I rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale ex l. 280/2003, con particolare riferimento al ruolo dell’Avvocato

Osservazioni a cura del Dott. Guglielmo Dell’Arciprete, intermediario di calciatori.

Il fenomeno sportivo è un ambito giuridico che a volte sottovalutiamo, di cui qualcuno non conosce neanche l’esistenza, eppure rappresenta un tema di grande attualità. Dietro un campo di gioco, infatti, si nasconde una fitta rete di norme, un universo in cui il ruolo dell’Avvocato diviene preminente nella gestione di posizioni giuridiche appartenenti alle singole componenti, siano esse società, atleti o figure professionali prima conosciute come procuratori sportivi, poi agenti FIFA ed ora, a seguito della riforma, intermediari di calciatori. E’un mondo, quello sportivo, particolarmente complesso, insidioso, dotato di norme specifiche che non lasciano spazio all’improvvisazione, un settore in cui convergono interessi economici consistenti e che per questo richiede la presenza di profondi conoscitori del diritto. Se, da un lato, gli atleti fanno sempre più ricorso a legali per dirimere controversie complesse, riguardanti rapporti contrattuali con le rispettive società, sponsorizzazioni, eventuali bonus e premi concordati e diritti di immagine legati ad iniziative per la promozione di prodotti e servizi, le società, dal canto loro, hanno sentito l’esigenza di affidarsi a professionisti in grado di fornire consulenze giuridiche serie e qualificate, che variano dalla semplice presentazione di un ricorso alla rappresentanza in giudizio nei processi sportivi.

Stiamo parlando, dunque, di un vero e proprio ordinamento giuridico. La dottrina, infatti, a seguito di un percorso evolutivo costituito da varie fasi, ha riconosciuto carattere di giuridicità all’ordinamento sportivo, quale sistema dotato di tre requisiti essenziali: 
1) La NORMAZIONE, cioè la presenza di norme che regolano fatti rilevanti all’interno dell’ordinamento; 

2) L’ORGANIZZAZIONE, quindi l’esistenza di apparati specifici volti a dirimere le controversie; 

3) La PLURISOGGETTIVITA’, dunque la presenza di persone fisiche e giuridiche al suo interno. Tale ordinamento si contraddistingue, come già in parte anticipato, per essere dotato di norme specifiche, particolari, spesso derogatorie rispetto a quelle dell’ordinamento statale, e la cui specificità è assicurata da una disciplina che fa registrare nel CODICE DI GIUSTIZIA DEL CONI la sua massima espressione normativa. 

Una volta riscontrata la natura giuridica, risultava necessario verificare quali fossero i rapporti intercorrenti tra l’ordinamento sportivo e quello statale. Si era creata una situazione di elevata conflittualità, in quanto nello sport in generale, soprattutto nel calcio, iniziarono a confluire ingenti interessi economici che ricevevano tutela primaria dall’ordinamento statale. Dunque, i soggetti appartenenti al mondo dello sport presero coscienza del fatto che nessuno status endofederale, quindi nessuna giurisprudenza “domestica”, interna, poteva impedire loro di rivolgersi alla magistratura per la tutela di determinate ragioni, essendo questo un diritto costituzionalmente garantito. Ci troviamo di fronte ad una contraddizione, poiché da un lato viene riconosciuta autonomia normativa all’ordinamento sportivo, capace di autoregolamentarsi mediante specifici apparati, in base al principio di autodichia, dall’altro si afferma il diritto di soggetti e società sportive di invocare la giustizia statale per la salvaguardia dei propri interessi. Incongruenza confermata dalla presenza, all’interno degli Statuti Federali, del cd. VINCOLO DI GIUSTIZIA SPORTIVA, clausola con la quale i tesserati si impegnano ad adire, per la risoluzione di controversie nascenti dall’attività sportiva, gli organi Federali all’uopo costituiti, evitando il rigore della giustizia statale, salva specifica autorizzazione e pena revoca dell’affiliazione. A risolvere questa sorta di dicotomia e regolare i rapporti tra gli ordinamenti è intervenuto il decreto legge 280 del 2003, definito Decreto salva calcio, convertito, con modificazione, nella Legge 280 del medesimo anno. All’art.1 si legge che la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale. Il secondo stabilisce che i rapporti sono sì regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento della Repubblica si situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo. Da ciò si evince che sono riservate all’ordinamento sportivo questioni aventi ad oggetto tre tipologie di giustizia: - la Giustizia Sportiva Tecinica, - la Giustizia Sportiva Disciplinare, - la Giustizia Sportiva Economica.

La giustizia sportiva tecnica è la giustizia di campo e riguarda la singola gara, la performance dell’atleta e si traduce nelle decisioni dell’arbitro.
La giustizia sportiva disciplinare, invece, si occupa di illeciti ed irregolarità relative ai rapporti ed al rispetto dei tre principi cardini del codice di giustizia sportiva, quali lealtà, correttezza e probità. Tipico esempio è la sanzione irrogata al tesserato per il mancato rispetto del Regolamento della Federazione. Sarà, dunque, il giudice sportivo ad infliggere la squalifica ad un atleta, in quanto tale fattispecie ha rilevanza prettamente interna. Nell’ambito della giustizia disciplinare potremmo aprire una breve quanto doverosa parentesi sul concetto di Responsabilità Oggettiva. Questa viene considerata da avvocati ed addetti ai lavori una fattispecie anacronistica, in quanto non riscontrabile in altri settori del diritto, eccezion fatta per la “culpa in vigilando”, aspramente criticata anche dai presidenti delle società sportive, ostaggio di tale particolare forma di responsabilità e per questo costretti a porre a budget ingenti risorse economiche, ma trova fondamento nell’esigenza di assicurare il regolare svolgimento dell’attività sportiva. Se la presenza della responsabilità oggettiva potrebbe scandalizzare qualche giurista dal palato fino, dovremmo considerare altrettanto ingiusti i costi che gravano sullo Stato per la tutela dell’ordine pubblico. Quindi, secondo quando stabilito ex art. 5 CGS, “alle condotte contrarie poste in essere da dirigenti, tesserati e sostenitori consegue la responsabilità delle società che, avvalendosi di benefici economici dei tifosi, che pagano il biglietto per assistere alla gara, devono, del pari, accollarsi il rischio di essere destinatari delle condotte negative (comportamenti discriminatori), a meno che provino l’eccezionalità del fatto.

Infine, terza ed ultima tipologia di giustizia è quella economica, che riguarda le controversie patrimoniali tra società, atleti e, talvolta, leghe e federazioni. Giustizia che può essere devoluta ad arbitri, qualora le parti lo convengano mediante stipula della clausola compromissoria, a giudici ordinari, che in tali circostanze possono e devono intervenire se richiesto, e in via residuale a giudici amministrativi, se si tratta di atti del CONI o di Federazioni non riservate in via esclusiva alla giustizia sportiva. A conclusione del nostro approfondimento va sottolineata la conformità dell’ordinamento sportivo ai principi sanciti dalla costituzione agli art. 3 e 18 in materia di tutela della personalità umana e protezione delle libertà associative.

Guglielmo Dell’Arciprete






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