Il mercato delle sponsorizzazioni sportive. Intervista ad Alessandro Donato

"L'obiettivo delle sponsorizzazioni non è più solamente massimizzare la visibilità del brand e l’awareness, ma ricercare un più profondo ed emozionale engagement con i fan sportivi"
Il mercato delle sponsorizzazioni sportive in Italia nel 2013 è stimato in ulteriore calo dopo aver chiuso il 2012 con una flessione dell’8,6% rispetto al 2011 attestandosi a 782 milioni di euro.
Il mercato delle sponsorizzazioni sportive in Italia nel 2013 è stimato in ulteriore calo dopo aver chiuso il 2012 con una flessione dell’8,6% rispetto al 2011 attestandosi a 782 milioni di euro.
Sono questi i principali dati che emergono dall’Indagine Predittiva 2013 “Il Futuro della Sponsorizzazione” di StageUp ‐ Sport & Leisure Business e Ipsos, che analizza dimensioni, trend e scenari evolutivi del mercato della sponsorizzazione in ogni sua articolazione.
Per approfondire questi dati e conoscere meglio le dinamiche del mercato, Sport Business Management ha intervistato Alessandro Donato, consulente in marketing e comunicazione aziendale e Responsabile Divisione Sport & Entertainment di StageUp.
Come è stato evidenziato nell’Indagine Predittiva, le sponsorizzazioni sportive nel 2012, nonostante manifestazioni importanti come le Olimpiadi e gli Europei di calcio, hanno registrato un calo del 8,6% rispetto all’anno precedente e le previsioni per il 2013 sono ancora negative. Quali sono le sue considerazioni e riflessioni in merito?
La forte crisi economica sta avendo ripercussioni negative rilevanti sul mercato della sponsorizzazione. Ma è l’intero mercato italiano della comunicazione a soffrire: secondo i più recenti dati Nielsen, gli investimenti pubblicitari sono calati del 14,3% nel 2012. Il peggior risultato degli ultimi 20 anni.
L’inasprimento della concorrenza tra le diverse alternative di comunicazione (sponsorizzazioni verso pubblicità classica), oltre che tra le diverse alternative di sponsorizzazione, sta acuendo la competizione e porta ad un generalizzato abbassamento dei prezzi da parte degli offerenti di sponsorizzazioni. Gli investitori, pressati da budget in contrazione, mostrano peraltro un’estrema attenzione al fattore prezzo (inteso come sommatoria dei costi per i diritti e per l’attivazione).
Si registra una difficoltà nella programmazione delle risorse, ne consegue una difficoltà a sottoscrivere accordi di durata pluriennale privi di concrete attivazioni commerciali e mancanza di strumenti finalizzati al monitoraggio dei ritorni.
Le conseguenze della pesante congiuntura economica sono più forti al livello dello sport dilettantistico (anche in ragione della minore redditività del sistema delle piccole e medie imprese e dell’atteggiamento sempre più severo dell’Agenzia delle Entrate verso la deducibilità delle spese in sponsorizzazione), così come negli sport professionistici con scarsa valenza internazionale. Gli investitori tendono infatti a concentrare gli investimenti sui mezzi più forti.
In questo scenario, la sponsorizzazione, pur confermandosi un eccellente strumento per il mantenimento e l’acquisizione di brand awareness, viene sempre più vissuta dagli investitori come una piattaforma promozionale finalizzata all’interazione diretta con consumatori e potenziali clienti.
Una sfida sempre più importante che gli offerenti devono affrontare è quella della ricerca dei modi migliori per estrarre valore dai nuovi media. Un elemento chiave che sta acquistando sempre maggiore rilevanza nelle decisioni degli sponsor è l’integrazione delle “internet community” nella piattaforma promo-sponsorizzativa.
Segnalo infine che gli investitori privilegiano opportunità promozionali che abbiano un pronto impatto sul business e producano risultati immediati e misurabili.
Tra i motivi che spingono le aziende a non sponsorizzare un evento sportivo, piuttosto che un atleta o una società , quanto incide la mancanza di informazioni quantitative sul valore dell’investimento?
