Il falso mito dell'incedibilità del titolo sportivo

L'idea della assoluta incedibilità del titolo sportivo, se rapportata, come di fatto dovrebbe essere, all'ordinamento sportivo generale e non particolare (alias calcio), altro non è infatti che un falso mito, o errata convinzione che dir si voglia, diffusasi e diffusa impropriamente nel corso degli anni.
Come facilmente evincibile da una semplice ricerca internet (evito agli appassionati e tifosi di intraprendere una lettura dei manuali di diritto sportivo), in tutti gli interventi resi da giuristi e/o addetti ai lavori sull'argomento si giunge ad una medesima e generalizzata conclusione: il titolo sportivo, da intendersi come il riconoscimento delle condizioni tecniche e dei requisiti per la partecipazione ad un determinato campionato, non è assolutamente suscettibile di cessione.
Tale (relativamente) erronea convinzione trae origine dal contenuto dell'art. 52 delle Norme Organizzative Interne della FIGC (più brevemente NOIF) il quale testualmente dispone che: “In nessun caso il titolo sportivo può essere oggetto di valutazione economica o di cessione.”
Tale divieto assoluto viene contemperato con la previsione di alcune ipotesi di attribuzione istituzionalizzata del titolo sportivo.

Si rileva infatti che, al fine di salvaguardare il patrimonio sportivo dei sodalizi, la medesima norma sopra richiamata prevede e regolamenta espressamente la possibilità del trasferimento del titolo da una società ad un'altra mediante nei casi in cui a una compagine societaria sportiva venga revocata l’affiliazione per motivi disciplinari e/o finanziari (come ad esempio la dichiarazione e/o accertamento dello stato di insolvenza - cfr.art. 16 NOIF) o a seguito del fenomeno della fusione tra due o più sodalizi.
Tale attribuzione istituzionalizzata si perfeziona solo a seguito di una delibera di approvazione da parte del Consiglio Federale e purchè siano rispettate dal sodalizio richiedente determinate condizioni (a titolo esemplificativo: la necessità della sede legale nello stesso comune del sodalizio precedente, il perfezionamento dell'acquisito dell’intera azienda sportiva della società eventualmente in stato di insolvenza, l'ottenimento dell'affiliazione alla F.I.G.C., l' accollamento e soddisfacimento di tutti i debiti sportivi della società precedente, un adeguato patrimonio e risorse sufficienti a garantire il soddisfacimento degli oneri relativi al campionato di competenza, fideiussione bancaria e relative garanzie).

Come sopra accennato, tuttavia, le disposizioni regolamentari appena richiamate non rivestono efficacia vincolante erga omnes.
L'ordinamento giuridico sportivo è, infatti costituito, oltre che dalle norme di rango sopranazionale (Carta Olimpica, Direttive e Raccomandazioni CIO, norme Antidoping) e di rango costituzionale e statale, dall'insieme degli statuti, regolamenti organici e tecnici facenti capo alle singole Federazioni Sportive (tra cui la FIGC) riconosciute dal Coni.
In forza dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, il cui fondamento si rinviene nell'art. 18 della Costituzione concernente la tutela della libertà associativa e nell'art 2 della Costituzione riconoscente i diritti inviolabili delle formazioni sociali nelle quali si svolge l'attività del singolo, le Federazioni godono di autonoma potestà normativa interna e sono pertanto libere, nel rispetto dei principi statali nazionali e sovranazionali, di organizzare i propri campionati, dettare regole per l'affiliazione ed il tesseramento nonché norme disciplinari con efficacia vincolante esclusivamente interna.(inter partes).
Ne consegue, pertanto, che il titolo sportivo potrà essere considerato assolutamente incedibile per una determinata federazione ma non per un'altra.
Al riguardo si rileva, ad esempio, come la FIP (Federazione Italiana Pallacanestro) al pari della FIGC, abbia aderito al principio dell'assoluta incedibilità. La norma di riferimento è l'art. 128 del Regolamento Organico, che così dispone “Art.128 – Il titolo sportivo (Del. n. 350 C.F. 21/06/2002 – Del. n. 11 C.F. 28/09/2002 – Del. n. 1 C.P. 09/07/2003 - Del. n.6 C.F. 26/07/2007 - Del. n.367 C.F. 09/03/2013) 1. Il titolo sportivo è il riconoscimento da parte della FIP delle condizioni tecniche e sportive che consentono la partecipazione di una Società ad un determinato Campionato. 2. Il titolo sportivo non può essere in nessun caso oggetto di cessione o di valutazione economica.”
Sulla falsa riga di quanto previsto dalla FIGC, non viene anche in questo caso negata con riferimento ai campionati professionistici la possibilità di diverse modalità di trasferimento del titolo; il richiamo è ovviamente all'istituto della fusione societaria a seguito di delibera da parte del Consiglio Federale purchè sussistano le condizioni temporali e territoriali di cui all'art. 135 del Regolamento Organico federale.
Analoga alle precedenti, anche la posizione della FIN (Federazione Italiana Nuoto) nei cui regolamenti non è ravvisabile alcun cenno alla cessione volontaria del titolo sportivo ma trova compiuta disciplina il fenomeno della fusione o del trasferimento non oneroso previa autorizzazione della Federazione (cfr. art 9 Regolamento Organico)

