L’asset “calciatori”: una rappresentazione contabile “calzante”.

L’enfasi posta sulla rilevazione contabile del diritto pluriennale alle prestazioni del calciatore vuole richiamare l’attenzione del lettore su un passaggio fondamentale a cui sono chiamate le società di calcio. Difatti, gli stringenti requisiti del Fair Play Finanziario pongono le società di calcio di fronte alla necessità di implementare le proprie funzioni di Amministrazione e Controllo al fine di redigere un’informativa di bilancio che sia chiara, veritiera, comprensibile al proprio interlocutore.

Finora, le società di calcio hanno visto alla redazione del bilancio d’esercizio come ad un obbligo imposto dalla legge principalmente dovuto alla quantificazione dei versamenti tributari e previdenziali che si richiedono nell’ambito della gestione di una qualsiasi attività.
Scende in campo l’UEFA, si volta pagina: maggiore attenzione all’informativa di bilancio, specialmente quella sostanziale, che ci fa capire se una società di calcio sta creando oppure distruggendo ricchezza. Sembrerebbe quasi che il Fair Play Finanziario voglia anticipare la svolta epocale richiesta al mondo del calcio, ossia la necessità di “comportarsi” come ogni altra attività aziendale il cui fine è la produzione di un reddito. Difatti, l’UEFA rappresenta ad oggi quel portatore di interesse che fino ad oggi è mancato nei club abituati ad essere gestiti con proprietà familiare e senza dover dar conto al mercato delle proprie scelte.
Tuttavia, bisogna ricordare che un momento ritenuto altrettanto importante in passato è stato la quotazione in borsa della SS Lazio, AS Roma ed FC Juventus. In quegli anni si pensava di poter sfruttare l’andamento positivo dell’intero sistema per incrementare la ricchezza delle società di calcio. Ad oggi la scelta fatta nel decennio scorso ha prodotto risultati che vanno aldilà di qualsiasi previsione negativa. Oggi negoziare il proprio titolo a -80% dell’IPO fa indubbiamente pensare: quali sono stati i criteri di valutazione adottati per arrivare a una quotazione così distante dalla realtà?
In effetti, i problemi di quotazione di una società di calcio sono molteplici, legati anche a fattori che esulano dalla dimensione del business, per esempio dovuti alla scarsa densità di contrattazioni nel nostro mercato di Borsa. Quel che si vuole sottolineare in questa sede è uno dei tanti aspetti che ha decisamente influito sui risultati delle società quotate: la redazione del bilancio d’esercizio.
Prendiamo una società di calcio e guardiamoci dentro: cosa troviamo? Spesso oltre ai valori sportivi e sociali, queste spa si presentano molto fragili nella struttura. Il titolo di proprietà delle strutture sportive non è sempre detto che sia in capo alla società sportiva, specialmente se consideriamo il panorama italiano e la Legge Crimi che stenta a decollare.
Pertanto, i valori contabili che andiamo ad osservare sono principalmente i diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori. Questa categoria di immobilizzazioni condivide alcune caratteristiche con quella delle Concessioni. Il diritto pluriennale è legato alla durata del contratto di lavoro che il calciatore sottoscrive con la società di calcio. Rispetto ad altre categorie di immobilizzazioni, i diritti alle prestazioni dei calciatori sono soggetti ad una costante fluttuazione del valore di mercato. Il raggiungimento di particolari obiettivi sportivi personali e/o di squadra, gli infortuni subiti nella stagione, l’affiancamento di sponsor all’immagine del calciatore sono tutti fattori che incidono sulla valutazione del diritto. In bilancio, tali aspetti vengono considerati in sede di acquisizione del diritto alle prestazioni del calciatore ed eventualmente in via prudenziale per le svalutazioni dovute a perdite durevoli di valore.

Perciò, tornando alle nostre società di calcio quotate, cosa troviamo all’interno del bilancio d’esercizio? Il “parco calciatori” comprende anche nomi altisonanti, ma gli asset sottostanti sono soggetti ad un rapido ammortamento (max 5 anni, salvo eventuali revisioni del piano). Questo fatto incide sulla rappresentazione contabile dei principali asset delle società di calcio. Difatti, il valore netto contabile dopo i primi anni di ammortamento di calciatori può risultare di gran lunga più basso del valore di mercato. Tuttavia, ciò non vuol dire che l’ammortamento costituisca un “deterrente” verso la rappresentazione contabile veritiera e corretta del diritto.
Si considerino le seguenti formule alla base della determinazione di un piano di ammortamento:

(1) VALORE NETTO CONTABILE = VALORE DA AMMORTIZZARE – FONDO AMMORTAMENTO
(2) VALORE DA AMMORTIZZARE = VALORE DI ACQUISIZIONE DEL DIRITTO – VALORE RESIDUO

Tali formule sono applicate nelle società di calcio appaiono fallire clamorosamente la propria mission. Difatti, pensare che in bilancio si possa rappresentare solamente il valore netto contabile del diritto acquisito mentre sul mercato si evidenzia un apprezzamento del calciatore sempre più consistente comporta indubbiamente una informativa distorta verso i portatori d’interesse della società di calcio.
Eppure, come evidenziato pocanzi, la formula (1) è chiara e vale per tutte le attività aziendali. Quindi, il problema per le società di calcio è forse nella formula (2)?

Anche qui, pochi dubbi, il valore di acquisizione del diritto è il corrispettivo da versare alla società sportiva cedente per assicurarsi le prestazioni del calciatore. Il valore residuo, invece, è pari a zero, in quanto al termine del contratto, il calciatore che non rinnova con la società di appartenenza si libera dal contratto ed ha la possibilità di sottoscrivere autonomamente un nuovo contratto con altra società sportiva.

Sembrerebbe allora che si è parlato sinora di poco e nulla. Tutto corretto, senza dubbi. Ma quella sottolineatura sul valore residuo non è stata casualmente proposta. Sebbene al termine del contratto il valore netto contabile del diritto per la società che detiene il cartellino del calciatore è pari a zero, lo stesso non si può dire del valore di mercato. Qualcuno potrebbe dire che l’affermazione è fin troppo ovvia, difatti un qualsiasi bene sul mercato può avere comunque un valore irrisorio ma pur sempre superiore a zero. L’obiezione in questa fattispecie e che non stiamo parlando solamente di valori irrisori, anzi molto spesso si tratta di valori che eccedono notevolmente anche il costo storico dell’immobilizzazione.
Questo passaggio è molto importante ai fini delle considerazioni finora svolte perché ci chiarisce qual è il tassello mancante nella rappresentazione veritiera e corretta del bilancio di una società di calcio: si tratta della valorizzazione dei diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori in sede di valutazioni successive all’acquisizione iniziale. Difatti, l’utilizzo del costo storico può risultare non appropriato laddove l’utilizzo del criterio alternativo del fair value permetta di garantire una maggiore attendibilità del bilancio.

Il dibattito è aperto: affinché si possa affermare che il fair value possa costituire in futuro una rappresentazione “calzante” per la rilevazione dei diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori bisogna rispondere a molti interrogativi. Alcuni sono già qui proposti:
Come misurare il fair value? Qual è la nostra CGU ? Come implementare le funzioni di Amministrazione e Controllo ? Quale vantaggio per i portatori di interesse (investitori, organizzazioni sportive) ? Quale vantaggio per gli azionisti della società ?

Fabrizio Versiero

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