Diritti tv nello sport: linfa vitale solo per il calcio

Il connubio tra sport e televisione è uno dei temi più controversi e spinosi che il legislatore italiano si è trovato ad affrontare a partire dagli anni 90.
Se infatti fino a quel momento il sistema di cessione dei diritti di trasmissione degli eventi sportivi aveva come unico referente, nazionale ed internazionale, il canale pubblico della Rai, l'avvento delle televisioni private a pagamento (Telepiù e Stream ad oggi fuse in SKY Italia) modificò sin da subito e radicalmente i principi posti alla base del mercato.
I diritti TV assunsero infatti immediatamente un ruolo primario nelle strategie di finanziamento delle società sportive. Almeno per quelle calcistiche.

Come ben noto, la principale fonte di ricavo per il calcio professionistico è ancora ad oggi rappresentata dai diritti televisivi.
Proprio l'esponenziale moltiplicarsi nel corso degli anni dei proventi derivanti dalla cessione dei diritti televisivi delle gare calcistiche ha imposto al legislatore di intervenire a più riprese per dettare una specifica disciplina per la vendita dei diritti di trasmissione degli eventi sportivi e ciò essenzialmente al fine di risolvere e/o prevenire i contrasti in merito alla modalità di contrattazione (individuale o collettiva) ed alla ripartizione dei ricavi tra le società sportive.

Si deve evidenziare infatti che, per consolidato orientamento dottrinale e giurisprudenziale, il titolare originario dei diritti di trasmissione di un evento sportivo deve individuarsi nell'organizzatore dell'evento stesso che, nel caso dei campionati sportivi a squadre (come il calcio), coincide di fatto con i singoli club.
Sulla scorta del riconoscimento di tale titolarità, le società sportive (calcistiche) hanno per diverso tempo rivendicato ed esercitato il diritto a contrattare individualmente la cessione dei diritti di trasmissione dando vita ad un sistema di finanziamento inficiante “i principi precursori” dell'odierno fair-play finanziario posti a salvaguardia di uno svolgimento il più possibile equo delle competizione sportive.

Per comprendere pienamente la portata della normativa ad oggi vigente in materia di cessione dei diritti TV nello sport ed il diverso rapporto esistente con le principali discipline sportive nazionali, appare necessario ripercorrere brevemente le “tappe legislative” susseguitesi dalla fine degli anni 90, con la imprescindibile precisazione che i primi interventi normativi erano volti a disciplinare la vendita dei diritti TV esclusivamente delle competizioni calcistiche.
La legge 29 marzo 1999 n.78 (primo significativo intervento) veniva infatti emanata a seguito del repentino avvento delle televisioni private operanti con sistemi tecnici di diffusione delle trasmissioni “criptati”.
Il sistema di contrattazione collettiva, sia dei diritti in chiaro sia dei diritti criptati gestito fino a quel momento dalla Lega Calcio in via esclusiva, venne sostituito da un sistema di vendita individuale dei diritti codificati determinando l’improvvisa impennata del valore economico degli stessi.
I risvolti della consacrazione della titolarità soggettiva dei diritti Tv operata dalla norma del 1999 ebbe, però, come ben noto, risvolti catastrofici per i piccoli club che trovarono infatti poco spazio sui canali a pagamento e furono fortemente penalizzati in termini di risorse economiche.
Per sopperire alla situazione di disparità economica tra i clubs irrefrenabilmente dilatatasi nel corso degli anni ed in concomitanza dell'avvento sul mercato della forte concorrenza di altre piattaforme televisive private con sistema di trasmissione criptato (Mediaset), il mondo politico (storicamente e prettamente calciofilo....) decise di intervenire emanando una legge delega al governo (legge n. 106 del 19 luglio 2007) per operare una integrale revisione della disciplina relativa alla titolarità ed alla vendita dei diritti radiotelevisivi che ebbe definitiva attuazione con il decreto legislativo del 9 gennaio 2008 n. 9 ad oggi ancora in vigore.

Le principali peculiarità che emergono dall'analisi della legge de qua e che interessano ai fine del presente approfondimento, sono essenzialmente due; da un lato la scelta del legislatore di regolamentare in via generale il mercato dei diritti radiotelevisivi degli eventi sportivi organizzati sul territorio nazionale (e quindi non solo delle competizioni calcistiche); dall'altro, l’introduzione del principio della contitolarità dei diritti di trasmissione in capo al soggetto preposto all'organizzazione della competizione (Federazione e per delega la Lega di riferimento) ed ai soggetti partecipanti alle stessa (le società sportive) con lo specifico riconoscimento in capo al primo del potere di dettare regole per la ripartizione dei proventi “in modo da garantire l'attribuzione paritaria a tutte le società partecipanti a ciascuna competizione di una quota prevalente di tali risorse” (art. 1. comma 3 punto i).

