Come la digitalizzazione e le nuove tecnologie stanno cambiando lo sport. Intervista a Paolo Carito



Lo sviluppo tecnologico e la trasformazione digitale a cui stiamo assistendo hanno prodotto enormi cambiamenti nel mondo dello sport. La grande industria dell’intrattenimento, di cui lo sport fa parte, si trova a intraprendere nuove strade, a prendere decisioni e attuare strategie per ottenere un maggiore coinvolgimento da parte di fan, appassionati, tifosi e soprattutto intercettare nuove fette di pubblico.

Nel libro “Sport, intrattenimento e digitalizzazione: l’enter(sport)ainment come nuovo modello di business”, edito da Franco Angeli, gli autori Paolo Carito e Agostino Piacquadio hanno descritto in maniera esaustiva i cambiamenti in atto nel mondo dello sport business. Il risultato finale è un manuale adatto a tutti gli stakeholder interessati ad approfondire i trend futuri legati alla digitalizzazione e alle innovazioni tecnologiche del settore sportivo. La prefazione è di Fabio Capello con un approccio da dirigente sportivo più che da allenatore.

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Per meglio comprendere tali dinamiche e avere un quadro generale completo abbiamo intervistato Paolo Carito, docente universitario, manager sportivo ed esperto di sport business.

Come nasce l’idea di un libro sull’impatto che le nuove tecnologie stanno avendo nel mondo dello sport?

"Nasce insieme ad Agostino Piacquadio, coautore del libro e grande appassionato di sport, con il quale collaboro da diverso tempo. Dopo l’esperienza dell’Executive Programme in “Innovazione & Trasformazione Digitale nel Management Sportivo” per la Scuola dello Sport del CONI,  ci siamo confrontati e insieme abbiamo pensato alla stesura di un libro, per dare una maggiore completezza al tema. Sin dall’inizio abbiamo pensato a un progetto che potesse diventare un punto di riferimento per tutte le persone interessate a questi argomenti e con una casa editrice importante alle spalle". 

Lo sviluppo tecnologico ha prodotto enormi cambiamenti nella cosiddetta sport industry. Come è cambiato il ruolo del fan/cliente nel corso degli anni?

"Questo è un concetto che viene descritto bene da Fabio Capello nella prefazione del libro. Nel corso degli ultimi quindici o al massimo venti anni il ruolo dei fan o dei semplici appassionati è completamente cambiato. In precedenza, il tifoso era l’ultimo in ordine di importanza nella catena di produzione del valore economico di un club calcistico. Nello specifico la società sportiva puntava tutto sulle performance, ovvero concentrava maggiormente le sue risorse per allestire una squadra importante e competitiva per raggiungere determinati risultati sportivi. Il tifoso che seguiva la squadra gioiva o meno a seconda dell’andamento sportivo. Era dunque un soggetto passivo al quale venivano rivolte le politiche e le attività del club: campagne abbonamenti, attività di ticketing, merchandising e hospitality. I fan subivano queste strategie e si posizionavano al fondo della catena di produzione del valore. Oggi le cose sono cambiate. I tifosi sono sempre più utenti al centro delle strategie commerciali di un club. Si sentono protagonisti in modo diretto delle fortune di una società. Basti pensare ai feedback che lasciano sui social network o alle reazioni che hanno per le notizie di calciomercato. Viene dato molto peso agli umori degli utenti che seguono il club.  Se spostiamo l’attenzione da una singola società a un intero campionato possiamo notare come il business più importante, quello relativo ai diritti audiovisivi, è fortemente condizionato dai clienti/tifosi. Il famoso spezzatino, la suddivisione delle partite di una singola giornata su più giorni, nasce per soddisfare al meglio i bisogni dell’utente". 

Per conoscere a fondo la fan base e poter creare engagement e una miglior fan experience c’è bisogno di acquisire e analizzare a fondo una miriade di dati. Quanto è importante avere una strategia legata all’utilizzo dei dati?

"Oggi quando si parla di trasformazione digitale non si fa riferimento solo ai social network, ai siti internet o agli store online, ma si tratta di un processo molto più complesso in grado di modificare l’approccio in termini di governance, di organizzazione aziendale, di ricavi e profittabilità delle performance sportive. Tutto questo, unito a un cambio di mentalità, e a un processo decisionale prende il nome di data driven, un processo che parte dall’acquisizione e dall’analisi dei dati per arrivare a trasformare quegli stessi dati in scelte strategiche e decisioni al fine di monetizzazione e cogliere le migliori opportunità di mercato. Tutto questo ci fa capire come i dati sono al centro del processo di digitalizzazione.  

Dall’analisi dei dati si possono ricavare informazioni non solo sul tipo di target con cui si entra in contatto, ma anche gli stili di vita e le percezioni degli utenti per poi adattare le strategie di engagement e vendita di merchandising per incrementare ulteriormente i ricavi".

