Calcio femminile: in Europa stadi pieni ma in Italia il movimento stenta a decollare

Tra speranze di sviluppo e problemi consolidati, riparte sabato 22 settembre la nuova stagione della Serie A di calcio femminile. In questa settimana di vigilia si è costituita a Firenze l’Associazione dei Presidenti delle società di calcio femminile italiano (AICF), con l’intento di dare una scossa a tutto il movimento e premere sulle istituzioni calcistiche italiane, affinché si adoperino per risolvere quei problemi che da anni frenano lo sviluppo del calcio femminile in Italia.
I Mondiali di calcio, che si sono disputati lo scorso anno in Germania, e le recenti Olimpiadi di Londra hanno testimoniato l’eccezionale seguito che il calcio in rosa riscuote nel mondo. Questo scenario cambia invece completamente in Italia, dove il calcio femminile è ancora relegato ai margini, con una scarsissima visibilità da parte dei media e una mancanza di progettualità da parte della Federcalcio e della Lega Nazionale Dilettanti, che possa far intravedere margini di crescita. In diverse regioni d’Italia mancano le strutture o i fondi per realizzarle, e la poca visibilità che il calco femminile ottiene nel nostro paese non consente certo a società e sponsor di investire con progetti a medio e lungo termine.
A tutto questo poi si aggiungono problematiche di tipo culturale e sociale che pongono limiti al calcio di base. La tendenza a considerare il calcio uno sport prettamente maschile è ancora troppo radicata nel tessuto sociale italiano. Occorre portare avanti politiche di sensibilizzazione nelle scuole, dove le bambine si avvicinano per la prima volta al mondo dello sport, e dare la possibilità a tutte di poter praticare attività calcistica senza nessun pregiudizio o limiti di natura fisica o psicologica.

All’estero la situazione è ben diversa e non è un caso se le nazionali femminili più forti, sono anche quelle dei paesi in cui la partecipazione delle donne al lavoro è più alta. Nei paesi del Nord Europa l’attenzione che viene data al calcio femminile è elevatissima. Televisioni, giornali e internet garantiscono un’ampia copertura e il seguito di pubblico negli stadi è notevole. In Germania il numero delle tesserate ha raggiunto il milione, in Canada sono 350 mila, in Francia 90 mila, in Inghilterra 80 mila, per non parlare degli Stati Uniti dove le ragazze che giocano a calcio sono più di 15 milioni. In Italia le sole atlete tesserate con la FIGC sono appena 11 mila; si raggiungono le 23 mila unità se aggiungiamo il settore giovanile e scolastico e gli enti di promozione sportiva.

Per renderci meglio conto delle realtà che ci sono all’estero e delle differenze con l’Italia, riportiamo di seguito le esperienze vissute da tre calciatrici, che hanno giocato in diversi campionati europei e che ora militano tra le file del Bardolino Verona*

Dayane da Rocha di nazionalità brasiliana, ha giocato nella Superliga spagnola con le squadre dello Sporting Club Huelva e del Puebla de la Calzada, in Francia indossando la prestigiosa maglia dell’Olympique Lyon, ed in Brasile con il Novo Mundo. Alla domanda sulle differenze tra il panorama calcistico femminile italiano e quello spagnolo e francese ha così risposto: “In Spagna ed in Francia il gioco è più rapido e più tecnico, anche grazie al tipo di arbitraggio, molto più propenso a far proseguire le azioni”. Sull’attenzione di sponsor e media nei confronti del calcio femminile: “Direi che il seguito in Spagna è più o meno come qui in Italia,
con qualche sponsor in più. In Francia invece c’è molta più attenzione verso il calcio femminile, pensa che esiste un canale televisivo, a Lione, in cui parlano di entrambe le squadre della città, maschile e femminile”. Parlando dell’aspetto economico: “in Francia sono messi meglio,d’altronde là il calcio femminile è uno sport professionistico, c’è più seguito e più sponsor. Al Lione le strutture sono eccelse, c’è molta cura per le giocatrici, le quali vengono seguite in ogni cosa di cui hanno bisogno. Le bambine vengono allenate con estrema attenzione e professionalità. C’è grande costanza e serietà in tutto quello che fanno”.

