Gestione e valutazione del marchio delle società sportive

di Antonio Sanges 
AICAS (Associazione Italiana Commercialisti Azienda Sport)

Premessa
Il presente lavoro è finalizzato ad analizzare i metodi di valutazione del marchio delle società sportive dilettantistiche .
In ambito commerciale, il marchio, rappresenta un mezzo distintivo finalizzato a riconoscere ed identificare un “prodotto-servizio”, distinguendo lo stesso, dal marchio della concorrenza.
Nel caso delle società sportive dilettantistiche (al pari delle società professionistiche), il marchio rappresenta l’elemento fondante dei rapporti di scambio instaurati tra le società sportive e mercati di riferimento (aziende sponsor, tifosi, appassionati, stakeholder, bacino d’utenza)
Nello sviluppo del “business sportivo”, il marchio, grazie alla notorietà, immagine e fedeltà, quantifica una relazione con soggetti esterni, e determina in termini economici un importante fonte di “vantaggi competitivi” , per il club di riferimento.
Per i tifosi e gli appassionati, il marchio di una società sportiva dilettantistica, identifica la fidelizzazione e individuazione della propria squadra del cuore.
Il marchio, la denominazione , i colori sociali, rappresentano altresì il “rapporto identificativo” tra squadra, tifosi e territorio di riferimento.
In termini aziendali, l’uso marchio di una società sportiva dilettantistica e non, determina nei confronti del proprio club, ricavi da marketing. merchandising ed attività di customer satisfaction.
Sulla base di quanto evidenziato, per una società sportiva dilettantistica, risulta di fondamentale importanza attivare una corretta valutazione del proprio marchio.
I metodi di valutazione del marchio, delle società sportive dilettantistiche e non, risultano essere i seguenti: metodo empirico, metodo basato sui costi fissi, metodo finanziario, metodo economico-reddituale.

1. Marchio: aspetti civilistici.
La normativa civilistica del marchio, è regolata dagli art. 2569 - 2574 del Codice Civile e dal Codice delle proprietà industriali di cui al Decreto Legislativo n. 30 del 10 febbraio 2005.

1.1 La normativa del Codice Civile
Diritto d’esclusiva (art. 2569):
Chi ha registrato nelle forme stabilite dalla legge un nuovo marchio idoneo a distinguere prodotti o servizi, ha diritto di valersene in modo esclusivo per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato.
In mancanza di registrazione il marchio è tutelato a norma dell'articolo 2571.

Marchi collettivi (art. 2570):
I soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi possono ottenere la registrazione di marchi collettivi per concederne l'uso, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, a produttori o commercianti.

Preuso (art. 2571):
Chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è valso.

Divieto di soppressione del marchio (art. 2572):
Il rivenditore può apporre il proprio marchio ai prodotti che mette in vendita, ma non può sopprimere il marchio del produttore.

Trasferimento del marchio (art. 2573):
Il marchio può essere trasferito o concesso in licenza per la totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato, purché in ogni caso dal trasferimento o dalla licenza non derivi inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico.
Quando il marchio è costituito da un segno figurativo, da una denominazione di fantasia o da una ditta derivata, si presume che il diritto all'uso esclusivo di esso sia trasferito insieme con l'azienda.

Leggi speciali (art. 2574):
Le condizioni per la registrazione dei marchi e degli atti di trasferimento dei medesimi, nonché gli effetti della registrazione sono stabiliti dalle leggi speciali.

1.2 La normativa di cui al Codice della proprietà industriale – D. Legs. 30 del 10 febbraio 2005.

Con l’espressione ’’proprietà industriale’’ il codice comprende marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, informazioni aziendali riservate e nuove varietà vegetali.
Il codice prevede:

- il razionale riassetto della disciplina della proprietà industriale;
- la semplificazione normativa ed coordinamento delle fonti nazionali e comunitarie;
- l’ampliamento della tutela riservata alla proprietà industriale;
- la ridefinizione delle competenze dell’Ufficio italiano brevetti e marchi ed in particolare alla tutela delle invenzioni realizzate dai ricercatori delle Università e degli enti pubblici di ricerca.

Il Codice della proprietà industriale, con la previsione normativa di cui agli art. 7, 12, 14, 18 e 23 disciplina i requisiti, oggettivi e soggettivi, che devono possederei marchi.
Art. 7: Oggetto della registrazione (capacità distintiva)
Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese.
Art. 12: Novità (diversità dai marchi precedentemente registrati)
Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni che alla data del deposito della domanda, siano identici o simili ad un segno già noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati(messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini) se a causa dell'identità o somiglianza tra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni.
Art. 14: Liceità (legittimità e legalità del marchio)

Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa:

a) i segni contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume;
b) i segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi;
c) i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi.