Incide molto. Gli investitori, che devono affrontare budget in contrazione, prendono raramente decisioni senza dati di sostegno.
Gli operatori intervistati nell’ambito dell’Indagine Predittiva “Il futuro della sponsorizzazione” ci confermano che, oltre alla limitatezza dei budget a disposizione per iniziative di marketing, tra le principali motivazioni del mancato impegno in sponsorizzazioni vi sono le scarse informazioni quali-quantitative sul valore dell’investimento in possesso degli investitori; informazioni che risultano particolarmente importanti in una fase di ricerca di efficienza.
In questo senso, l’invito che faccio a tutti gli operatori dello sport è quello di mettere in piedi accurati strumenti di misurazione del ROI (ritorno sull’investimento), in grado di valutare gli effetti della sponsorizzazione sul business dell’investitore. Le analisi sulla visibilità di marca ottenuta dallo sponsor sono certamente importanti, ma non più sufficienti, anche in considerazione del fatto che la motivazione chiave delle sponsorizzazioni non è più solamente massimizzare la visibilità del brand e l’awareness, ma sempre più di frequente ricercare un più profondo ed emozionale engagement con i fan sportivi.
La crisi economica ha avuto forti ripercussioni sul mercato delle sponsorizzazioni sportive. A farne le spese sono stati soprattutto sport come il volley e il basket dove diverse società si sono ritirate dai campionati oppure hanno ridotto drasticamente il loro impegno finanziario. Quali possono essere gli scenari futuri e le possibili soluzioni per tornare a investire in questi sport?
Il basket o la pallavolo hanno forse risentito più del calcio della contrazione degli investimenti in sponsorizzazione semplicemente perché nei loro bilanci il peso di questa voce di ricavo è di gran lunga superiore (almeno il 70%) a quanto si ravvisa nel caso dei club calcistici, dove la voce predominante, quella dei diritti televisivi, per il momento ha retto alla crisi.
Come dimostrano le indagini di mercato Sponsor Value che realizziamo costantemente con Ipsos, gli sponsor possono ottenere grazie al basket, ad esempio, ritorni superiori a quelli ottenuti nel calcio o in altre discipline sportive molto seguite, come quelle motoristiche. Innanzitutto perché la pallacanestro presenta un pubblico ben definito, giovane, evoluto e alto spendente, che dimostra una propensione all’acquisto dei prodotti/servizi degli sponsor di gran lunga migliore rispetto agli altri sport. Inoltre il basket consente agli sponsor di rinforzare molto velocemente la notorietà di marca.
Credo che gli offerenti attivi nel basket e nel volley, per migliorare la resa della loro azione commerciale, debbano innanzitutto concentrarsi sulla costruzione di piattaforme promozionali che consentano all’investitore di entrare in contatto diretto con i suoi pubblici obiettivo e di generare un pronto impatto sul suo business. Va superato l’approccio tradizionale che vede il sistema di offerta ridotto a mere occasioni di visibilità , perché in questo specifico ambito la concorrenza del calcio, ma anche dei mezzi classici, si è fatta oggi molto aggressiva. Altro elemento che deve essere maggiormente valorizzato dagli sponsee di basket e volley è quello dei social media, e più generalmente delle “internet community”, che devono essere integrate nella piattaforma promo-sponsorizzativa.
Le Leghe e le Federazioni possono fare di più per attirare sponsor e investitori?
Credo proprio di sì. Innanzitutto devono lavorare per trasformare la sponsorizzazione in una opportunità di business concreta per gli investitori, con risultati immediati e misurabili.
Opportunità finora non pienamente sfruttate, a mio parere, sono quelle di un marketing associativo e di azioni di corporate hospitality trasversali sui territori di riferimento.
Nel calcio si registra un notevole incremento delle entrate commerciali soprattutto nei top club europei, mentre la crescita è più contenuta per le società italiane. Quest’ultime pagano una minore internazionalizzazione del brand rispetto ai competitor europei? Quali possono essere le possibili soluzioni per ridurre il gap?
La congiuntura recessiva ha accelerato processi strutturali di globalizzazione mettendo in luce come dimensione e propensione internazionale ai mercati siano elementi decisivi per la crescita, con la conseguenza che i grandi player avranno la possibilità di divenire sempre più grandi, mentre i piccoli tenderanno a indebolirsi ancora di più.
