Il contratto del calciatore professionista: spunti ed analisi

Tesi di Laurea di Fabrizio Valenti
Titolo "Il contratto del calciatore professionista"
Anno accademico: 2015/16

Alcuni dei rapporti di lavoro subordinato, possiamo dire che presentano delle caratteristiche molto particolari, che li differenziano dal modello tipico tradizionale del rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e a tempo indeterminato, pertanto, questa tipologia di rapporti di lavoro, sono definiti speciali.
La dottrina, infatti, definisce speciali quella tipologia di rapporti che, in ragione della loro specifica posizione del datore di lavoro o anche della peculiare natura dell’attività svolta, richiedono una determinata disciplina, anche solo in parte, la stessa è differenziata rispetto a quella generale, che viene dettata per il rapporto di lavoro all’interno dell’impresa, con un conseguente adattamento al modello generale di tutela alla specificità del rapporto.
A tal proposito, questo lavoro, si propone di andare ad analizzare nello specifico il rapporto di lavoro del calciatore professionista, mostrando, soprattutto la specialità rispetto agli altri tipi di lavoro subordinato.
In particolare , lo speciale rapporto di lavoro, che intercorre tra la società sportiva professionistica e lo sportivo professionista, possiamo dire che è caratterizzato dalla particolare natura dell’attività che viene erogata dal lavoratore in oggetto, questa tipologia di contratto è stata per tanto regolarizzata per la prima volta, con la legge n. 91 del 23 marzo 1981, che, proprio per la particolare peculiarità dell’ordinamento sportivo, ha introdotto notevoli differenzazioni rispetto alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato, che nel nostro paese viene regolato da diverse leggi, emanate dal governo. 

L’inquadramento del lavoratore sportivo professionista tra subordinazione e autonomia.

Passando ad analizzare l’articolo 3 della legge n. 91/1981, lo stesso articolo 3, costituisce, assieme all’articolo 2, che abbiamo già esaminato, la chiave della legge presa in esame, i suddetti articoli individuano il campo di applicazione della suddetta legge. Si stabilisce infatti che “ la prestazione a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme contenute nella presente legge”, il secondo comma aggiunge inoltre che ”costituisce oggetto di contratto di lavoro autonomo, quando ricorra almeno uno due seguenti requisiti:
A. L’attività sia svolta nell’ambito di una singola manifestazione sportiva o più manifestazioni sportive tra loro collegate in un breve periodo di tempo;
B. L’atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza e sedute di preparazione o allenamento;
C. La prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali, oppure quindici giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno”.

La norma, va letta con molta attenzione, e congiuntamente alla luce del primo e del secondo comma, infatti, nel primo comma, la norma sembra stabilire per il professionista una sorta di vera presunzione dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato destinata però a venir meno soltanto nei casi, che sono espressi nel secondo comma. A questo proposito occorre rilevare che, il primo comma della presente disposizione, si riferisca soltanto all’atleta professionista, anche se parte della dottrina, sostiene che, tale comma si riferisca pure alle altre figure che sono inquadrate come atleti professionisti ( allenatori, direttori tecnici e sportivi e preparatori atletici ). Si ritiene che per le altre figure, previste dall’articolo 2, in quanto esercitano attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità, l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato non venga per niente presunta.
La disposizione presa in esame, stabilisce anche un’incompatibilità tra gratuità della prestazione e contratto di lavoro subordinato, per la quale l’intera disciplina della legge non va applicata al caso del lavoro sportivo che non sia svolto a titolo oneroso. Nel lavoro sportivo, infatti, la nozione di subordinazione possiamo affermare che non è caratterizzata dall’elemento dell’etero direzione, né dall’inserimento materiale della prestazione sportiva nell’organizzazione del creditore, ma possiamo tranquillamente affermare che è delimitata all’esterno della ricorrenza di determinati indici che sono identificati dalle ipotesi suddette, per cui dalla presenza anche solo di uno di questi, il nostro legislatore fa discendere come conseguenza sui piani qualificatori che il rapporto di lavoro sia un rapporto di tipo autonomo e non un contratto di lavoro subordinato. 

La costituzione del rapporto di lavoro sportivo 

La disciplina del rapporto di lavoro sportivo, che come abbiamo visto è un rapporto di lavoro di tipo subordinato, si incentra sull’art. 4 della legge n. 91/1981. In primo luogo, l’art. 4, stabilisce che “il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisse mediante assunzione diretta, e con la stipula di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all’accordo stipulato, ogni tre anni, dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate” (...) 
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L’accordo collettivo stipulato tra la Federazione Italiana Gioco calcio e i soggetti rappresentativi delle società sportive professionistiche e dei calciatori.