Il marchio d'impresa decade:

a) se sia divenuto idoneo ad indurre in inganno il pubblico, in particolare circa la natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi, a causa di modo e del contesto in cui viene utilizzato dal titolare o con il suo consenso, per i prodotti o servizi per i quali è registrato;
b) se sia divenuto contrario alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume;
c) per omissione da parte del titolare dei controlli previsti dalle disposizioni regolamentari sull'uso del marchio collettivo.

Art. 18: Effetti della registrazione (coordinato con l’art. 2569 del c.c.)
1. I diritti esclusivi considerati da questo codice sono conferiti con la registrazione.
2. Gli effetti della prima registrazione decorrono dalla data di deposito della domanda. Trattandosi di rinnovazione gli effetti di essa decorrono dalla data di scadenza della registrazione precedente.
3. Salvo il disposto dell'articolo 20, comma 1, lettera c), la registrazione esplica effetto limitatamente ai prodotti o servizi indicati nella registrazione stessa ed ai prodotti o servizi affini.
4. La registrazione dura dieci anni a partire dalla data di deposito della domanda, salvo il caso di rinuncia del titolare.
5. La rinuncia diviene efficace con la sua annotazione nel registro dei marchi di impresa e di essa deve essere data notizia nel Bollettino ufficiale.

Art. 23: Trasferimento del marchio (coordinato con l’art. 2573 del c.c.)
1. Il marchio può essere trasferito per la totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali e' stato registrato.
2. Il marchio può essere oggetto di licenza anche non esclusiva per la totalità o per parte dei prodotti o dei servizi per i quali e' stato registrato e per la totalità o per parte del territorio dello Stato, a condizione che, in caso di licenza non esclusiva, il licenziatario si obblighi espressamente ad usare il marchio per contraddistinguere prodotti o servizi eguali a quelli corrispondenti messi in commercio o prestati nel territorio dello Stato con lo stesso marchio dal titolare o da altri licenziatari.

2. Marchio: aspetti contabili
Gli aspetti contabili del marchio, sono regolati dagli art. 2424 e 2426 del Codice Civile e dal Principio Contabile n. 24.
Per le società sportive dilettantistiche , che hanno effettuato l’opzione per l’applicazione della legge 398/91, gli aspetti contabili del marchio, trovano riferimento nell’art.3 comma 166 legge 23 dicembre 96 n. 662 e D.M. 11 febbraio 97.

2.1 Classificazione e valutazione del marchio di cui agli art. 2424 e 2426 del Codice Civile
Contenuto dello Stato Patrimoniale (art. 2424 c.c.)
Nella redazione dell’attivo dello Stato Patrimoniale di una società di capitali, si rileva che il marchio (al pari delle concessioni, licenze, diritti similari) trova una propria classificazione e collocazione alla voce B 1.4 (dedicata alle immobilizzazioni immateriali).
Criteri di valutazione (art. 2426 c.c)
L’art. 2426, n.1), prevede che le immobilizzazioni siano iscritte al costo di acquisto o di produzione.
L’art. 2426 n.2) c.c. prevede altresi che il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione.
L’art. 2426 n.3 c.c. dispone che l'immobilizzazione che, alla data della chiusura dell'esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore al relativo valore contabile netto, deve essere iscritta a tale minor valore; questo non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata.

2.2 Il Principio Contabile n. 24
Il Principio Contabile Nazionale OIC 24, ha lo scopo di disciplinare il trattamento contabile e l’informativa da fornire nella nota integrativa relativamente alle immobilizzazioni immateriali (marchio).
Il principio fornisce i criteri di identificazione, rilevazione, classificazione e valutazione del marchio (beni immateriali) nel bilancio d’esercizio e nota integrativa.

2.2.1 ) Marchio : stato patrimoniale e conto economico
L'art. 2424 c.c. prevede che nell'attivo dello stato patrimoniale siano indicate alla voce B, le seguenti voci:

II Immobilizzazioni immateriali
1) costi di impianto e di ampliamento;
2) costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità;
3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno;
4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
5) avviamento;
6) immobilizzazioni in corso e acconti;
7) altre.