Antitetica e in un certo senso pionierisca, la scelta effettua ta da diverso tempo dalla Federazione Italiana Pallavolo la quale, contraddicendo i dogmi federali calcistici considerati erroneamente come applicabili in via generale all'interno dell'ordinamento sportivo, disciplina e legittima espressamente la cessione volontaria del titolo sportivo.
Il RAT (Regolamento Affiliazione e Tesseramento) dedica infatti a detto istituto due articoli.
In primis, l'art. 16 il quale, titolato “Cessione del diritto sportivo: nozione, requisiti, procedimento.”, prevede in apertura che “Ciascun associato avente diritto a partecipare ad uno dei campionati di Serie A, B, C e D, fermo restando il limite di rappresentanza di una sola squadra per ciascun campionato di serie, può cedere ad altro associato il proprio diritto a disputare quel campionato.
Detta norma non si limita tuttavia al mero riconoscimento della cedibilità del titolo sportivo ma disciplina compiutamente siffatta ipotesi ponendo limiti atti garantire la regolarità dei campionati nonché a tutelare i diritti facenti capo agli altri sodalizi.
E' previsto in particolare il divieto per le società di detenere due titoli sportivi che attribuiscano il diritto di partecipazione al medesimo campionato, la necessità di una regolare affiliazione alla Federazione sia del cedente che del cessionario, di una delibera di consenso alla cessione e quella di consenso all’acquisizione del diritto sportivo da parte dell’Organo statutario competente, degli associati interessati e relativamente ai i campionati nazionali di Serie A, maschili e femminili, si richiede inoltre il parere motivato vincolante della Lega di riferimento sull’idoneità dell’associato cessionario ad essere ammesso al campionato.
Per quanto concerne gli effetti scaturenti dalla cessione, l'art. 17 attribuisce ai singoli atleti, vincolati con l'affiliato cedente, la possibilità di ottenere dalla Commissione Tesseramento lo scioglimento coattivo del vincolo e contestualmente impone il divieto per l'associato acquirente di disputare il campionato in una provincia dove già abbia sede di gioco un altro associato ammesso nella stagione precedente al medesimo campionato.
Nonostante la previsione di una siffatta specifica disciplina, la cedibilità del titolo sportivo non è (e non è stato) esente da critiche e perplessità da parte degli operatori e addetti ai lavori del mondo del volley italiano.
Se da alcuni tale istituto è visto infatti di buon occhio in quanto mezzo per preservare il patrimonio sportivo di sodalizi cedenti/rinunciatari, nonché di mantenere vivo un campionato di serie che, come purtroppo noto, negli ultimi anni non è stato immune da difficoltà di carattere amministrativo ed economico, da altri è invece considerato una contraddizione dei valori e principi dello sport (così come inteso nell'aera europea) e rappresentati dal sistema di promozione/retrocessione ossia del diritto sportivo conquistato per merito sul campo.
La querelle, essenzialmente sollevatasi con riferimento al campionato di serie maschile, pare tuttavia destinata a divenire del tutto sterile a fronte della riforma campionati approvata di recente dalla Federazione su proposta della Lega di riferimento ed essenzialmente caratterizzata dalla concessione pluriennale di licenze in stile franchigie americane (cfr. www.legavolley.it).
Il principio della preservazione del patrimonio sportivo dei sodalizi tramite la cessione del titolo sportivo non pare tuttavia essere una filosofia di esclusiva pertinenza della FIPAV.
Si evidenzia, infatti, che anche la Federazione Italiana Rugby ha ritenuto opportuno fare proprio detto principio e consacrarlo nel regolamento organico all'art. 4, noma quest'ultima che (così come modificato ed approvato dal Coni con delibera n. 211/2013) oltre alla trasferibilità mediante fusione prevede espressamente al punto 5 che “Il Consiglio Federale può autorizzare la cessione del titolo sportivo alle seguenti condizioni (….).

Ma detta “filosofia”, non pare nemmeno essere poi così disprezzata dal mondo dei calciofili (anzi al contrario pare sia sentitamente auspicata..) e/o di alcuni esperti della materia i quali ritengono (a mio dire perfettamente a ragione) l'incommerciabilità del titolo sportivo lesiva dell'autonomia negoziale delle parti; come autorevolmente affermato infatti “ vi possono essere casi (mancata iscrizione di una società al campionato o sottoposizione a procedure fallimentari) in cui può essere opportuno, a salvaguardia di tutti gli interessi in gioco (regolare svolgimento dei campionati, interessi economici della società) che il titolo sportivo venga ceduto autonomamente (a prescindere ciòè dalla cessione dell'intera società” (cfr. E.LUBRANO Ammissione ai campionati di calcio e titolo sportivo: un sistema da rivedere” in Riv.anal.giur.econ. 2005).
Forse che per una volta sarà il calcio ad attingere ed ispirarsi alle esperienze delle altre federazioni e non viceversa?
Non sarebbe di certo un così grande peccato. Anzi.....

Dott.ssa Federica Ongaro
Consulente legale sportivo e agente sportivo Lega Pallavolo Maschile

Nessun commento