Il trasferimento del titolo sportivo tra società sportive calcistiche professionistiche nelle procedure concorsuali

Il trasferimento del titolo sportivo è un tema che, soprattutto negli ultimi anni, ha iniziato ad interessare sempre di più il mondo sportivo, in particolar modo quello calcistico che ha inserito delle vere e proprie norme interne federali per disciplinare tale istituto.

Il titolo sportivo per una società sportiva altro non è che il riconoscimento, da parte della federazione di appartenenza, di determinate condizioni tecniche e sportive che consentono la partecipazione ad un determinato Campionato.
La stessa F.I.G.C. da una vera e propria definizione di “titolo sportivo”nell’art.52 dei suoi regolamenti interni federali (N.O.I.F.).
Per questo motivo il titolo sportivo corrisponde ad una sorte di licenza o autorizzazione che la federazione stabilisce se assegnare o meno ad un club sportivo in base a determinati parametri sia economici che sportivi.
Infatti il titolo non viene assegnato solo per meriti sportivi ma la società deve rispettare anche severi parametri economici, che vengono controllati annualmente dalla Co.Vi.Soc., per poter partecipare al proprio campionato di competenza.
Quindi il titolo è una sorta di autorizzazione riconosciuta dalla federazione ad una società affiliata per partecipare ad un determinato campionato, sempre che dimostri di posseder i requisiti legali ed economici previsti dalle normative settoriali.
Il titolo sportivo è un elemento caratterizzante ed individualizzante l’ordinamento sportivo, infatti tale istituto sportivo rappresenta l’aspetto diversificante delle società calcistiche rispetto alle società di capitali di diritto comune.

Proprio per questa sua netta differenza tra ordinamento sportivo e ordinamento statuale, non è possibile per una società sportiva, coinvolta in una trasferimento d’azienda, cedere anche il titolo sportivo insieme agli altri asset patrimoniali.
È la stessa F.I.G.C. a sancire, con l’art. 52, 2° comma, delle N.O.I.F., che “in nessun caso il titolo sportivo può essere oggetto di valutazione economica o di cessione”.

La ratio di tale norma sportiva è abbastanza evidente, infatti il titolo sportivo dal momento che è un riconoscimento da parte della federazione, non può essere gestito dai club professionistici come un bene proprio e non può, per tale motivo, essere assoggettato alla normativa privatistica in materia di circolazione dei beni. Tant’è vero, proprio per il divieto di una sua valutazione economica, in nessun bilancio di società sportive professionistiche troviamo iscritta la voce “titolo sportivo” tra le immobilizzazioni immateriali.

Non è quindi possibile paragonare l’istituto statuale del trasferimento d’azienda all’istituto sportivo del trasferimento del titolo sportivo. Il primo circola in base alle norme civilistiche ed è la stessa società a disporne le sorti, mentre il secondo non può circolare liberamente e, nel caso ciò avvenisse è solo la F.I.G.C. a stabilire la sua circolazione.

Vi sono, tuttavia, delle particolari situazioni in cui è la stessa federazione a poter autorizzare la cessione del titolo sportivo e in qualche modo, poter includere lo stesso, dopo rilascio dell’autorizzazione federale, tra gli asset patrimoniali nell’ambito del trasferimento d’azienda.
Tale concessione, viene fatta dalla federazione, solo in caso di fallimento delle società calcistiche o in caso di non ammissione al campionato di competenza.
Infatti nel momento in cui una società fallisce o non ha i requisiti economico-sportivi per poter partecipare ad un campionato professionistico interviene l’art. 52, 3°comma, delle N.O.I.F., il quale sancisce che “il titolo sportivo di una società cui venga revocata l’affiliazione, può essere attribuito ad altra società con delibera del presidente della F.I.G.C., ……ove il titolo sportivo concerna un campionato professionistico”.
Con questa norma si tutela quella che è la continuità aziendale di un club professionistico, soprattutto per i valori sociali e sportivi che esso rappresenta per l’intero territorio di apprtenenza.
Normalmente, in caso di fallimento di società sportive professionistiche si cerca di garantire l’esercizio provvisorio poiché solamente la società in esercizio provvisorio, in base all’art 16 N.O.I.F., può proseguire il campionato di competenza.

Inoltre l’esercizio provvisorio, consente, da un lato la realizzazione di miglior risultato sul piano economico e dall’altro assicura la continuità dell’attività sportiva della fallita in vista anche di un possibile trasferimento aziendale.
Durante la procedura concorsuale, la società che si trova in esercizio provvisorio può intraprendere le contrattazioni per un trasferimento d’azienda e contemporaneamente richiedere l’autorizzazione alla federazione per anche il relativo trasferimento del titolo sportivo. Nel momento in cui la società fallita e la nuova società acquirente abbiano adempiuto a tutti gli obblighi sportivi ed economici, la Federazione può autorizzare il trasferimento del titolo sportivo e così facendo, è possibile salvaguardare la tradizione sportiva della squadra del territorio e della tifoseria che la fallita rappresentava.

La disciplina sportiva fa riferimento solamente a società sportive che siano fallite ma non dice nulla riguardo alle società che magari si trovino nell’ambito delle procedure concorsuali ma non siano ancora fallite.
Il concordato preventivo, normalmente costituisce un’alternativa alla dichiarazione di fallimento della società insolvente o semplicemente in crisi.
Tale procedura, sembra però essere in contrasto con i principi sanciti dalla F.I.G.C. per i quali solo la dichiarazione di fallimento o l’accertamento giudiziale dell’insolvenza rappresentano una causa di revoca di affiliazione.
È interessante però notare come la recente riforma della legge fallimentare, ha radicalmente modificato il concordato preventivo prevedendo che la società in stato di crisi potesse utilizzare ,per la composizione della stessa, anche un piano in continuità aziendale che ne prevedesse la cessione o il conferimento.
Con tale novità normativa sembrerebbe poter conciliare il ricorso ad una procedura concorsuale minore senza entrare in conflitto con i regolamenti federali.
Al momento non risultano precedenti ma è pur vero che la riforma della procedura concordataria che prevede l’esercizio in continuità è di recente emanazione.

Claudio Cannella
Email : Claudiocannella90@gmail.com


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