L'art. 2425 c.c. contempla nel conto economico, ai rispettivi numeri, le sotto elencate voci in cui possono essere iscritti gli effetti reddituali di operazioni riguardanti le immobilizzazioni immateriali:
— nella classe A, definita “Valore della produzione”:
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) altri ricavi e proventi;
— nella classe B, definita “Costi della produzione”:
10.a. ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali;
10.c. altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
14) oneri diversi di gestione;
— nella parte E, definita “Proventi e oneri straordinari”:
20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono iscrivibili al n. 5;
21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni, i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n. 14”.

2.2.2 ) Marchio: capitalizzazione, costi relativi, ammortamento
È capitalizzabile, tra le immobilizzazioni immateriali, sia il marchio prodotto internamente sia il marchio acquistato a titolo oneroso da terzi.
Il marchio acquisito a titolo gratuito non è iscrivibile.
I costi relativi al marchio prodotto internamente, possono ricondursi essenzialmente ai costi diretti interni ed esterni, sostenuti per la produzione del segno distintivo secondo i criteri illustrati relativamente ai costi di ricerca e sviluppo. Sono esclusi dalla capitalizzazione i costi sostenuti per l’avvio del processo produttivo del prodotto tutelato dal marchio e per l'eventuale campagna promozionale.
Il marchio e gli altri beni immateriali identificabili ottenuti tramite l’acquisizione dell’azienda o di un suo ramo sono separatamente iscrivibili in bilancio in base al loro valore corrente nei limiti del costo sostenuto.
Il valore delle immobilizzazioni immateriali è rettificato dagli ammortamenti. Le immobilizzazioni immateriali sono ammortizzate sistematicamente e la quota di ammortamento imputata a ciascun esercizio si riferisce alla ripartizione del costo sostenuto sull’intera durata di utilizzazione.
Il marchio è ammortizzato sulla base del periodo di produzione e commercializzazione in esclusiva dei prodotti cui il marchio si riferisce. Il periodo di ammortamento non può eccedere, prudenzialmente, il periodo di tutela legale previsto in sede di prima registrazione del marchio (10 anni).

2.3) Marchio : prospetto riepilogativo art.3 legge 23 dicembre 96 n.662 e D.M. 11 febbraio 97
Per le società sportive dilettantistiche che hanno effettuato l’opzione per il regime fiscale agevolato di cui alla legge 398/91, il valore del marchio deve essere riportato nel quadro B sezione terza del “prospetto riepilogativo” di cui all’art.3 legge 662/96 e D.M. 11 febbraio 97.

3. Marchio: aspetti fiscali
Gli aspetti fiscali del marchio trovano riferimento , ai fini delle imposte dirette negli artt. 103 e 110 del D.P.R. 917/86, ai fini IVA dall’art. 3, comma 2, n. 2 D.P.R. 633/72, ai fini IRAP dall’art. 5 DLegs 446/97.

3.1) Marchio: normativa imposte dirette
Art. 103 D.P.R. 917/86 (ammortamento beni immateriali):
Le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno sono deducibili al 50 per cento del costo, mentre quelle relative al marchio d’impresa risultano essere deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del costo.
Art. 110 D.P.R. 917/86 (norme generali sulle valutazioni):
In relazione alla qualificazione del costo, lo stesso è assunto al lordo delle quote di ammortamento già dedotte ed in tale costo si comprendono anche gli oneri accessori di diretta imputazione con esclusione degli interessi pagati e le spese generali.
Tuttavia per i beni immateriali strumentali per l’esercizio d’impresa si comprendono nel costo gli interessi passivi iscritti in bilancio ad aumento del costo stesso come da disposizione di legge.

3.2) Marchio: normativa Iva
Art. 3, comma 2, n.2 D.P.R. 633/82:
Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti delle cessioni di marchi.
Con tale articolo, si rileva che nel caso di vendita del marchio, lo stesso risulta essere equiparato ad una prestazione di servizi ed in quanto tale da assoggettare ad Iva.

3.3) Marchio: normativa Irap
Art.5 D.Legs 446/97:
La base imponibile IRAP trova fondamento nel bilancio civilistico, e per le società di capitali, non esercenti attività finanziaria o assicurativa, è determinata dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’art. 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12), e 13), così come risultanti dal conto economico dell’esercizio.