Maria Karlsson svedese ha militato nel campionato di serie A svedese e nel campionato semi-pro inglese. “Il campionato Svedese è molto equilibrato, non ci sono grandissime differenze fra le squadre in testa alla classifica rispetto a quelle che stanno nelle ultime posizioni. In Italia invece il dislivello fra le squadre che si trovano agli estremi opposti della classifica è notevole”. Sulla visibilità a livello mediatico e sugli sponsor: “I media svedesi seguono tantissimo il calcio femminile, forse perché regala più soddisfazioni di quello maschile, soprattutto in ambito internazionale. Il campionato femminile in Svezia esiste da 30 anni e quindi può vantare una storia e una visibilità importante. In Inghilterra esiste un campionato molto giovane che sta cercando di attirare sponsor al fine di guadagnare maggiore considerazione dai vari media”. In merito alla presenze negli stadi: “In Svezia c’è un buon seguito di pubblico. Mediamente sono 1000 spettatori a partita ma ho giocato anche con 9000 persone sugli spalti. In Inghilterra ci sono numeri più bassi, siamo attorno ai 500/600 tifosi ad ogni incontro”. Parlando di sviluppo del settore giovanile, emerge come il paese scandinavo sia molto attento alla formazione delle giovani calciatrici: “ In Svezia si lavora molto sui giovani, ci sono molti livelli di preparazione per arrivare a diventare professionista. Ci sono ottimi allenatori ed un settore giovanile ben organizzato”

Infine Carolina Pini, italiana classe 1988 ha giocato in Bundesliga con la maglia del Bayern Monaco dal 2007 al 2011: “In Germania quasi tutte le società femminili sono parte integrante delle squadre maschili. Questo
aspetto permette di lavorare con materiale ottimale, di avere a disposizione senza costi campi, palestre, pullman ecc. Altra differenza significativa è la mentalità delle giocatrici; impressionante il professionismo che c’è, la cura del proprio corpo, le motivazioni. Faccio un esempio: al Bayern ci allenavamo 7 volte in 5 giorni. Alcune mie compagne che facevano parte delle nazionali minori tedesche, per migliorarsi e puntare alla nazionale maggiore, tra una pausa pranzo e l’altra, tra una lezione all’università e l’altra, andavano in palestra ad allenarsi”. Sull’esposizione mediatica del calcio femminile: “In Germania i media trattano le calciatrici come vere e proprie professioniste. Pensare che poco prima dei mondiali le giocatrici venivano fotografate dai “paparazzi” nella loro vita privata e ogni giorno si leggeva qualche gossip. Con il mondiale dell’anno scorso poi, c’è stato un vero e proprio boom mediatico. Ogni pubblicità televisiva aveva come soggetto qualche ragazza della nazionale tedesca, nelle città erano appesi immensi cartelloni pubblicitari, sui giornali non si faceva altro che scrivere di questo evento. E non a caso, c’è stato quasi sempre il tutto esaurito in ogni partita giocata.” Proprio sulla presenza negli stadi, Carolina Pini puntualizza: “In Bundesliga si oscilla tra i 500 spettatori di piccole società ai 5000 dei big match. Ci sono poi stadi in cui si ha sempre una media non inferiore ai 1500 spettatori come può esser la piazza di Francoforte”. Sulle risorse economiche dei club e sugli sponsor: “In Germania con il fatto che le squadre maschili abbiamo il settore femminile, non si pone il problema sponsor. E’ però anche vero che le squadre più forti del femminile, Francoforte e Potsdam su tutte, sono società solo ed esclusivamente femminili e quindi hanno bisogno di sponsorizzazioni. Va detto che proprio queste squadre riescono a dare di più a livello economico perché vivono delle proprie risorse e non sono vincolati. Il Francoforte da ormai un decennio è la squadra tedesca più ricca e continua a trovare e avere abbondanza di sponsor”.