In sostanza la legge delega lascia carta bianca agli organizzatori delle competizione di regolamentare e dettare i criteri per la ripartizione delle risorse tra le squadre partecipanti.
Tale scelta non pare essere stata delle più felici.
Nonostante le importanti precisazioni operate dal legislatore con la legge delega, le valutazioni di ordine economico restano di fatto invariate ed il dibattito intorno al binomio sport – televisione pare destinato a non esaurirsi nel breve periodo, e ciò con particolare riferimento al calcio, sport in cui, come sopra ricordato, i proventi derivanti dalla cessione dei diritti TV rappresentano una delle due principali fonti di finanziamento.
Proprio la destinazione dei maggiori investimenti delle reti televisive private sul territorio nazionale essenzialmente in favore del mondo del calcio non potrà che continuare ad alimentare l'annosa questione, senza tralasciare le conseguenze pregiudizievoli a danno delle altre discipline sportive che pur ben adattandosi alla trasmissione televisiva, risultano destinate a trovare sempre meno spazio.

Alla luce della situazione sopra descritta, alcune Federazioni Nazionali, le quali considerano la trasmissione dei propri eventi/competizioni non una fonte di esclusivo sostentamento ma una strategia di investimento per la diffusione della propria disciplina sportiva, hanno assunto la coraggiosa decisione di realizzare una propria televisione e/o di concentrare la vendita dei diritti Tv al di fuori dei confini nazionali.
Il richiamo esplicito è nel primo caso, alla Federazione Italiana Tennis che già diversi anni ha lanciato un proprio canale Tv in chiaro (SuperTennis TV) ed alla Federazione Italiana Pallacanestro che in occasione del Consiglio Federale del 10/5/2014 ha approvato all'unanimità la realizzazione di un proprio canale Tv avente la principale funzione di diffondere e far conoscere il più possibile la disciplina sportiva e mirante nel lungo periodo a portare introiti nelle casse federali proprio sulla scorta dell'esperienza della FIT.

Secondo la relazione resa, dal presidente della Federazione Italiana Tennis Angelo Binaghi intervenuto con Francesco Soro al Consiglio FIP, il canale televisivo del tennis dal 2008 è stato infatti “concausa e fattore facilitante del processo di riaffermazione del Tennis in Italia, responsabile del 41% dell'incremento (numero di praticanti e intensità della pratica) che si è avuto dal 2008 in avanti" con la precisazione che "i ritorni finanziari sono stati superiori all'investimento effettuato".

Nel secondo caso il riferimento è invece alla Lega Pallavolo serie A Maschile.
Sebbene, infatti, il progetto di una Tv di Lega per la pallavolo sia stata in passato palesato ( qualche voce si è alzata in realtà anche nell'ultimo periodo), lo stesso non è mai stata preso in considerazione e non pare che la sua realizzazione possa avvenire a breve termine.
Nonostante la proposta avanzata anche da Federazioni e TV straniere per realizzare un canale paneuropeo/mondiale dedicato alla pallavolo, in cui il Campionato italiano era stato indicato come programma di “prima serata”, la Lega ha ritenuto più opportuno concentrarsi ed incentivare la vendita dei diritti TV all'estero e nel corso degli ultimi anni (cedendo anche diritti ad agenzie specializzate quali ad esempio l' imponente MP&Silva) è riuscita a siglare accordi di trasmissione con le principali e più importanti emittenti estere quali: AL JAZEERA SPORT (Bahrain, Iran, Iraq, Giordania, Kuwait, Libano, Oman, Palestina, Qatar, Arabia Saudita, Siria, EAU, Yemen, Algeria, Ciad, Egitto, Libia, Gibuti, Mauritania, Marocco, Somalia, Sudan e Tunisia), SPORTKLUB (Serbia, Kosovo, Croazia, Bosnia Erzegovina, Slovenia, Macedonia, Montenegro), SPORTKLUB (Polonia), CANAL+ e YOMVI (app per palmari e computer in Spagna), SPORT TV (Turchia), beIN Sport (Francia, Monaco, Andorra, Mauritius e Madagascar) beIN Sport (USA e Canada), beIN Sport (Indonesia, Hong Kong, Thailandia, Filippine e Taiwan), BAND SPORT (Brasile), BTV e VOYO.BG (Bulgaria), SPORT TV PORTUGAL (Portogallo), DOLCE TV (Romania), TELENET/BETV (Belgio), SKY MEXICO (Messico, Costa Rica, Cuba, Repubblica Dominicana, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panama), ANTEL (Uruguay), NTV PLUS (Russia), SPORT 5 (Israele), C MORE (Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia), I GLOBAL MATCH di BWIN.COM in diretta streaming mondiale.
Dall'elenco di cui sopra emerge un dato incontestabile: la pallavolo italiana rappresenta una forte attrazione (più di quanto avviene sul territorio nazionale) per le TV mondiali le quali sono disposte a pagare per garantirsi l’esclusiva territoriale determinando in tal modo introiti di gran lunga superiori a quelli eventualmente ottenibili con un canale di Lega.

Dott.ssa Federica Ongaro
Consulente legale sportivo e agente sportivo Lega Pallavolo Maschile

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