4. La valutazione del marchio di una società di calcio professionistica.
La gestione diretta dell’uso del marchio, genera nei confronti delle societa’ di calcio professionistiche due diverse modalità di benefici.
Da un lato contribuendo, in maniera generica ed indistinta, allo sviluppo della società ed alla formazione del risultato economico e finanziario complessivo della gestione “caratteristica” e, dall’altro, apportando utili specifici e distinti come risultato dell’attività di merchandising (ovvero della commissione in licenza del marchio per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli “caratteristici” della società).
In quest’ottica, il valore del marchio è suddivisibile in due componenti: una “specifica”, legata alle royalties ottenibili dall’attività di merchandising, ed una “generica” relativa al beneficio sull’attività caratteristica.
La rilevanza del marchio quale valore patrimoniale autonomo nell'ambito delle società calcistiche è abbastanza ovvia: la stessa acquisita in molti decenni di attività sportiva continuativa, in uno sport così diffuso, fa sì che le grandi squadre abbiano una altissima popolarità e che, quindi, il loro marchio abbia un grado di "riconoscibilità" e di notorietà tra i più elevati.
Le particolarità del marchio delle società calcistiche sono legate, da un lato, alla "cassa di risonanza" fornita, gratuitamente, dai media (giornali, TV) agli eventi calcistici e, dall'altro, all'estremo grado di "fidelizzazione" del cliente- tifoso o simpatizzante nei confronti della propria squadra calcistica.
Lo sfruttamento economico di questo fenomeno avviene sia con riferimento all'attività sportiva "classica" (attraverso gli incassi delle partite, gli abbonamenti, i diritti televisivi e le sponsorizzazioni), sia attraverso l'attività commerciale del marchio identificata nel merchandising. I tifosi, costituiscono una base di “clienti captive” , particolarmente fedele al marchio, anche nelle ipotesi in cui i risultati sportivi della squadra, non sono all'altezza della sua fama e della propria notorietà
Bisogna evidenziare che il Manchester United, attraverso la gestione diretta dell’ uso del marchio determina il 41% dei propri ricavi, divisi come segue: 35% ricavi da merchandising e 6,6% per servizi di catering.
Tra le altre società inglesi , il Tottenham ottiene dall’uso del marchio circa il 21% dei ricavi total, ed il Chelsea il 6%.
In Inghilterra oltre il 60% dei ricavi totali delle squadre di calcio deriva da fonti diverse dagli incassi dalle gare.
Questo trend generale ovviamente porterà alle società dei benefici differenziati in base alla popolarità ed attrattiva (della squadra nel suo insieme e dei singoli giocatori) nei confronti dei tifosi e non tifosi, all'andamento dell'attività sportiva (risultati ottenuti nelle competizioni) a livello nazionale ed europeo, al proprio "bacino di utenza", nonché alla capacità dei dirigenti di far leva su questo fenomeno.
I ricavi generati da tutti i prodotti o servizi scambiabili sul mercato, che utilizzino il marchio della società rappresentano una fonte di introiti destinata a crescere.
I prodotti/servizi più diffusi per il merchandising sportivo risultano essere:
- l'oggettistica (bandiere, cuscini, capi di abbigliamento, poster, borse, ecc.);
- i servizi {catering, conferenze, linee telefoniche tipo payphone, ecc.);
- le videocassette su partite o giocatori;
- le pubblicazioni.

4.1 Marchi club europei : classifica Brand Finance Football 2013
La classifica, sul valore dei marchi dei club di calcio europei alla data del 31 dicembre 13,
è stata redatta da Brand Finance. ( fonte La Gazzetta dello sport)
Tale valutazione, del marchio dei club di calcio europei, e’ stata effettuata tenendo in considerazione i seguenti parametri: risultati economici del club, valore squadra, ranking Uefa, media spettatori, bacino d’utenza.



5. Il marchio delle società sportive dilettantistiche: la gestione del “brand”.
Nel mondo dello sport, attivare strategie di marketing e merchandising, significa proteggere e sviluppare tutti i fattori relativi al marchio del club, elemento che diventa una vera e propria risorsa di gestione, in grado di accrescere il patrimonio del club per fini commerciali.
La corretta gestione dell’uso del marchio, quantifica per la società sportiva dilettantistica, effetti positivi: fidelizzazione del cliente tifoso, nuovi ricavi da marketing e merchandising.
In tale ottica, le organizzazioni sportive devono investire sul brand redigendo una pianificazione strategica finalizzata a sviluppare ed implementare il suo valore, salvaguardandone integrità ed immagine.

