Lo strano caso dei TPO. Vulpis: "L'ingresso della finanza creativa è l'inizio della fine di questo sport"

di Sara Messina.
Third-party ownership, cioè la proprietà di parte terze sul cartellino del giocatore.
Una pratica nata in Sud America, ma ormai sempre più diffusa in tutta Europa, mediante la quale una società o un fondo di investimento acquisisce una percentuale sui diritti economici di un calciatore.

In un mondo del pallone sempre più in cerca di soldi, queste nuove realtà fanno comodo alle società in crisi per mancanza di sponsor e di fondi.
Ed allora, uno dei modi di sopravvivere è ''vendere'' i propri giocatori a parti terze.

Chi di finanza ne capisce, ha visto dietro questa possibilità un vero e proprio potenziale. Infatti il giocatore viene comprato con la speranza che un domani possa fruttare.
Insomma grossi investimenti, ma ritorni pazzeschi.

Si arriva così ad avere tre parti : il giocatore, la squadra che ha il diritto della prestazione sportiva e la società che invece quello economico sul cartellino.

''Personalmente non amo per nulla il TPO, per il semplice motivo che non ritengo giusto il fatto che una terza parte detenga i diritti economici sul calciatore e, di conseguenza, possa di fatto commercializzarli; i calciatori devono avere il diritto di scegliere in autonomia il proprio futuro, magari di concerto con le persone che li seguono''; esordisce cosi l'avvocato Luca de Salvo, del Foro di Reggio Calabria, agente di calciatore ed esperto in trasferimenti.

L'avvocato giustamente sottolinea come, con questo fenomeno venga sicuramente limitata la libertà del giocatore. Pur mantenendo lo stesso l'ultima parola in caso di trasferimento, sicuramente viene maggiormente influenzato dalle politiche societarie.
Si crea così uno strettissimo legale tra parti terze e società sportive che, se da un lato fanno comodo in quanto permettono di iscrivere in bilancio minor costi, dall'altra c'è la possibilità che le stesse possano diventare sempre più dipendenti da questi investimenti.

Ne è convinto Marcel Vulpis, Giornalista professionista specializzato in economia e politica dello sport, direttore di Sporteconomy.it secondo cui '' Il rischio è reale e soprattutto possono incidere nelle scelte di "politica societaria" di molti club. Personalmente sono da sempre contro le "concentrazioni" in poche mani di forti interessi, quale che sia il settore. Il calcio ormai è business sportivo più che un gioco ed è chiaro che la "finanza creativa" può essere interessato ad entrarvi perchè c'è una grande concentrazione di volumi di denaro. Bisogna avere gli occhi aperti e le orecchie come antenne. E' questo il ruolo dei giornalisti economici. Dobbiamo prevenire, non reprimere.''

Sono molti gli operatori del settore che non vedono di buon occhio questo nuovo fenomeno, che ormai è usato da oltre un decennio ma è venuto alla ribalta con il caso Tevez-Mascherano, che si sono trasferiti dal Corinthias al West Ham proprio attraverso un fondo d'investimento, come ci ricorda L'avvocato De salvo.
 

La FIFA, recependo questo mal contento non è stata con le mani in mano, ma pur avendo introdotto un apposito articolo (il 18 bis status calciatori) mantiene una posizione ancora ibrida, forse per i troppi interessi economici in gioco.

Sullo stesso parere è il direttore Vulpis che sentenzia ''come spesso succede finchè non scoppia la "bolla" tutti sono timorosi nell'intervenire. Poi però tutti grideranno allo scandalo, ma sarà troppo tardi. L'ingresso della finanza creativa, come amo chiamarla, è l'inizio della fine di questo sport. Anzi non è più calcio.''


In Italia questo metodo sembra ancora molto lontano, o meglio nessuno ha ancora comprato giocatori italiani. Come precisa l'avvocato ''sia la FIFA che la UEFA non vedono di buon occhio il TPO, e così anche alcune nazioni europee hanno deciso di vietarlo, inserendo una normativa ad hoc, ossia la Francia, l'Inghilterra e la Polonia. L'Italia come si comporterà? Sicuramente, in quanto nazione facente parte dell'UEFA, è obbligata ad ottemperare all'art. 18 bis del Regolamento Status e Trasferimenti dei Calciatori FIFA, all'interno del quale si vieta l'influenza di terzi nelle società sportive.''

