"La regolamentazione del mondo del calcio: dagli anni ’60 al Fair Play Finanziario"

Tesi di laurea di Eva Bergami
Titolo "L’analisi di bilancio nelle società di calcio: un confronto tra A.C. Milan e F.C. Internazionale Milano"
Anno accademico: 2011/12

CAPITOLO 1 - ANALISI DEL MERCATO CALCISTICO (un estratto)

La regolamentazione del mondo del calcio: dagli anni ’60 al Fair Play Finanziario
Le leggi concernenti il settore calcistico hanno subito notevoli sviluppi nel corso degli anni, tramite decreti legislativi e federali, per consentire un’evoluzione sia a livello sportivo sia a livello economico. Il problema principale è che le società hanno sempre cercato degli appigli per truccare i bilanci e per iscrivere voci non del tutto veritiere. Già dagli anni ’60 il movimento calcistico inizia a diventare un vero e proprio organismo agonistico complesso che generava redditi e oneri importanti dove veniva sempre più in rilievo la figura dell’atleta professionista. Tale ruolo venne disciplinato nel 1981 con la legge 91. I giocatori erano legati ad una squadra dal “vincolo sportivo” che si assicurava le sue prestazioni per la sua intera vita agonistica. Vincolo che, visto come iniquo, fu abolito e sostituito dall’“indennità di preparazione e promozione”, la così detta IPP, che consisteva in un indennizzo per le spese effettuate dalla società con la quale era legato il giocatore per farlo arrivare ai livelli in cui si trovava nel momento del trasferimento. Le società iscrivevano però in bilancio i crediti derivanti da tale indennità, ritenendoli futuri ricavi e, al momento della loro abolizione nel 1995, portarono gravi conseguenze; il problema fu poi sanato dalla legge 586 del 1996 che consentì alle società di spalmare le perdite nei 3 esercizi successivi.

Alla fine degli anni ’90 ormai le squadre calcistiche erano diventate vere e proprie società, nel 1998 arrivarono le prime quotazioni in borsa da parte della Lazio, della Roma e della Juventus. I diritti televisivi si facevano sempre più importanti, così come il giro degli stipendi.

Come si può vedere dalla figura sottostante, il circolo virtuoso è costituito da un aumento dei ricavi, dovuto a proventi derivanti da competizioni, azioni di marketing merchandising, sponsorizzazioni sempre più importanti, diritti televisivi consistenti, che porta sempre più liquidità e risorse finanziarie nelle casse dei club. 



Queste vengono reinvestite in stipendi per i calciatori, per potersi assicurare il giocatore più forte e per rendere la squadra più competitiva a livello nazionale, europeo e mondiale e per raggiungere vittorie importanti che incrementeranno i ricavi ancora di più.

Anche a causa di plusvalenze aumentate sulla vendita reciproca di giocatori per ridurre le perdite, con la conseguente difficoltà a coprire gli ammortamenti, le società si trovarono ancora una volta in difficoltà e furono aiutate dalla legge 27 del 2003 che consentiva di dilazionare nei dieci anni successivi le eventuali perdite dovute ad ammortamenti da svalutazioni.
Al giorno d’oggi, le principali squadre europee si trovano in condizioni economiche non proprio ideali, con grandi perdite in bilancio e debiti di ogni genere. La UEFA nella stagione 2004/2005 ha introdotto un sistema di licenze in modo tale da “incoraggiare il calcio europeo per club a guardare oltre il breve termine e a considerare gli obiettivi a lungo termine essenziali per la buona salute del calcio”. Non si tratta, quindi, di un modo per escludere o controllare le società, ma di farle sviluppare, al fine di spronare un continuo miglioramento qualitativo e di favorire una maggiore credibilità a livello europeo. L’ottenimento della licenza è condizione necessaria per la partecipazione alle coppe europee: tutte le società italiane che partecipano al campionato di serie A devono richiedere obbligatoriamente la licenza ogni anno. Ogni federazione stila un proprio “Manuale per l’ottenimento della licenza UEFA” che elenca e spiega i metodi e i requisiti per l’ottenimento. I criteri necessari sono divisi in cinque aree: l’area sportiva punta alla promozione e organizzazione del calcio giovanile, tramite la formazione di scuole, squadre militanti in categorie nei campionati inferiori, l’incentivazione del fair play nei rapporti tra arbitri e società, e politiche contro il razzismo. L’area infrastrutturale si occupa della certificazione degli stadi, secondo requisiti minimi UEFA per la sicurezza e servizi offerti, e degli impianti di allenamento. I criteri organizzativi si riferiscono all’aspetto gestionale delle società, alla professionalità manageriale sempre più specializzata, ad un organigramma preciso con ruoli, funzioni e responsabilità definite. L’aspetto legale è basato sulla richiesta della licenza con determinate informazioni societarie quali ragione sociale, sede legale, forma societaria e generalità. Il più importante è il criterio economico-finanziario che presuppone un equilibrio economico delle società per il raggiungimento di una continuità aziendale e la capacità di autofinanziamento, una credibilità sempre maggiore del sistema calcio al fine di rendere il mercato più attraente per i nuovi investitori e partner commerciali e prevedere una continuità di partecipazione nelle competizioni UEFA. Al fine di soddisfare tale criterio i bilanci societari sono sottoposti a revisione per verificare la correttezza dei valori iscritti.

Nel 2009 è stato approvato dall’UEFA il piano di fair play finanziario, una disposizione per “ridurre gli eccessi finanziari che hanno messo in grave difficoltà numerosi club nell’ultimo periodo con l’obiettivo primario quello di aumentare la lealtà finanziaria nelle competizioni europee, senza trascurare la stabilità a lungo termine del calcio per club europeo”; molte società, infatti, prese dal circolo vizioso spiegato in precedenza, chiudono i bilanci con grandi perdite, sanate da ricapitalizzazioni dei presidenti, le liquidità disponibili sono sempre meno con conseguenti ritardi nei pagamenti. Con il fair play finanziario i club devono raggiungere un pareggio di bilancio (non possono spendere ripetutamente più di quello che incassano), con l’obbligo di versare gli stipendi e il prezzo dei trasferimenti puntualmente.

È stato creato un Panel di controllo finanziario dei club (CFC) presieduto da Jean-Luc Dehaene composto da esperti contabili in modo da controllare, revisionare, attuare e monitorare il corretto comportamento delle società. Il sistema è stato introdotto dalla stagione 2010 e verrà “collaudata” nel 2011 e nel 2012 per poi diventare obbligatoria dalla stagione 2013/2014 con le conseguenti sanzioni e l’eventuale scarto delle richieste per le licenze UEFA, quindi la mancata partecipazione alle coppe europee.

Per evitare l’esclusione quindi dalle principali competizioni, le squadre italiane stanno cercando di rimettere in sesto i bilanci, la Juventus, per prima, con la costruzione del “Juventus Stadium” che tra introiti da biglietti, merchandising, negozi, museo e sponsorizzazioni riuscirà a recuperare i costi di costruzione anche solo in un anno, per poi cercare di raggiungere il pareggio di bilancio. Inter e Milan stanno cercando di rientrare nei limiti vendendo e facendo scelte attente a livello di acquisti e cessioni dei giocatori.
Il rischio di non partecipare alle competizioni più importanti può compromettere poi non solo il prestigio delle società ma anche di ridurre le entrate: meno diritti televisivi e mancati premi.


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