Il modello di business europeo e la situazione dell'impiantistica

Tesi di laurea di Andrea Vincenti
Titolo "Il business nel calcio  e il modello “B Futura”: vantaggi e opportunità di uno stadio moderno"
Anno accademico: 2012/13

CAPITOLO 1 - NUOVE FRONTIERE PER IL BUSINESS DEL CALCIO E I NUOVI IMPIANTI COME SINONIMO DI SOSTENIBILITÀ (un estratto)

Il modello di business europeo e la situazione dell'impiantistica
I modelli di business seguiti dai club europei per creare valore e quindi garantissi sostenibilità economica sono prevalentemente due:
la valorizzazione della gestione ordinaria, ovvero la massimizzazione dei ricavi da gestione caratteristica (gare, diritti tv, sponsorizzazioni e merchandising) e il cosidetto “trading” che consiste nella valorizzazione e cessione del parco calciatori.

Il trading è tipico di club con bacini d'utenza relativamente limitati, che non possono sulla carta permettersi di perseguire primati sportivi e che tentano di raggiungere un livello di competitività adeguato all'investimento effettuato per il parco calciatori che verranno poi ceduti, come nel caso di alcune società italiane come Udinese o Catania.

L'aspetto più interessante è il modo in cui i club di prima fascia possano riuscire a garantirsi una sostenibilità economica, ed è proprio grazie alla valorizzazione della gestione ordinaria che devono riuscire a permetterselo, cercando di prevalere nelle competizioni nazionali e internazionali grazie all'impiego di giocatori di elevata qualità ed inevitabilmente costosi.

A livello europeo il quadro che risulta dai club che perseguono la strategia della valorizzazione della gestione ordinaria è estremamente differenziato: 
in Italia fondamentalmente si continua a sfruttare al massimo, i diritti Tv; 
le società inglesi oltre che poter contare sui diritti Tv e un ottimo risultato per quanto riguarda i ricavi da gare, stanno puntando molto su attività commerciali e di esportazione del brand a livello internazionale;
le società tedesche, considerate il benchmark da seguire, ricavano molto  dai matchday e da tutte le attività commerciali connesse all'uso polifunzionale che fanno dei loro avveneristici impianti.

La Spagna rappresenta l'esempio negativo in quanto ad accentramento di potere economico: il fatturato di Real Madrid e Barcellona, grazie soprattutto alla vendita individuale dei diritti televisivi, pesa ormai più della metà (54,1%) dei ricavi complessivi della Liga.

In virtù di ciò i due top club riescono a garantirsi un sostanziale equilibrio economico, mentre le altre 18 società raggiungono pericolosi livelli di indebitamento: la massa debitoria dell'intero campionato è impressionante ma il fattore di rischio è circoscritto ad eccezione di Real e Barcellona che hanno una percentuale di copertura dell'indebitamento tramite il proprio fatturato pari a circa l'80% a differenza della media delle altre 18 compagini che si aggira sul 33%.

Questo persistente squilibrio economico ha portato a situazioni di criticità come lo sciopero all'inizio del campionato 2011/12 e l'esplosione dei debiti fiscali che ha portato la Liga alla decisione di definire nuove regole per i controlli finanziari.

Visto e considerato però che quelli sugli impianti sono investimenti davvero produttivi, tanto che la stessa Uefa ha deciso di spuntarli dal computo dei costi nei calcoli di bilancio previsti dalle nuove norme sul Financial Fair Play, il Real Madrid non si sta accomodando di certo sui 480 milioni di ricavi che già oggi è in grado di fatturare: il presidente Florentino Perez sa che lo stadio è comunque oggi il bene più prezioso di cui un club calcistico si può avvalere come sa alla stessa maniera che il Santiago Bernabeu così come è oggi, ristrutturato l'ultima volta ormai dieci anni fa nel 2003, sta già diventando vecchio e insufficente. 

E così ci sono già 200 milioni sul piatto per il nuovo progetto, con la municipalità di Madrid che si è subito schierata di fianco al club.
Obiettivi: avere un gioiello d'impianto pronto nel 2015 con tetto retraibile, un centro commerciale e un hotel di lusso collegati, aumento della capienza fino a 90.000 posti e soprattutto raddoppiare gli introiti derivanti dall'attuale funzionamento che si aggirano sui 100 milioni. Un progetto lungimirante che non stenterà a trovare i finanziamenti necessari.

Anche il Barcellona ovviamente non se la passa male con la gestione del Nou Camp che soltanto con le visite allo stadio e al museo del club incassa 28 milioni di euro all'anno, ma a prescindere da questi due top club l'impressione è che gli altri club, alle prese con le problematiche già citate, navighino a vista.

Ci sono stati comunque dei tentativi di investimento nell'impiantistica ma a fronte di un esempio di best practices come quella dell'Espanyol di Barcellona, che ha impegnato 65 milioni per avere uno stadio moderno da 42.000 posti, si registrano fallimenti come quelli del Siviglia e del Valencia che hanno dissipato inutilmente risorse per stadi sovradimensionati.
In Inghilterra si lavora e si investe incessantemente da più di vent'anni, precisamente dai tragici fatti del 15 aprile 1989 all' Hillsborough Stadium di Sheffield in cui persero la vita 96 persone calpestate a causa della troppa folla accalcata in un impianto fatiscente.
Si assistette ad un notevole incremento del livello di investimenti per la riqualificazione degli impianti esistenti o per la costruzione di nuovi stadi più moderni e funzionali, grazie anche all'istituzione di uno specifico Football Trust alimentato da una quota del prelievo fiscale sui giochi connessi al calcio.

Il totale di 3.113 milioni di sterline ha sistemato la situazione in Premier League e Championship e nelle ultime due stagioni si è dato l'impulso di cominciare un rinnovamento anche degli impianti di League 1 e League 2 (equivalente della terza e quarta serie italiana) con una spesa di 58 milioni di sterline nel 2010 e di 52 nel 2011. 

Fra le cinque Top League europee, la Ligue 1 è quella in condizioni di maggiore debolezza con un fatturato complessivo in calo, un modello di business basato sul “trading” con le quotazioni dei giovani pronti per la cessione che hanno risentito della crisi economica e risultati sportivi scadenti (con l'eccezione del PSG dello sceicco).
Nonostante ciò anche per il calcio francese ci sono ragioni di speranza: 
in primis sfruttando l'occasione degli imminenti Campionati Europei in programma nel 2016, per i quali è stato programmato un investimento di oltre 1,7 miliardi di euro.
In secondo luogo con le acquisizioni del Paris Saint Germain da parte della Qatar Investement Authority e del Monaco del magnate russo Dmitriy Rybolovlev con tutto ciò che ne consegue in termini di afflusso di capitali e visibilità.

Andrea Vincenti


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andream.vincenti@gmail.com

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