Come accennato prima, questa situazione porta ad avere due realtà contrapposte: da una parte la società sportiva e dall'altra il fondo di investimento.
Questa binomio potrebbe portare a una frizione all'interno del club sulla gestione del calciatore.
Inoltre, afferma l'avvocato De Salvo come questo possa essere un potenziale rischio per l'integrità della competizione sportiva, in quanto inizierebbero a crearsi conflitti di interessi nel momento in cui la stessa società (terza) detenga diritti sui cartellini di giocatori che militano in club diversi.

Ne è sicuro anche il direttore Vulpis, che ci pone in esempio calzante ma anche un po' inquietante: ''immaginate se durante un derby (è una ipotesi surreale, ma prima o poi succederà, vedrete) un fondo di questo tipo o una grande società di procure sportive dovesse trovarsi a gestire più di 10 calciatori, divisi in entrambi i club (ma tutti nella stessa "scuderia"). In linea di principio potrebbe arrivare persino a influenzare non dico il risultato, ma il clima di una partita, per gli interessi in gioco, in un senso o nell'altro. Magari è fanta-calcio o fanta-finanza applicata al calcio, ma anche no.''

''Ritengo e spero che questo fenomeno non possa prendere piede, lo vedrei come una sconfitta per l'intero sistema calcio (calciatori in primis, società, agenti e sponsor)'', chiosa così l'avvocato.
 
Insomma staremo a vedere quali saranno i prossimi sviluppi di questo fenomeno e come si comporterà la FIFA in merito.
Anche perchè, volente o nolente, dovrà quanto prima prendere una posizione netta.

Sara Messina
@essemme85

1 commento

Anonimo ha detto...

In merito la posizione dell'UEFA è stata rappresentata come segue (http://www.uefa.com/uefa/aboutuefa/organisation/generalsecretary/news/newsid=1931937.html):


As well as organising and
developing elite club competitions in Europe, UEFA has been proactive in implementing good governance principles in our sport, to protect its long-term future.


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Recently, we were alerted to the threat of so-called third-party player ownership, and we immediately put this on the table of the Professional Football Strategy Council. We strongly believe that a strict approach is needed on this matter for a number of reasons.

Why is third-party player ownership an issue for football?

Firstly, it raises ethical and moral questions. Is it appropriate for a third party to own the economic rights to another human being and then to trade this 'asset'? This would be unacceptable in society and has no place in football. Footballers (like everyone else) should have the right to determine their own future.

Secondly, we must protect the integrity of sporting competition. What happens when the same corporation or fund owns the economic rights to many players in different teams? There is an obvious risk of conflicts of interest. The danger of results being manipulated is something that UEFA must guard against, now more than ever.

Thirdly, the business model of those involved in third-party player ownership is predicated on players changing clubs frequently. Put bluntly, more transfers means more money for such owners, resulting in contractual instability and long-term revenue being lost from the sport.

Fourthly, this practice is plainly inconsistent with the economic and sporting philosophy of financial fair play, which is to ensure that clubs live within their means. Clubs should not rely on investments from third parties to acquire players that they cannot afford in the first place. In the long term, this is not good for the club or the player. Quick-fix, short-term solutions conflict with the rules and principles of financial fair play.

The Professional Football Strategy Council has considered this issue and has recently received the unequivocal support of the UEFA Executive Committee, demanding that the activity be prohibited as a matter of principle. Such a prohibition already exists in some European countries, and it is time to introduce it across the board.

We have analysed the situation in Europe. However, the issue goes beyond our continent. Since third-party player ownership appears to be a global phenomenon, and given that FIFA is responsible for the operation of the international player transfer system, we have asked the world body to take the necessary steps to introduce a global prohibition.

Following a meeting of its Football Committee, FIFA has commissioned a study to address this issue. However, unless the necessary steps are taken, UEFA will, together with the Professional Football Strategy Council, be ready to implement appropriate rules to phase out this activity in our competitions.

We understand that an adjustment period may be needed, and UEFA would be in favour of transitional measures. Nevertheless, we are firmly of the view that third-party player ownership has no place in football, and our priority remains to protect our sport and to build and maintain its long-term stability.