I compensi corrisposti dai club ai procuratori sportivi: quo vadis?

A più di un anno dalla sua introduzione continuano a mancare i chiarimenti ufficiali dell’amministrazione finanziaria in merito all’art. 51 comma 4-bis del D.p.R. n. 197 del 22 dicembre 1986 (“TUIR”) con il quale è previsto che “Ai fini della determinazione dei valori di cui al comma 1, per gli atleti professionisti si considera altresì il costo dell'attività di assistenza sostenuto dalle società sportive professionistiche nell'ambito delle trattative aventi ad oggetto le prestazioni sportive degli atleti professionisti medesimi, nella misura del 15 per cento, al netto delle somme versate dall'atleta professionista ai propri agenti per l'attività di assistenza nelle medesime trattative”.

Come noto, la disposizione – introdotta dall’art. 1 comma 160, lett. a) della legge n.147/2003 (cd. “Legge di Stabilità 2014”) – pur non trovando applicazione unicamente al mondo del calcio, dispiega verso quest’ultimo i suoi effetti principali.

In particolare, con l’art. 51, comma 4-bis TUIR è stato previsto che una quota del compenso corrisposto dal club in favore dell’agente sia presuntivamente considerata reddito imponibile in capo al calciatore. Ciò in quanto il servizio reso dall’agente in occasione di una trattativa (il cui costo è sostenuto dal club) è qualificato come fringe benefit dell’atleta (e in quanto tale costituisce reddito in capo a quest’ultimo).

Le finalità della disposizione sono duplici: da un lato, una maggiore “semplificazione” dell’attività di accertamento (in passato i compensi corrisposti agli agenti sono stati più volte nel mirino del fisco) e dall’altro, la “forfettizzazione” del beneficio in capo al calciatore a fronte del servizio di intermediazione reso dall’agente.

Tra gli addetti ai lavori ci si è chiesti se la citata disposizione avesse effetto anche (i) ai fini della deducibilità del compenso corrisposto all’agente da parte dei club (ai fini IRES e IRAP) e (ii) ai fini della detraibilità dell’IVA. Chi scrive ritiene che tali profili non siano disciplinati dall’art. 51, comma 4-bis TUIR, la cui finalità è unicamente quella di assoggettare a tassazione un fringe benefit in capo al calciatore. Ne consegue che, sussistendone i requisiti, i club potranno continuare a dedurre l’intero compenso corrisposto all’agente sia ai fini dell’IRES che dell’IRAP e potranno altresì continuare a detrarre la relativa IVA (ove applicata).

Tornando alla disamina dell’art. 51, comma 4-bis del TUIR, deve osservarsi che la disposizione in commento ha introdotto un’autentica presunzione “assoluta”, dal momento che non è ammessa alcuna possibilità di prova contraria per l’atleta, tanto in ordine all’assenza di un reale beneficio in capo a fronte dell’attività resa dall’agente, quanto in ordine alla sua quantificazione.
La disposizione prevede che il fringe benefit sia pari al « costo dell'attività di assistenza sostenuto dalle società sportive professionistiche nell'ambito delle trattative nella misura del 15 per cento» e che dall’ammontare così determinato, sia possibile scomputare “le somme versate dall'atleta professionista ai propri agenti per l'attività di assistenza nelle medesime trattative”.

Così come scritta l’art. 51, comma 4-bis del TUIR trova applicazione a tutte le ipotesi di “trattative”, quindi sia quelle relative ai trasferimenti sia quelle relative alle risoluzioni ovvero ai prolungamenti/rinnovi contrattuali.

L’art. 51, comma 4-bis del TUIR – è bene precisarlo – trova altresì applicazione nei casi in cui sia rinvenibile il cd. modulo blu federale (ipotesi che si verifica allorquando il calciatore si avvale nel corso della trattativa di un proprio agente). Non avrebbe altrimenti senso l’inciso secondo cui è possibile scomputare dal reddito attribuito al calciatore “le somme versate […] ai propri agenti per l'attività di assistenza nelle medesime trattative”.

Ciò premesso, nonostante un’apparente semplicità del meccanismo di applicazione, l’art. 51 comma 4bis del TUIR solleva tuttavia più di un’incertezza sotto il profilo interpretativo.
Se ne riepilogano di seguito alcuni, a mero titolo esemplificativo.

Da una semplice lettura dell’art. 51, comma 4-bis del TUIR sembrerebbe che il fringe benefit sia pari al 15% del solo costo sostenuto dalla società (“costo dell'attività di assistenza”), restando esclusa la componente IVA (se applicabile) relativa al compenso corrisposto all’agente.
Il riferimento al “costo dell’attività di assistenza” rende la disposizione applicabile in presenza di ogni forma di intermediazione riferibile alla negoziazione delle prestazioni sportive (restando dunque esclusa la negoziazione relativa ad attività ulteriori, quali ad esempio la gestione del diritto di immagine).