Ma chi si sta muovendo meglio secondo lei nel mondo dello sport nell’utilizzo di una data strategy corretta?

"In Europa ci sono delle leghe calcistiche che già da tempo hanno attivato questo tipo di strategia. Mi riferisco in particolare a paesi come Inghilterra, Spagna e Germania che hanno già implementato tutta una serie di attività e promosso iniziative su scala globale. Poi ci sono anche altri paesi, dell’est Europa e del nord Europa, come ad esempio Olanda, Belgio, Polonia, Ungheria, Danimarca, Svezia e Finlandia dove cresce il livello non solo dal punto di vista sportivo ma anche delle infrastrutture con standard ottimali e anche il processo di digitalizzazione è molto avanzato. In Italia società come il Milan, la Roma, l’Inter e la Juventus in termini di strategie digitali sono un passo avanti alle altre. La Lega Serie A ha avviato un percorso mirato a ridurre il gap con le altre top leghe europee. Il divario è ancora abbastanza netto ma la volontà c’è e inizia ad esserci anche la consapevolezza che le cose devono cambiare. Ci troviamo purtroppo ancora in un mercato autoreferenziale, nel senso che le risorse umane vengono selezionate per conoscenze e non per meritocrazia. Ma si inizia a capire che bisogna cambiare strategia per migliorare la competitività". 

Restiamo nel mondo del calcio. L’elevata concorrenza nel mondo dei media con l’avvento delle piattaforme ott non sembra, almeno per il momento, favorire il calcio italiano perché da anni il valore prodotto Serie A è fermo alla fatidica soglia del miliardo mentre altre leghe viaggiano a ritmi decisamente più alti di crescita. secondo lei oltre al minor appeal sportivo ci sono altre cause?

"L’Italia sconta un grandissimo equivoco. Spesso nel nostro paese si è confusa l’attività di marketing con quella commerciale. Abbiamo preferito ridurre le attività di marketing allo stretto necessario. Ovvero all’acquisizione di sponsorizzazioni. Un modello molto anni 80. Oggi invece ci troviamo in una fase in cui bisogna separare l’attività d marketing da quella commerciale. Il marketing serve a costruire, analizzare e posizionare il prodotto attraverso una strategia multicanale e multipiattaforma. 

Negli anni in Italia si è pensato troppo ad acquisire calciatori per allestire squadre vincenti ma bisognava puntare su una strategia che puntasse sul miglioramento delle infrastrutture sportive, dei servizi, dei centri sportivi di allenamento. Ma soprattutto bisognava lavorare al miglioramento del prodotto calcio da un punto di vista televisivo e puntare sull’internazionalizzazione quando la globalizzazione e la digitalizzazione non erano ancora così diffuse.

Avremmo dovuto costruire attraverso vere attività di marketing sportivo il nostro posizionamento sui mercati internazionali dello sport e del calcio in particolare. Tutto questo non è avvenuto e oggi paghiamo il divario con altri campionati che godono di un maggior appeal. Sono stati bravi a lavorare nei mercati emergenti e puntato moltissimo sull’internazionalizzazione e lo hanno fatto prima di noi. Noi abbiamo festeggiato da poco l’apertura di un ufficio della Lega Serie A a New York e adesso ne apriremo un secondo Ad Abu Dhabi ma la Premier League, la Liga e la Bundesliga hanno già singolarmente 40 uffici sparsi in tutto il mondo. Questi hub servono per mantenere i contatti con le istituzioni locali, le aziende locali e per studiare meglio questi mercati e creare valore aggiunto". 

Nel suo libro si parla di stadi che stanno evolvendo verso un concetto di “tradium”, l’unione delle parole trade e stadium, ma anche di smart arene. Come si colloca l’Italia in questa trasformazione tecnologica degli impianti? A che punto siamo rispetto agli altri paesi?

"Si colloca malissimo. Nelle settimane scorse c’è stato un grido di allarme dell’ad della Lega Serie A che chiedeva al governo una mano per lavorare insieme al miglioramento delle infrastrutture per evitare problemi e limitazioni nella candidatura del nostro paese per i grandi eventi, come ad esempio gli Europei di calcio. Oggi uno stadio non può sopravvivere se al suo interno non vengono sviluppati dei concetti di trading, se non ci sono dei servizi ad elevata innovazione tecnologica. Se non miglioriamo questo aspetto saremmo tagliati fuori dalle candidature per i grandi eventi". 



Lo sport strizza l’occhio al mondo cripto delle monete digitali e degli NFT. Quali le implicazioni e gli scenari futuri? Sono una bolla o un nuovo business?

"Sicuramente sono approcci che vengono da aree geografiche con una mentalità diversa rispetto alla nostra. Anche con una regolamentazione un po’ più snella rispetto alla nostra, ma anche con una visione diversa. Ma quello che è diverso non deve essere ignorato ma è utile per un confronto. 