Da anni L’UEFA, il massimo organo calcistico europeo, porta avanti progetti di sviluppo per aiutare le federazioni nazionali a migliorare le proprie infrastrutture dentro e fuori dal campo e permettere a tutte le ragazze di poter praticare l’attività calcistica in qualunque nazione europea esse si trovino.
Nell'ambito del programma di solidarietà HatTrick,sempre l’UEFA ha deciso di concedere dei fondi per finanziare la crescita del calcio femminile nelle 53 federazioni affiliate. Complessivamente sono stati stanziati 23,6 milioni di euro, da distribuire alle federazioni dal 2012 al 2016. Si tratta di un segnale forte e di un’iniziativa lodevole; inoltre il calcio femminile è una delle aree principali dell'innovativo Programma per Gruppi di Studio UEFA, nel quale le federazioni condividono informazioni tecniche e competenze attraverso una serie di visite reciproche per seminari e discussioni.

Tutti gli aspetti che limitano lo sviluppo in Italia, sono spesso legati fra loro. La scarsa esposizione mediatica allontana gli sponsor che non vedono nel calcio femminile un investimento che possa generare valore, vengono di conseguenza a mancare fondi e risorse per aumentare il livello tecnico delle squadre permettendo loro un salto di qualità per passare dal puro dilettantismo a una forma di semi-professionismo. Bisogna infatti considerare che molte ragazze, arrivate a una certa età, non riescono più a conciliare l’attività sportiva con quella dello studio o con gli impegni lavorativi e si vedono costrette a smettere di giocare.

La soluzione ai tanti problemi che affliggono oggi il calcio femminile può arrivare da una svolta epocale. Aprire le porte delle società di calcio maschili alle ragazze! Avere una compagine femminile, con un intero settore giovanile, all’interno dei club maschili, apporterebbe enormi vantaggi a tutto il movimento. Attraverso l’immensa popolarità che il calcio maschile riscuote in Italia, si riuscirebbe ad attirare migliaia e migliaia di persone e si verrebbe a creare un campionato femminile di primissimo livello, dando così la possibilità ai club nostrani di competere con le più blasonate squadre europee.
L’impatto economico e finanziario per le grandi società di calcio come la Juventus, l’Inter, il Milan sarebbe irrisorio. In media i costi operativi delle tre big del calcio maschile superano i 200 milioni di euro. Se pensiamo che tenere in piedi una società sportiva dilettantistica di calcio femminile costa all’anno dai 200 ai 400 mila euro, l’esborso per gestire una squadra femminile, peserebbe per lo 0,2% sul bilancio; senza dimenticare i vantaggi che possono scaturire dall’effettuare delle sinergie con i settori giovanili delle società maschili per quanto riguarda gli impianti, le strutture, le attrezzature e l’abbigliamento tecnico.

In attesa di una vera e propria svolta che possa far uscire dall’ombra il movimento calcistico femminile, dandogli la possibilità di crescere e competere sia in Europa che nel mondo, è bene sottolineare che, nonostante tutte le difficoltà del caso, in Italia ci sono società che con tanti sforzi e sacrifici portano avanti progetti ambiziosi. Associazioni sportive dilettantistiche che grazie alla passione di presidenti e dirigenti fanno di tutto per permettere a tante ragazze di giocare a calcio e di sognare di diventare un giorno campionesse olimpiche o mondiali. Un plauso va a queste persone e a tutte le ragazze che con impegno e sacrificio continuano a far crescere questo sport e a crederci fino in fondo.

Giuseppe Berardi
*Le Gialloblu Magazine – Rivista ufficiale del Bardolino Verona Calcio Femminile.

Nessun commento