per organizzazione, da quello dell'Europa Occidentale e le sue peculiarità risultano innegabilmente meritevoli di attenzione e di approfondimento.
Come probabilmente noto, nel continente europeo vige un modello organizzativo gerarchico piramidale strutturato secondo un sistema di federazioni sportive nazionali (solitamente una per paese e alle quali le società/associazioni sportive hanno l'onere di affiliarsi per potere svolgere l'attività sportiva) consociate a loro volta in federazioni europee e internazionali (a titolo esemplificativo le principali sono la UEFA, la CEV, la FIFA, la FIVB, la FIBA).
Le federazioni hanno la funzione di promuovere, regolamentare e organizzare lo svolgimento sul territorio nazionale, europeo ed internazionale della disciplina sportiva di riferimento mediante l'indizione di campionati (dalle categorie giovanili fino alla massima serie) tradizionalmente incentrati su un meccanismo di promozione – retrocessione.
Nello svolgimento delle loro funzioni, le singole federazioni sono solite delegare a comitati regionali e/o provinciali (se previsti) la gestione dell'attività agonistica giovanile e amatoriale. Per quanto concerne, invece, l'attività sportiva delle massime serie (professionismo e professionismo di fatto), le funzioni organizzative, regolamentari e, in alcuni casi, anche giudicanti sono state da tempo delegate a consorzi (comunemente denominate “leghe”) costituiti dalle società sportive partecipanti ogni anno ai singoli campionati (Lega Calcio Serie A, Liga (spagnola), Bundesliga, LegaBasket, Lega Volley etc.etc).
Tali leghe non devono tuttavia essere confuse con quelle americane, le quali stante l’assenza di un sistema federale gerarchico, rappresentano il fulcro dell’attività sportiva professionistica americana di squadra.
Le leghe sportive statunitensi, sebbene siano anch'esse strutturate secondo uno schema gerarchico, non si limitano all’organizzazione dei campionati e alla emanazione delle eventuali regole tecniche di riferimento, ma sono dotate di un potere decisionale e gestionale esclusivo in tema di risorse (economiche e non) destinate all’attività sportiva.
Al più alto livello si trovano le "Major leagues, solitamente una per disciplina sportiva (nel continente nord americano spiccano la MLB -Major League Baseball, la NFL - Nationale Football League, la NBA -National Basketball Association- e la NHL National Hockey League) le quali vengono complementate dalle Minor leagues o leghe minori che rispecchiano in sostanza i campionati di Serie B o i campionati giovanili europei.
Oltre dette leghe professionistiche, esistono ovviamente altre enti destinati alla gestione di campionati puramente dilettantistici formalmente denominate Amateur leagues, nei quali gli atleti non percepiscono alcun salario!
Formalmente negli stati uniti non esiste infatti la figura del lavoratore sportivo dilettante.
Il lavoratore sportivo è solo l'atleta partecipante ai campionati delle leghe professionistiche ed il rapporto che questo instaura con i proprietari delle squadre si fonda su rigide regole imponenti un minimo salariale di base e alcuni benefits entro cui possono essere negoziati i singoli stipendi dei giocatori, ma soprattutto un tetto salariale massimo (salary cap) avente la funzione di ridurre al minimo le possibili disparità di salari tra i giocatori nonchè le eventuali differenti capacità di spesa delle singole squadre.
Il rapporto di lavoro così descritto trae origine e giustificazione nell’adozione di un sistema essenzialmente “chiuso”(ossia non strutturato sul meccanismo promozione-retrocessione) delle cosiddette franchigie, che rappresenta la vera peculiarità dell'ordinamento sportivo americano.
Tale sistema prevede in sostanza che tutte le squadre aderenti al campionato, anche se arrivano ultime in classifica, hanno il diritto di ripresentarsi l’anno successivo; la composizione del campionato resta di fatto congelata, non essendo permesso a squadre di divisioni inferiori di competere ad alti livelli. Ne consegue che l’unico modo per aderire a una lega professionistica americana è di acquisire la proprietà di una società che già competa nel campionato di riferimento.
Al fine di mantenere gli equilibri di competività tra le squadre partecipanti e garantire l’incertezza del risultato sportivo innegabilmente a rischio in un sistema chiuso come quello sopra descritto, le squadre che si classificano ultime nel campionato alla fine della stagione vengono agevolate mediante il riconoscimento di un diritto di precedenza nella scelta dei giocatori senza contratto, spesso se non esclusivamente provenienti da campionati universitari, amatoriali o di altri paesi durante l’evento annuale del draft.
Questa è la seconda rilevante peculiarità del sistema sportivo americano.
Se in ambito europeo vige il principio del libero mercato dei giocatori essenzialmente ad opera di mediatori/agenti indipendenti, el nuovo continente dominano rigide regole di correzione della libera concorrenza volte ad evitare la formazione di posizioni dominanti e a tutelare la stabilità del sistema, quali ,per l'appunto la distribuzione degli atleti senza contratto mediante i draft e la previsione di un tetto massimo salariale per gli stipendi dei professionisti (salary cap).
L'efficacia positiva di tali regole non pare possa essere messa in discussione.
Negli stati uniti i casi di fallimento delle franchigie o di bilanci societari in rosso risultano assai rari rispetto a quanto purtroppo avviene nel nostro continente dominato dal libero e selvaggio mercato dei giocatori.
Nella cultura sportiva americana lo sport rappresenta un mezzo per realizzare dei profitti; nella cultura sportiva europea rappresenta invece un mezzo per ottenere successo (ad ogni costo....). Proprio per questo le società sportive americane (cosiddette franchigie) non possono essere assimilate ai club europei. Queste sono di fatto delle compagnie private proprietarie delle squadre aderenti alla lega il cui scopo principale è produrre profitti ed il risultato sportivo positivo è solo un mezzo per ottenerli.
Ulteriore peculiarità degna di nota del sistema sportivo americano si rinviene nel ruolo svolto dalle università nella preparazione e formazione degli atleti.
I campionati universitari rappresentano, infatti, la rampa di lancio per gli atleti intenzionati a partecipare alle selezioni annuali dei draft e sono organizzati da veri e propri enti associativi. Il più importante di tali enti è sicuramente la NCAA (Nacional Collegiate Athletic Association) il cui compito principale è di gestire e realizzare i programmi sportivi per le università e per i colleges ad essa aderenti prevedendo anche regole per il rilascio di borse di studio.
Nel sistema europeo occidentale il ruolo delle università nella formazione dei futuri atleti professionisti non riveste invece (e direi purtroppo) un ruolo di prim'ordine. Anzi sono note (per lo meno per quanto concerne il territorio italiano) le difficoltà per le società e associazioni sportive di interagire col sistema scolastico nazionale.
Ma questo è uno solo dei limiti della società sportiva italiana la quale da circa un decennio è innegabilmente in affanno.
Tutti vedono, tutti sanno e nonostante i numerosi proclami susseguitisi negli anni nessuno ha mai operato concretamente per sostituire un sistema lacunoso ed obsoleto.
Sono consapevole che il sistema sportivo americano non rappresenti la panacea di tutti i mali e che le diversità culturali tra vecchio e nuovo continente siano di ostacolo a una sua eventuale ed integrale applicazione, ma lo stesso potrebbe essere un'ottima fonte di ispirazione e di confronto semmai si deciderà di realizzare quella riforma che i protagonisti (i tesserati!) dell'attività sportiva italiana meritano.

Federica Ongaro 
Consulente legale sportivo e agente sportivo Lega Pallavolo serie A

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