I nostri club hanno l’esigenza di strutturarsi per accrescere la loro dimensione internazionale, ad esempio sfruttando al meglio le opportunità offerte dal web.
Altri ambiti di intervento sono certamente gli stadi (che devono trasformarsi in strutture sicure, moderne e confortevoli), oltre ad un sistema di regole a protezione dei marchi delle società sportive.
Diverse società hanno adottato una politica di marketing orientata ad avere un numero ristretto di partner che godono di maggiori benefici e visibilità (less is more). Considera questa una scelta efficace per il mercato italiano delle sponsorizzazioni?
Le best practice internazionali lo dimostrano. In Italia la Juventus è stato il primo club ad abbracciare già qualche anno fa questa nuova filosofia riducendo il numero di sponsor a soli 11 ed i risultati economici raggiunti, mi risulta che abbiano dato ragione al management bianconero.
Questa strategia risulta generalmente tanto più efficace tanto più il mezzo è forte.
Il Paris Saint-Germain ha da poco esteso fino al 2018 il suo contratto di jersey sponsor con Fly Emirates per una cifra intorno ai 25 mln annui. Il Milan, nonostante vanti un prestigio maggiore rispetto alla squadra francese, riceve dalla stessa compagnia aerea una cifra molto inferiore. Come lo giustifica?
Prescindendo da considerazioni legate alla proprietà del club, che nel caso della squadra francese possono avere avuto un impatto determinante sui denari in gioco, il Milan sconta le debolezze del sistema italiano a cui accennavo prima. Inoltre va segnalato che il Paris Saint-Germain è un club in grande ascesa nel panorama europeo. Il club transalpino, rispetto al Milan, sconta anche una concorrenza sul mercato interno più debole, posizionandosi come leader incontrastato in Francia. Non va tralasciato infine che per un vettore internazionale come Fly Emirates il mercato di sbocco rappresentato dalla capitale transalpina può risultare maggiormente strategico (e profittevole) di quello italiano.
Cosa ne pensa della volontà dell’AS Roma di rescindere anticipatamente il contratto con BasicNet (Kappa)?
Ho letto della vicenda sulla stampa. È difficile dall’esterno farsi un’idea precisa delle responsabilità . Sarà eventualmente la magistratura a stabilirle.
In generale, e senza alcuna allusione alla querelle Roma/Kappa, ho l’impressione che la nuova proprietà americana della Roma sia sensibile alla ricerca di partner di ampio respiro internazionale che possano aiutare il Club in quel processo di internazionalizzazione del brand che sempre più importanza sta rivestendo, come si diceva prima.
Dopo un anno e mezzo dall’inaugurazione, il nuovo stadio della Juventus è ancora senza title sponsor. Come si possono spiegare le difficoltà riscontrate dalla società titolare dei naming rights nella ricerca di un venue sponsor?
Credo che le difficoltà siano legate innanzitutto alla soglia di investimento, che unita al lungo orizzonte temporale richiesto da questo tipo di intervento, allontanano i potenziali investitori, ed in particolare quelli nazionali. Non va dimenticato che in Italia manca una cultura in merito alle potenzialità del “naming” di impianti sportivi: si tratta di un fenomeno relativamente giovane per il nostro paese e una novità per il sistema calcio. All’estero invece questo segmento non conosce crisi, perché garantisce agli investitori ritorni molto importanti.
Il ruolo degli sponsor può incidere nella costruzione o nel rafforzamento della brand equity di una società sportiva?
Certamente. Ritorno all’esempio di poc’anzi della Roma che attraverso partnership con società dall’ampio respiro internazionale sta cercando di accelerare il processo di internazionalizzazione del brand.
Un altro caso che mi viene in mente è quello di Unicef e del Barcellona. La squadra blaugrana per anni ha rinunciato a un munifico sponsor di maglia, preferendo abbinare il proprio nome a quello della ONG conosciuta in tutto il mondo. Questo ha certamente avuto ripercussioni positive sul posizionamento del brand del Club.
Intervista di Giuseppe Berardi
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