Con gli NFT parliamo di una forma di linguaggio che si sta diffondendo soprattutto nel mondo dell’arte. Può essere una forma di introito per il futuro non molto lontano ma bisogna capire come evolvere, o meglio come trasformare questa forma di linguaggio dal suo settore principale che è quello dell’arte a quello sportivo. Non basta una foto di un campione, l’immagine di un gol o di un trofeo per renderlo un’opera digitale e renderla una forma di business per il futuro. Bisogna capire bene come queste immagini o queste riproduzioni possano avere impatto nella nostra cultura e come possono diventare oggetti appetibili con un valore economico e adattarsi al nostro modo di vivere e intendere le cose. Per le criptovalute penso che fino a che non vengano sdoganate come vere e proprie monete di pagamento sarà difficile che passano diventare un business del futuro. Rimane un mondo parallelo dove si può accedere e acquistare alcuni prodotti ma comporta delle limitazioni perché le criptovalute non sono accettate ovunque". 

Lo sport come lo conosciamo oggi non sembra piacere alla generazione z. Questo può portare a cambiamenti sostanziali? Cosa possiamo aspettarci per il futuro?

"Non è un mistero che oggi la Generazione Z nella sua grande maggioranza è poco interessata allo sport vissuto in modo tradizionale e che ha una soglia di attenzione per quanto riguarda la visione dei contenuti non superiore a pochi secondi. Per cui oggi facciamo fatica a immaginare che questa generazione, che poi rappresenterà tra qualche anno una generazione di spender, possa praticare e fruire del prodotto sportivo. Se non apportiamo dei cambiamenti oggi, rischiamo di avere gravi problemi più avanti in un arco temporale brevissimo e magari di trovarci con gli sport tradizionali senza praticanti e senza fruitori e che andrà ad esaurirsi con la generazione dei boomers. La GenZ ha un approccio che nasce col gaming. Loro prima giocano le partite di calcio, di basket e di tennis con i videogiochi e poi dopo decidono se praticarlo o vederlo. Se lo sport non va incontro a questi gusti o a questi stili di vita non sarà attrattivo. Cosa possiamo aspettarci per il futuro? Sicuramente andremo incontro ad esperimenti e cambi di regolamenti per render le partite più coinvolgenti, brevi e più intense. Magari con il tempo effettivo e che abbiano una velocità maggiore con diversi capovolgimenti di fronte". 

In pratica una trasposizione di quello che accade nel gaming negli sport tradizionali. 

"Per quanto riguarda il calcio sia la FIFA che la UEFA hanno introdotto in alcuni tornei giovanili delle piccole sperimentazioni che potrebbero diventare be presto anche a veri cambi di regolamenti che vanno proprio in questa direzione per rendere il calcio più veloce e meno scontato che possano rendere incerto il risultato. L’introduzione dei cinque cambi è una modifica sostanziale e rende il calcio più competitivo fino alla fine. Una squadra può cambiare in corsa le partite e questo rende il calcio più interessante e competitivo. Al di là delle polemiche, anche il VAR è un’implementazione importante e volta a portare una maggiore oggettività e inoltre può creare dei momenti suspence durante gli eventi. 

Si stanno valutando tanti altri cambiamenti e ci sono allo studio una serie di modifiche regolamentari per capire se possono avere effetti importanti all’interno del calcio professionistico".

Parliamo di eSports. Anni fa sembrava che il boom asiatico dovesse travolgere l’Europa con arene piene di persone intende ad assistere a tornei di videogiochi. Al momento non sembra così anche se il settore genera crescita e ricavi anno dopo anno. Cosa possiamo aspettarci? 

"Negli eSports i publisher, coloro che creano i software, sono anche i detentori dei diritti di commercializzazione. Cosa che non avviene nello sport tradizionale. Quindi coloro che hanno questi diritti sono aziende di altri continenti. Esse sono in grado di sviluppare il loro business in un mercato che gli garantisce una grossa fetta di pubblico. In Europa c’è un business nell’utilizzo dei videogiochi e nel competere in tornei online ma sono molto pochi gli utenti che partecipano agli eventi dal vivo come succede invece in Asia. Mancano ancora degli organizzatori che possano agli occhi dei publisher creare attrattività". 

Cosa pensa del metaverso? Potrà incidere nel mondo dello sport?

"Assolutamente sì e penso che sia un bellissimo percorso perché apre a scenari completamente nuovi per raggiungere una platea fisicamente lontana. Oggi grazie alla globalizzazione il club può disporre di una fan base in tutte le aree geografiche e può raggiungerli attraverso svariate attività. Ma possono esserci dei limiti per l’accessibilità ad esempio per le partite. Il tifoso di Singapore o di Taiwan non sempre può essere presente fisicamente negli stadi europei. Ma attraverso il metaverso può virtualmente essere presente nei luoghi degli eventi sportivi e scegliersi anche la miglior visuale possibile. 

Questo potrà essere in futuro un modo nuovo per attrarre un numero maggiore di fan".

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