Altresì incerta è l’individuazione del periodo di imposta nel quale il fringe benefit presunto dalla disposizione dovrà considerarsi imponibile. La disposizione fa riferimento al costo di agenzia “sostenuto” dai club a fronte del servizio di intermediazione reso dall’agente. Tale costo, come noto, concorre alla formazione del reddito dei club secondo il principio di competenza e nel caso di specie (trattandosi di una spesa capitalizzata) sarà deducibile secondo la procedura di ammortamento del costo del diritto immateriale legato alle prestazioni sportive del calciatore. È dubbio quindi se anche la tassazione del fringe benefit debba seguire lo stesso criterio temporale o se, per contro, la tassazione debba emergere nel periodo di imposta di conclusione della trattativa (corrispondente all’anno di inscrizione in bilancio del diritto). 

Dovrebbe considerarsi, a tal fine, che in ordine ai compensi corrisposti dal calciatore in favore del proprio agente, la disposizione fa riferimento alla locuzione “somme versate dall'atleta”. Tali somme sono quindi scomputabili dall’importo del fringe benefit (15% del compenso sostenuto dal club) secondo un criterio di cassa e sarebbe quindi auspicabile che anche la tassazione del fringe benefit avvenga secondo lo stesso criterio. Tuttavia la tassazione del fringe benefit lungo il periodo di durata del contratto sarebbe coerente con la deduzione del costo in capo al club.

Da ultimo resta infine incerta l’applicazione della disposizione in commento allorquando nella stessa trattativa sia la società acquirente che la società di origine del calciatore corrispondano al proprio agente un compenso per l’attività di assistenza resa. L’art. 51, comma 4-bis del TUIR fa riferimento al “costo dell'attività di assistenza sostenuto dalle società sportive professionistiche” senza distinguere se a tal fine occorra far riferimento al costo sostenuto dalla società acquirente, a quello sostenuto dalla società cedente o ad entrambi. Ad avviso di chi scrive, la ratio della disposizione ne suggerisce tuttavia l’applicazione limitatamente al solo costo dell’attività di agenzia sostenuto dalla società acquirente.

Mario Tenore
Dottore commercialista in Milano
m.tenore@maisto.it

4 commenti

Ale ha detto...

"Ad avviso di chi scrive, la ratio della disposizione ne suggerisce tuttavia l’applicazione limitatamente al solo costo dell’attività di agenzia sostenuto dalla società acquirente."
Quali sono le motivazioni che hanno portato l'autore alla conclusione di applicazione limitata ad un unica fattispecie?

Anonimo ha detto...

Ciao Ale,

la questione è in effetti poco chiara, ma provo a spiegarla meglio.

Da un punto di vista fiscale, il costo (da cui origina il servizio/fringe benefit) deve inquadrarsi nell'ambito di un rapporto di lavoro.

Nel caso di specie, il rapporto di lavoro nel quale si inquadra il fringe benefit è quello che si viene ad instaurare con il "club acquirente" (dunque non il precedente con la società di origine).

Per questa ragione riterrei che siano altrettanto rilevanti esclusivamente i costi sostenuti dalla società acquirente (datore nel rapporto di lavoro rilevante).

Ale ha detto...

Innanzitutto grazie della risposta.
Cito quanto riportato "Nel caso di specie, il rapporto di lavoro nel quale si inquadra il fringe benefit è quello che si viene ad instaurare con il "club acquirente" (dunque non il precedente con la società di origine)".
Premettendo che condivido questa interpretazione, mi preme però ricordare che solo a compimento della trattativa e quindi della prestazione del servizio cambia il datore di lavoro.
Partendo da ciò non sarebbe ragionevole estendere l'applicazione della normativa anche alla prestazione pagata dalla società cedente, dato che fino al momento della cessione, il professionista risulta ancora un lavoratore della medesima società, e di conseguenza considerare tale prestazione un fringe benefit erogato al professionista?
Grazie mille della risposta

Anonimo ha detto...

è un piacere il confronto.

La disposizione presume l'esistenza di un fringe benefit nel caso di specie rappresentato dal servizio reso dall'agente.

Il servizio reso dall'agente è funzionale alla stipula del contratto di lavoro con la futura società acquirente.

Per questo - a mio avviso - rilevano solo i compensi da quest'ultima corrisposti all'agente.

I compensi pagati dal club di origine sono esclusi.

Ti faccio un esempio assurdo: se Tizia paga a Caio una somma (poniamo una liberalità) perché Caio stipuli un contratto di lavoro con Sempronio, la somma è reddito di lavoro dipendente di Caio? direi di no.

Ci sono inoltre considerazioni di ordine pratico:

- le verifiche fiscali effettuate prima dell'introduzione della norme sono state condotte sempre sui club acquirenti (a conferma dell'interpretazione proposta).

- gli agenti vengono spesso liquidati a trattative concluse (quando cioè il calciatore è trasferito).

Scrivimi pure in privato se hai ulteriori dubbi, ribadisco che il confronto è un piacere per me.