Ricavi da stadi e naming rights: Si allunga il divario tra l’Italia le big d’Europa
Dopo l’eliminazione della Juventus dalla Champions League sono tutti concordi nell’affermare che il calcio italiano è meno competitivo di quello spagnolo, inglese e tedesco. In tanti hanno posto l’accento non sull’aspetto tecnico e sportivo, bensì sulla forza economica-finanziaria dei top club europei. Tale forza permette oggi al Bayern, al Real Madrid, al Barcellona, al Manchester United, di poter disporre di importanti risorse per acquistare calciatori di primissimo livello.
Il DG della società bianconera, Marotta, ha indicato nella mancanza di impianti di proprietà dei club, il fattore principale del declino del calcio italiano.
SBM si era occupato tempo fa di stadi, evidenziando l’importanza degli impianti di proprietà nell’economia di un club calcistico.
La situazione stadi in Italia è alquanto critica, la tanto attesa legge per favorire la costruzione di impianti di proprietà si è sgretolata in Parlamento come i recenti governi. Se non fosse per alcune società che, sull’esempio della Juventus, si stanno muovendo da sole, la Serie A sarebbe ferma al palo.
Il Report Calcio 2013, recentemente pubblicato dalla FIGC in collaborazione con Arel e PricewaterhouseCoopers, ha evidenziato il divario che si è creato tra la Serie A e le altre principali leghe europee, in merito ai ricavi derivanti da “matchdays” e sfruttamento ai fini commerciali degli impianti di proprietà. In media una società spagnola incassa al botteghino il 32% dei suoi ricavi totali, in Inghilterra il 23%, in Germania il 21%, mentre in Italia la percentuale è solo dell’11%.
Fonte: Report Calcio 2013
Rispetto all’Italia, in Inghilterra e Spagna il costo medio dei biglietti per assistere alle gare è più alto, ma da noi, pur avendo un prezzo medio più basso, il tasso di riempimento degli stadi è solo del 55%, contro il 93% della Bundesliga, il 92% della Premier League e il 78% della Liga.
Fonte: Report Calcio 2013
La mancanza di stadi di proprietà non permette lo sviluppo di forme di sponsorizzazione atipiche come quelle dei naming rights. Per una società di calcio, proprietaria dell’impianto, la vendita dei naming rappresenta un’importante e crescente forma di redditività, consistente e durevole. I contratti di titolazione hanno solitamente durate pluriennali e le risorse generabili possono essere destinate a sostenere virtuosamente i costi, la redditività e soprattutto gli investimenti per migliorare la competitività del club.
Per lo sponsor invece l’acquisto dei naming rights di uno stadio rappresenta un’importante e innovativa opportunità per potenziare le proprie capacità di comunicazione con il pubblico.
Secondo gli esperti del settore, a parità di investimento e budget, un contratto di naming garantisce più contatti, maggiore valorizzazione del marchio e un ricordo da parte dei consumatori/tifosi superiore ad una normale sponsorizzazione di maglia.
Anche se, per ottenere maggiori vantaggi da una sponsorizzazione di naming rights, non basta limitarsi ad acquisire la titolazione dell’impianto, ma diventa fondamentale creare un piano specifico per delineare i principi guida delle proprie attività di sponsorizzazione e naming in linea con gli obiettivi di mercato di lungo periodo.
Secondo un’indagine di Sponsorship Today, il valore globale del mercato dei naming rights è di 750 milioni dollari l’anno. Il report ha esaminato i dati per paese, sport e settore di sponsorizzazione , elencando cifre, stime e durata, per un totale di 548 accordi globali.
Più della metà di questi accordi sono stati siglati negli Stati Uniti per un valore di oltre 400 mila dollari all’anno. In termini di valore la Gran Bretagna si colloca al secondo posto e al terzo la Germania, anche se quest’ultima può vantare un maggior numero di accordi rispetto ai britannici. Gli sport con i “deal” di maggior valore sono il football americano e il basket. Il calcio rappresenta meno di un quarto del valore globale, anche se la partnership più virtuosa è quella tra il Manchester City e la compagnia aerea Etihad.
Tuttavia, uno dei risultati interessanti del report è la relativa assenza di grandi sponsor globali. Simon Rines di Sponsorship Today ha dichiarato: “Se si analizzano i dati non si trovano molti accordi con grandi aziende del calibro di Visa, McDonald, Coca-Cola, Hyundai, MasterCard, Samsung, Adidas e Sony. Sono presenti alcuni grandi brand come Emirates, Barclays e Ford, ma nel complesso i contratti di naming rights tendono ad essere stipulati da partner nazionali o locali”.
I brand che investono maggiormente in forme di sponsorizzazioni che prevedono la titolazione di infrastrutture, operano prevalentemente nei settori dei servizi finanziari, delle telecomunicazioni, dell’automotive e del trasporto aereo.
Il mercato italiano ai fini dell’elaborazione del report di Sponsorship Today, non è stato preso in considerazione, ma del resto l’unico stadio di proprietà di un club che ha ceduto i diritti per la titolazione, dopo più di un anno e mezzo dalla sua inaugurazione, non porta ancora il nome di uno sponsor.
Sportfive, appartenente a Gruppo Legardère Sports, titolare dei naming rights dell’impianto bianconero, non è ancora riuscita a trovare un title sponsor.
Le cause possono essere diverse, si va dalla mancanza di interlocutori di spessore, grandi aziende pronte a investire su questa particolare forma di sponsorizzazione, all’inesperienza di manager nell’operare in un mercato, quello dei naming, ancora tutto da sviluppare nel nostro paese. Senza trascurare anche un eccesivo ottimismo da parte di Sportfive nel pensare di ripetere nel mercato italiano, quanto di buono fatto in Germania.
Infine non bisogna dimenticare che lo sviluppo iniziale del mercato tedesco è avvenuto in un periodo per l’economia europea e mondiale molto diverso da quello attuale.
Giuseppe Berardi
Post a Comment