Nazionale Italiana: il diritto a vestirsi di azzurro

E' innegabile. La “maglia azzurra” ha il potere di far riemergere l'antico sentimento di amore, devozione e fedeltà alla patria noto più comunemente come “patriottismo sportivo”.

Durante le manifestazioni sportive di maggiore rilievo (non solo calcistiche!) gran parte delle case italiane viene infatti addobbata a festa con sventolanti e vistose bandiere tricolori.
Tralasciando il carattere spesso pittoresco di dette manifestazioni patriottiche, ci si domanda come tale sentimento nazionale possa conciliarsi con il fenomeno della globalizzazione e della internazionalizzazione.
La domanda appare di tutto rilievo stante il recente dibattito politico e sportivo concernente le proposte di revisione sulle modalità di acquisto della cittadinanza (anche sportiva).
Le norme dettate dal legislatore per l'acquisto della cittadinanza italiana sono racchiuse nella legge n. 91 del 5 febbraio 1992.
Come per la maggior parte dei paesi europei (unica eccezione la Francia), il principio ispiratore di dette norme si rinviene nello ius sanguinis (“si considera cittadino italiano il figlio di padre o madre italiani) rivestendo invece lo ius solis mero carattere residuale (“si considera cittadino italiano per nascita il figlio di ignoti o apolidi, o colui che non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello stato di questi”).
La legge riconosce ulteriori ipotesi di acquisto della cittadinanza la quale, infatti, può altresì essere concessa agli stranieri coniugati con cittadini italiani (“Il richiedente, straniero o apolide, deve essere coniugato con cittadino italiano e risiedere legalmente in Italia da almeno 2 anni dalla celebrazione del matrimonio” art 5 legge 91/1992) ed agli stranieri residenti in Italia che ne facciano richiesta ( ipotesi di rilievo sono contenute nelle lettere d e f dell'art.9 c.1: “Al cittadino di uno Stato U.E. se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio italiano” e “Allo straniero che risiede legalmente da almeno 10 anni nel territorio italiano).
Derogando ai principi ispiratori di detta norma ed in forza dell'autonomia regolamentare riconosciuta alle singole Federazioni Nazionali, recentemente una parte del movimento sportivo italiano ha manifestato la propensione e la volontà di procedere al riconoscimento della “cittadinanza italiana sportiva” applicando come criterio generale il principio dello ius solis.
Tale strada è stata intrapresa ufficialmente dalla Federazione Italiana Hockey su prato (www.federhockey.it) la quale dal prossimo anno potrà tesserare come atleti italiani gli stranieri nati in Italia ancora privi della cittadinanza italiana.
Un siffatto riconoscimento consentirà da un lato di superare il limite numerico degli atleti stranieri contemporaneamente in campo durante le singole competizioni e dall'altro alleggerirà il carico burocratico ed amministrativo in capo alla Federazione.
Appare tuttavia doveroso evidenziare che, pur senza sposare il principio dello ius solis, alcune FSN (Federazioni Sportive Nazionali) riconosco già e da diverso tempo, in presenza di alcune condizioni, la possibilità di tesserare come italiani gli atleti stranieri.
A titolo esemplificativo, la Fipav (Federazione Italiana Pallavolo) prevede che “Può essere tesserato come “atleta italiano” il cittadino straniero che non sia mai stato tesserato con una federazione straniera, a condizione che sia in possesso della certificazione di residenza in Italia rilasciata ai sensi delle norme vigenti, con esclusione del permesso di soggiorno turistico.” ed ancora che “Può essere tesserato come “atleta italiano” l’atleta proveniente da federazione straniera che non abbia partecipato all’attività sportiva con la federazione di provenienza nelle ultime quattro annate agonistiche e che sia in possesso della certificazione di residenza in Italia rilasciata ai sensi delle norme vigenti, con esclusione del permesso di soggiorno. (cfr. Regole Affiliazione e Tesseramento approvato nel 2005, Art.43-44 nonché Guida Pratica 2013 - www.federvolley.it )
Similarmente, la FIN (Federazione Italiana Nuoto) prevede nel proprio Statuto (art. 15.4) che “L’atleta non italiano che abbia svolto la propria formazione tecnico agonistica nei vivai italiani,intendendosi per tali attività continuativa svolta presso società sportive affiliate per almeno 3 stagioni agonistiche consecutive, è considerato a tutti gli effetti sportivo italiano, fermo restando le eventuali limitazioni derivanti dalle norme statuali relative ai cittadini extracomunitari nonché il rispetto dalle normative della Federazione Internazionale per quanto attiene il l’utilizzo nelle Squadre Nazionali della Federazione” www.federnuoto.it)
La FIDAL (Federazione Italiana Atletica Leggera), accostandosi a tali principi ha invece recentemente introdotto (novembre 2013) per la stagione 2014 relativamente alle categorie Allievi, Juniores, Promesse e Seniores partecipanti ai Campionati Italiani, Regionali e Provinciali una nuova forma di tesseramento per gli atleti stranieri residenti in Italia i quali assumeranno la qualifica di “Italiani Equiparati” fino all'ottenimento della cittadinanza italiana. (cfr. punto 4.2 delle Disposizioni Generali per l’Attività 2014 – www.fidal.it )
Nonostante le deroghe delle singole Federazioni, si rileva che per potersi vestire di azzurro il requisito imprescindibile resta il possesso da parte dell'atleta della cittadinanza italiana acquisibile secondo le norme contenute nella legge n. 91/1992 sopra richiamata.
Pertanto, numerosi atleti stranieri tesserati come italiani dalle Federazioni di appartenenza potranno indossare la maglia azzurra solo al momento della concessione della cittadinanza italiana.
Personalmente ritengo che in ambito sportivo (tralascio quello politico non essendo questa la sede appropriata per affrontare l'argomento) il senso di appartenenza e di nazionalità prescinda dall'origine del cognome o da un timbro apposto su un documento cartaceo da parte del Ministero; la stessa dovrebbe invece essere strettamente connessa alla coscienza del singolo atleta il quale acquisendo, per nascita (ius sanguinis, ius solis) o per via burocratica (concessione) il diritto a vestire l'azzurro assume anche il dovere di esprimere quel sentimento antico di amore e fedeltà alla patria (patriottismo) corrispondente ad un pieno rispetto ed un profondo attaccamento alla maglia azzurra.

Dott.ssa Federica Ongaro
Consulente legale sportivo e agente sportivo Lega Pallavolo Maschile

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