Stadi di proprietà: lo stato attuale in Italia



Le squadre italiane di calcio si stanno adeguando sempre più agli standard europei. Un’internazionalizzazione dettata dalla necessità di rendere il prodotto ancora più fruibile e appetibile, soprattutto per chi lo guarda da fuori.

Certo, non è propriamente un momento facile per il calcio italiano. Le rivelazioni di Fabrizio Corona in cui alcuni giocatori scommetterebbero su portali non legali non pensando a tutta la sicurezza di un casino online che presenta la sigla ADM e, chissà, perfino sul calcio, hanno gettato una ombra fortissima

Ma se qualcosa che si sta muovendo riguarda indubbiamente gli stadi di proprietà. Una tematica in voga anche in Italia, ma ancora poco avallata dalle stesse società. Non sono molte, infatti, le squadre che possono dire di avere un impianto di propria produzione. Anche se rispetto ad altri paesi siamo ancora indietro. Basti pensare che nello stadio del Manchester United c’è la possibilità di usufruire del wi-fi veloce di Extreme Networks.

Quali sono gli stadi di proprietà in Italia?

In Italia la prima società che ha costruito uno stadio tutto suo, senza l’ausilio di comune o altri enti, è stata la Juventus. Il fenomeno Juventus Stadium è nato e si è concretizzato esattamente nel 2011 con la fine dei lavori prestabiliti due anni prima.

Non è un caso se da quel momento in poi il modello sportivo ne ha beneficiato, in particolar modo dal punto di vista tecnico. Solo nell’ultimo decennio si è diffusa l’esigenza, in modo graduale e stentato, di costruire impianti moderni e funzionali alle esigenze del pubblico, ma non solo. Una nuova generazione destinata a sconvolgere gli equilibri nel mondo del calcio.

Dopo la Juve, altre società si sono organizzate in questo senso, come l’Atalanta a Bergamo, il cui Gewiss Stadium è attualmente ancora in fase di modernizzazione. La Dacia Arena di Udine ha sostituito il vecchio e storico stadio Friuli, contribuendone ad un’evoluzione in chiave progressista.

Quanto si guadagna con lo stadio di proprietà?

Lo stadio di proprietà ha un impatto economico di altissimo profilo per una società. Ad oggi i numeri dicono che ne rappresenta più del 10% del fatturato annuo. Numeri destinati a salire ulteriormente se il club di riferimento è particolarmente avvezzo a titoli e grandi prestazioni sul campo.

I ricavi possono oscillare mediamente tra i 30 e i 40 milioni di euro. In Premier League e in altri contesti esteri i costi di un biglietto singolo allo stadio sono particolarmente elevati, ma giustificati da una qualità media di visione e di permanenza accogliente e al top.

Tutto ciò non succede in Italia perché non si è ancora percepita fino in fondo la potenza di guadagno di uno stadio di proprietà. C’è da dire che in tanti casi è la burocrazia a farlo da padrona e a impedire che certi progetti vadano avanti. Ecco perché sono ancora poche le strutture delineate verso questa direzione.

Quali squadre hanno stadio di proprietà?

Nella Serie A 2023/2024 solo 5 squadre possono vantarsi di avere uno stadio di proprietà: Juventus, Atalanta, Sassuolo, Udinese e Frosinone. Quest’ultimo, appena ritornato in massima serie, ha completamente ristrutturato il Benito Stirpe, dandone nuova forma e sostanza a partire dal 2017.

Proprio il presidente ciociaro Maurizio Stirpe ha voluto fortemente quest’opera dopo aver lavorato ad un progetto che ha origini estremamente lontane. Basti pensare che la pianificazione su carta risale addirittura agli anni 70.

Dagli anni 90 in poi si è cercato di ridare nuova linfa a quanto prospettato, ma senza ottenere grandi risultati. Si è dovuto ricorrere ad un finanziamento creditizio per avere la costruzione e la gestione dell’impianto, affidato dal Comune di Frosinone alla società fino al 2061.

Quanto costa costruire uno stadio da 20.000 posti?

Lo stadio di Frosinone può ospitare fino a 16000 spettatori. Il tipico esempio di un campo di calcio che non deve essere necessariamente grande nelle dimensioni, ma adeguato alle esigenze degli spettatori e della stessa città.

Il Benito Stirpe rinnovato è costato circa 20 milioni. Una cifra considerevole per un piccolo club, ma perfettamente rientrante all’interno di una logica di investimenti. Il finanziamento di 8 milioni al Credito italiano ottenuto tra il 2015 e il 2017 ha fatto tutto il resto.

Un successo imprenditoriale che mira ad una logica di sostenibilità valida non solo per la Serie A, ma anche per le categorie inferiori. Tra Serie B e Serie C diverse squadre stanno pensando seriamente di fare ammodernamenti, chi in un senso, chi nell’altro, tenendo d’occhio, in ogni caso, le proprie disponibilità.

Non tutti i club di categorie inferiori hanno la possibilità di sborsare determinate cifre e questo rende il calcio italiano rispetto ad inglesi e tedeschi, ad esempio. Basti pensare che un club di seconda divisione inglese fattura molto di più di un altro di pari livello italiano grazie alle risorse dello stadio di proprietà. Tutt’altro che una casualità. 

Quanto ha speso la Juve per lo stadio?

Lo Juventus Stadium, all’atto della costruzione, è costato più di 150 milioni di euro. Sorge sulle ceneri del vecchio Delle Alpi e vanta una capienza di 40000 spettatori. La Uefa lo fa rientrare nella categoria 4, ovvero in quanto impianto ultramoderno e stilisticamente sopraffino.

Un investimento che all’inizio sembrava non portare agli effetti sperati, ma che, col tempo, è stato ripagato in termini di fiducia e consensi. Merito anche della squadra che ha saputo riprendere il filo con i fasti di un tempo e ottenere risultati vincenti, soprattutto in Italia.

La correlazione tra crescita tecnica e del brand Juve e sviluppo unitario dello Stadium non è poi così azzardata. Esiste eccome. Dal 2011 in poi la Juventus, dopo un periodo di appannamento sul piano delle prestazioni, è tornata ai livelli che le competono, non solo grazie alla maggiore vicinanza del pubblico rispetto al campo.

Un aspetto incisivo, ma che non giustifica totalmente il progresso in questo senso. I bianconeri si sono sempre posti come apripista di un certo modo di fare imprenditoria calcistica e impresa sul piano gestionale. 

L’obiettivo del calcio italiano è fare in modo da fornire gli strumenti adatti e minimi alle altre società per potersi permettere di costruire uno stadio di proprietà. Un compito assolutamente non semplice, se si considerano le limitate risorse e una burocrazia lenta e macchinosa. 

La politica in questo senso può fornire una grossa mano, cercando di sburocratizzare certe pratiche e renderle più snelle. Il calcio italiano si pone questa missione per i prossimi anni, ma gli ostacoli sono tutt’altro che arginabili, almeno in tempi brevi.


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