Legge stadi: la nuova puntata di una storia infinita

Nemmeno un mese fa scrivevamo che la tanto sospirata normativa sugli stadi era sul punto di essere approvata (rectius: inserita sotto forma di emendamento all’interno della Legge di Stabilità per il 2014).
La proposta, di cui abbiamo dato conto infra, era tesa a consentire l’edificazione, nelle aree attigue agli impianti sportivi, di centri commerciali e residenziali.
Secondo i commentatori più lungimiranti, una norma così intesa avrebbe potuto dar luogo a fenomeni di speculazione edilizia, un ennesimo scandalo di cui il Paese non ha certo bisogno.
D’altro canto, una legge che favorisca, a vantaggio dei club sportivi, la costruzione di impianti di proprietà, è un bisogno improcrastinabile, per motivi sia economici che di opportunità.
E’ noto a tutti, infatti, che il gap da colmare con le maggiori potenze sportive europee è dato dalla mancanza di una normativa che permetta alle società sportive di aumentare i loro ricavi per tramite dello sfruttamento economico degli impianti, che - allo stato - sono, nel migliore dei casi, obsoleti, nel peggiore, non a norma.
Nell’ultimo mese, si diceva, fra polemiche e controproposte, si è arrivati ad una conclusione, che, anche se, come tutte le cose, perfettibile, ha il pregio di aver contemperato le esigenze primarie delle parti in causa, glissando sui punti controversi, che potranno sempre essere discussi (e ridisegnati) in un futuro prossimo.
Della prima proposta resta ferma la previsione di un Fondo di garanzia gestito dall’Istituto per il credito sportivo, pensato per “favorire l’ammodernamento o la costruzione di impianti sportivi, con particolare riguardo alla sicurezza degli impianti e degli spettatori, attraverso la semplificazione delle procedure amministrative e la previsione di modalità innovative di finanziamento”.

Per richiedere il contributo del Fondo di garanzia, i club dovranno presentare al Comune interessato uno studio di fattibilità in qualità di progetto preliminare, corredato da un piano economico-finanziario.
La vera novità rispetto alle previsioni novembrine è quella di aver eliminato la possibilità, per i soggetti che intendono realizzare gli impianti sportivi, di inserire “altri tipi di intervento (leggasi: centri commerciali ed abitativi) se non quelli strettamente funzionali alla fruibilità dell’impianto ed al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa e concorrenti alla valorizzazione in termini sociali, occupazionali ed economici del territorio e comunque con esclusione della realizzazione di nuovi complessi di edilizia residenziale”.

Il legislatore, dunque, ce lo dice a più riprese: prima, quando fa generico riferimento ad “altri tipi di intervento ulteriori e non strettamente funzionali alla fruibilità degli impianti sportivi”; poi, quando esclude a chiare lettere la realizzazione di nuovi complessi residenziali.
Questa modifica alla lettera dell’emendamento ha il pregio di aver semplificato l’iter di approvazione del contenuto della legge, pur sacrificando gli interessi degli imprenditori edili, che si sono visti privare di una evidente opportunità di guadagno ulteriore.
Tuttavia, accanto a queste modifiche di maggiore rilevanza, per così dire, mediatica, non sarebbe corretto ignorare che la normativa così come redatta rappresenta un sicuro incentivo alla realizzazione di nuovi impianti, sia dal punto di vista economico che da quello procedurale.
Basti pensare che il Comune, previa conferenza di servizi preliminare convocata su istanza dell’interessato in ordine allo studio di fattibilità, ove ne valutasse positivamente la rispondenza, avrà 90 giorni per dichiarare il pubblico interesse della proposta, dando, di fatto, il via libera alla presentazione del progetto definitivo.

Il testo dell’emendamento conclude con una dichiarazione programmatica, nella quale si legge che gli interventi in oggetto, laddove possibile, saranno realizzati “prioritariamente mediante recupero di impianti esistenti o relativamente a impianti localizzati in aree già edificate”.
Quest’ultima prescrizione, a parere di chi scrive, ha tutta l’aria di essere un prodotto delle circostanze, tali per cui, in determinati casi più o meno famosi (vedi Inter e Milan con lo stadio di San Siro) le società, per vari motivi, si trovano a dover privilegiare interventi su impianti già edificati, che saranno oggetto di imponenti ristrutturazioni e ammodernamenti.

Avv. Carlo Rombolà

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