Danno da passione sportiva rovinata: una nuova fattispecie risarcitoria

A volte la giurisprudenza, intesa come scienza del diritto e insieme delle sentenze che lo applicano, svolge una funzione creativa del diritto stesso, riempendo gli interstizi lasciati liberi da quelle norme che si preoccupano – giustamente – di regolare il generale, tralasciando però alcuni aspetti del particolare.

L’ultima novità in materia di danno risarcibile interessa anche il calcio, e lambisce il primo filone di indagini sulle gare truccate, che nel 2014 ha portato alla squalifica di alcuni giocatori.
La partita incriminata era Bari-Lecce, uno dei derby più sentiti dal tifo organizzato, in cui il risultato (0-2, per la cronaca) aveva arriso ai salentini. Ma quella non fu una partita regolare: la terza sezione penale del Tribunale di Bari, lo scorso 25 novembre, l’ha giudicata “combinata”.

A farne le spese, i soliti noti: i tifosi, gli appassionati, quelli che, con dispendio di tempo, soldi e affetto verso una maglia in poliestere si recano ogni settimana all’interno di uno stadio, confidando nel buon esito della gara per la loro squadra del cuore, ma – soprattutto – dando per scontato che i ventidue in campo si affrontino con leale spirito sportivo e sincero agonismo.

In questo senso, la partita del San Nicola, disputatasi il 15 maggio 2011 nel capoluogo pugliese, ha tradito tutti, persino qualche atleta ignaro della combine, di cui invece era perfettamente a conoscenza Andrea Masiello, all’epoca difensore del Bari, che qualche mese più tardi ha confessato di aver pattuito con i dirigenti del Lecce il pagamento di 300.000 euro per far perdere la propria squadra.
Secondo la corte, un simile tradimento non poteva restare impunito nei confronti proprio di quei tifosi, la cui passione sportiva è stata, forse irrimediabilmente, rovinata.

E’ così che nasce la pronuncia dei giudici baresi, che hanno riconosciuto un diritto al risarcimento di 400 euro – pari a dieci volte il costo medio dei biglietti d’ingresso per quella domenica – ai tifosi di entrambe le squadre, costituitisi parti civile, presenti quel pomeriggio al San Nicola sulla base dell’assunto per cui “l’alterazione della regolarità di una gara sportiva è idonea a cagionare ai tifosi un significativo e non bagatellare pregiudizio, consistente, oltre che nel patimento e nella sofferenza transeunte, nell’aver in qualche modo smarrito i propri valori sportivi e mutato in senso peggiorativo le proprie abitudini di vita: delusione e perdita di fiducia nella correttezza delle partite di calcio e nella lealtà dei calciatori, perdita di interesse e desiderio di coltivare il proprio hobby di seguire la propria squadra di calcio dal vivo, anche in trasferta”.

Anche il malessere provocato da una delusione sportiva, che provoca la compromissione della genuina passione del tifoso, trova dunque dignità giuridica all’interno del sistema.
Nel liquidare l’importo, in via equitativa, il giudicante ha tenuto conto del “notorio fascino, per gli appassionati di sport, della c.d. partita di cartello, e della tradizionale e imperitura contrapposizione sportiva tra le opposte tifoserie delle squadre” e del fatto che “tale circostanza rende immediatamente apprezzabile come la sofferenza nell’apprendere che la partita era stata truccata sia stata ben più grave e profonda di quanto avrebbe potuto esserlo in relazione a qualsiasi altro incontro di calcio della propria squadra del cuore”. In altre parole, il danno è già importante, ma il fatto che si tratti di un incontro di cartello e particolarmente sentito da entrambe le tifoserie lo rende ancora più grave.

Per ricevere il risarcimento, ogni tifoso dovrà dimostrare di essere stato presente quel giorno all’interno dell’impianto sportivo barese, allegando al proprio biglietto o abbonamento, la confessione del calciatore.

La pronuncia, che presta il fianco a ben pochi spunti di critica, costituisce un importante punto di partenza per la lotta alla corruzione nello sport. La speranza è che in futuro, al verificarsi di episodi di questo genere, anche altre corti possano seguire un simile orientamento.

Avv. Carlo Rombolà 
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