Il contenuto principale dell’accordo collettivo è destinato ad andare a disciplinare i rapporti che si vengono a creare tra le parti interessate sia sotto il profilo economico, sia sotto il profilo normativo, andando ad individuare i rispettivi diritti ed i rispettivi doveri, e le eventuali sanzioni che sono previste in caso di violazione degli obblighi contrattuali. Oltre all’accordo collettivo, esistono altre previsioni inerenti il rapporto di lavoro che si instaura tra i calciatori professionisti e le società sportive professionistiche, tali previsioni sono contenute all’interno del contratto tipo, lo stesso deve indicare, pena la nullità dell’atto, la durata del contratto di lavoro, articolo 1 dell’accordo collettivo, il relativo stipendio annuo lordo che spetta al calciatore professionista per ogni singola stagione sportiva, che come abbiamo visto inizia il 1° luglio e termina il 30 giugno dell’anno successivo, questa voce la si trova all’articolo 2 lett. A dell’accordo collettivo, nella stipula del contratto, devono essere inseriti eventuali premi collettivi lordi, e l’eventuale quota lorda che spetta al calciatore professionista quale partecipazione ad eventuali iniziative promo – pubblicitarie (...)

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La disciplina del rapporto di lavoro, e le obbligazioni delle società sportive e del calciatore professionista. 

I calciatori sono considerati dei veri e propri lavoratori dipendenti, a tale riguardo come abbiamo visto nel capitolo precedente il legislatore ha emanato una legge ad hoc, a tale riguardo il lavoratore non ha soltanto l’obbligo di svolgere la propria prestazione di lavoro, ma anche il diritto alla sua esecuzione, qualora tale diritto non gli sia riconosciuto, il lavoratore può presentare previa richiesta il risarcimento danni, non concedere il risarcimento danni, andrebbe a significare infatti, danneggiare la professionalità, la personalità e la salute del lavoratore stesso. Nel mondo del calcio, la questione si pone in maniera parzialmente differente, infatti, art. 7 dell’accordo collettivo, va a riconoscere al calciatore soltanto il diritto di partecipare agli allenamenti e alla preparazione pre campionato con la squadra di appartenenza, al contrario, la partecipazione alle gare ufficiali dipende dalle volontà dell’allenatore . qualora la previsione dell’art. 7 dell’accordo collettivo sia stata violata, il calciatore può, comunque andare a diffidare per iscritto la società che detiene i diritti delle prestazioni sportive del calciatore, invitandola ad adempiere entro tre giorni dalla ricezione dell’intimidazione, in caso di inerzia lo stesso calciatore, può ricorrere al Collegio Arbitrale, chiedendone la reintegrazione, ovvero la risoluzione del contratto, oltre al risarcimento danni, in sostanza, imporre ad un calciatore di allenarsi fuori dal gruppo, senza un giustificato motivo, andrebbe a violare la sua dignità professionale, con inevitabili ripercussioni sul piano psicologico dell’atleta. Il calciatore come in tutti i normali rapporti di lavoro, ha il diritto di ricevere la retribuzione, a tal proposito l’accordo collettivo introduce un particolare sistema per la sua determinazione, includendo gli emolumenti, le varie indennità e gli assegni dovuti in caso di trasferte, gare notturni e ritiri, per di più è anche possibile integrare la retribuzione fissa con una parte variabile, legata ai risultati sportivi. La retribuzione del calciatore può anche essere sospesa nel caso in cui, lo stesso sia stato sanzionato per:

- Illecito sportivo;
- Doping;
- Violazione in materia di scommesse;
- Per provvedimenti disposti dall’autorità giudiziaria.

Per le stesse ragioni, la società può presentare in un secondo momento ricorso al Collegio Arbitrale, al fine di ottenere anche l’interdizione agli allenamenti. Il calciatore ha anche del diritto di essere assicurato presso una compagnia di primaria importanza contro le malattie e gli infortuni con massimali integrativi rispetto all’assicurazione base presso una compagnia di primaria importanza, secondo le condizioni che ogni stagione sportiva le leghe stabiliscono in accordo con le Leghe professionistiche.

(...) Per quanto riguarda invece gli obblighi contributivi, l’accordo collettivo prevede un duplice ordine di obblighi che sono a carico delle società, la stessa deve versare sia all’ENPALS e sia all’INPS i versamenti contributivi per l’assicurazione contro l’invalidità vecchiaia e quella contro la malattia, inoltre la società deve versare al fondo di accantonamento dell’indennità di fine carriera depositato presso la FIGC un contributo a proprio carico pari al 6,25% sullo stipendio annuo lordo del calciatore, inoltre è previsto anche un versamento dell’1,25% sullo stipendio annuo lordo dello stesso quest’ultimo è a carico del calciatore professionista, tali percentuali vengono versate con una ritenuta mensile sullo stipendio del calciatore.

Fabrizio Valenti

fabriziovalenti2@gmail.com

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