Come si dividono i diritti TV in Premier League e perché batte le altre leghe europee
La Premier League è l’ecosistema calcistico che monetizza meglio al mondo i diritti audiovisivi. Il nuovo accordo domestico ha confermato Sky e TNT Sports come broadcaster principali per il ciclo 2025–2029, con un valore complessivo di 6,7 miliardi di sterline: è il più grande accordo nazionale mai siglato nel calcio europeo e aumenta anche il numero di gare trasmesse live nel Regno Unito. A questo flusso si sommano i diritti internazionali, che negli ultimi cicli hanno superato in valore i diritti domestici, consolidando il primato globale del campionato inglese.
La formula inglese: equità, performance e “visibilità”
La Premier League vende i diritti centralmente e ripartisce i proventi ai club attraverso tre pilastri per la quota domestica:
- 50 % in parti uguali (“equal share”)
- 25 % in base al posizionamento finale (“merit payment”)
- 25 % in base a quante volte il club è stato scelto per la diretta TV nel Regno Unito (“facility fees”)
I proventi commerciali centrali sono suddivisi in parti uguali. Per i diritti internazionali, la ripartizione prevede che il “valore di base” sia distribuito ugualmente tra i club, mentre gli incrementi rispetto al ciclo precedente vengano distribuiti in proporzione alla posizione in classifica, con un tetto alla forbice tra il club che incassa maggiormente e quello che incassa di meno (rapporto massimo 1,8:1). Questo meccanismo premia i risultati senza demolire la competitività. Di conseguenza, in Premier League risultati sul campo equivalgono a risultati fuori dal rettangolo di gioco e viceversa.
Quanto incassa davvero un club di Premier League
Per fare degli esempi, gli importi 2023/24 mostrano che ciascun club ha ricevuto circa 31,2 milioni di sterline come quota uguale domestica e circa 55,7 milioni come “equal share” internazionale, oltre a circa 8,2 milioni dalla quota commerciale centrale. Le differenze nascono dalle componenti “merit” e “facility”: il campione Manchester City ha incassato circa 175,9 milioni complessivi, mentre il totale distribuito ai 20 club è stato pari a circa 2,85 miliardi.
La certezza di un minimo elevato (la quota uguale) e la presenza di una parte variabile legata a risultati e alla visibilità televisiva rendono il modello inglese al tempo stesso prevedibile e meritocratico.
Questa architettura incide anche sul calendario delle partite di premier league e sulla copertura: più un club è “appetibile” per le emittenti, maggiore è la probabilità di finire tra le gare selezionate e quindi di ottenere maggiori facility fees.
Perché il valore cresce: l’effetto estero
Già nel ciclo 2022–2025 i diritti internazionali hanno superato quelli domestici, con un effetto moltiplicatore sui ricavi dei club e sulla capacità della lega di reinvestire nell’intero sistema calcistico inglese. Il nuovo accordo 2025–2029 conferma l’appeal interno, ma è l’audience globale a spingere il differenziale rispetto alle altre leghe europee.
Il confronto con le altre grandi leghe europee
LaLiga (Spagna)
La vendita è centralizzata. La ripartizione combina una quota uguale con componenti legate ai risultati sportivi pluriennali e al cosiddetto “radicamento sociale” (audience/affluenza), riducendo la dipendenza dal posizionamento stagionale. Per il ciclo 2022–2027, il pacchetto è stato assegnato a Movistar e DAZN per 4,95 miliardi di euro complessivi (circa 990 milioni all’anno).
Serie A (Italia)
Il modello normativo prevede:
- 50 % in parti uguali
- 30 % legato ai risultati sportivi
- 20 % su criteri di bacino o “radicamento sociale”
Per i diritti 2024–2029, i club hanno approvato le offerte di DAZN e Sky per almeno 4,5 miliardi di euro totali (circa 900 milioni/anno). Il punto critico resta la crescita dei diritti internazionali, che restano ancora ben distanti dai livelli inglesi.
Bundesliga (Germania)
La DFL ha fissato per il periodo 2025/26–2028/29 ricavi nazionali medi pari a 1,121 miliardi di euro a stagione. La distribuzione segue un modello a quattro pilastri:
- quota base
- performance
- sviluppo giovani
- attrattività
L’obiettivo è bilanciare meritocrazia e solidarietà nei due massimi livelli del calcio tedesco.
Ligue 1 (Francia)
Dopo una stagione 2024/25 problematica, la lega ha creato il canale diretto “Ligue 1+” in modalità DTC, combinando streaming e accordi con distributori tradizionali. Il nuovo assetto, con un solo match settimanale affidato a broadcaster esterni, presenta ricavi più incerti e inferiori ai picchi degli anni precedenti, segno che il mercato domestico fatica a sostenere i costi.
Il confronto mostra almeno due tendenze fondamentali:
- La Premier League oggi incassa, all’estero, più di quanto molte leghe incassino in patria.
- La struttura inglese mantiene una consistente quota uguale (equal share), mitigando squilibri, pur premiando i club più performanti.
In altre parole: la domanda internazionale, unita a un modello trasparente e resiliente, consente alla Premier di conservare un vantaggio strutturale che le altre leghe faticano a colmare.
Effetti competitivi e prospettive future
Nel medio-lungo termine, la combinazione fra una componente fissa elevata e una variabile legata alla performance incentiva investimenti diffusi (stadium, youth academy, staff) e sostiene un certo equilibrio competitivo. Tuttavia, l’introduzione della quota legata agli incrementi internazionali tende ad ampliare il divario tra club d’élite e club minori: è un compromesso accettato perché riflette il peso dello spettacolo globale senza rinunciare a forme di mutualismo.
Sul fronte regolatorio, il dibattito in Europa verte su limiti di spesa, governance finanziaria e meccanismi di solidarietà. I broadcaster sperimentano modelli ibridi (pay TV tradizionale, streaming, piattaforme direct to consumer), in un contesto in cui il valore internazionale rimane il moltiplicatore decisivo.
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