5.1) La gestione del brand
Gestire il brand vuol dire prendere coscienza delle trasformazioni in atto ed anticipare le tendenze future.
Per raggiungere questo obiettivo è necessario sviluppare nuove strategie che consentano alla società sportiva di proiettarsi verso nuovi settori.

Gli elementi principali sono essenzialmente due:
- una cultura orientata alla customer satisfaction;
- un marchio consolidato che può contare su una fitta rete di rapporti sviluppati.

Da sempre il brand funge da garante della qualità del “prodotto-servizio” ed oggi, sempre più spesso, è oggetto di compravendita o di concessione in licenza a causa dell’importanza evocativa da esso svolta.
Per poter gestire al meglio il brand, bisogna conoscere profondamente il suo reale valore economico.
I metodi generalmente più usati per la determinazione di tale valore sono quelli finanziari e quelli reddituali; i primi si basano sul calcolo degli investimenti passati che hanno contribuito allo sviluppo del marchio, i secondi, invece, prendono in considerazione il cash flow ed i ricavi generati dallo stesso.

Le organizzazioni sportive, nello sviluppare il marchio non possono tralasciare i vari interlocutori con i quali interagiscono (azionisti, aziende sponsor, tifosi,bacino d’utenza); solo quando il brand diventa “commerciabile” si procede alla vendita del diritto al suo utilizzo.

In definitiva “costruire” il marchio è una fase piuttosto semplice ma, “gestirlo” nel corso degli anni, risulta complesso perché bisogna tener sempre presenti i seguenti processi:

— fidelizzazione dei clienti-tifosi;
— comunicazione attiva con il bacino d’utenza e territorio di riferimento;
— assicurare la qualità;
— creare i canali di distribuzione;
— coinvolgere le aziende sponsor:
— proteggere il brand.

Quando viene “ideato”, il valore commerciale del marchio è pari a zero; poi, con la pubblicità e l’uso in commercio, diventa una realtà dal punto di vista economico per l’impresa che lo ha adottato.
La “brand identity” tende a stabilizzare i rapporti tra società sportiva e clienti-tifosi, e per questo il valore del marchio deve essere protetto e mantenuto; la sua concessione a terzi può avvenire attraverso il contratto di licenza o quello di merchandising.

6. La Valutazione del Marchio di una società sportiva dilettantistica
Come verificato al punto precedente, il marchio è in grado di generare benefici alla società sportiva con due diverse modalità:
- da un lato, contribuendo, in maniera generica ed indistinta, allo sviluppo della società ed alla formazione del risultato economico e finanziario complessivo della gestione “caratteristica”;
- dall’altro, apportando utili specifici e distinti come risultato dell’attività di merchandisinge di marketing (ovvero della cessazione in licenza del marchio per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli “caratteristici” della società sportiva).

In quest’ottica, il valore del marchio è suddivisibile in due componenti:
- una “specifica”, legata alle royalties ottenibili dall’attività di merchandising;
- una “generica”, relativa al beneficio sull’attività caratteristica.
Gli elementi immateriali (quindi il marchio) rappresentano indubbi punti di forza o di debolezza di un’azienda sportiva e, sempre più spesso, costituiscono un elemento essenziale della capacità aziendale di mantenere, nel tempo, un significativo vantaggio competitivo.
Essi sono, in effetti, fattori decisivi nel determinare la competitività di un’azienda sportiva, specie nel medio-lungo periodo.
Tra i beni immateriali delle società sportive, bisogna segnalare l’importanza della valutazione del marchio aziendale.

7. Metodi di valutazione del marchio di una società sportiva dilettantistica.
La valutazione del marchio (bene immateriale) viene determinata sul valore del costo o sulla redditività dei beni stessi.
I metodi di valutazione devono basarsi su elementi quali:
- costo di riproduzione o di sostituzione del bene;
- capitalizzazione dei costi effettivamente sostenuti;
- costo della perdita (ovvero, quanto si sarebbe disposti a pagare per avere subito uno strumento operativo che viene improvvisamente a mancare);
- redditività attesa.

Per quanto riguarda più specificatamente il marchio, lo stesso può esso valutato autonomamente, a seconda che faccia riferimento ad un significativo flusso di investimenti, che sia all'origine di benefici economici differenziali di entità apprezzabile, che sia trasferibile (almeno teoricamente) o comunque fruibile separatamente.

In generale si può affermare che i metodi utilizzabili per la valutazione economica del marchio di una società sportiva dilettantistica (al pari di una società professionistica) sono suddivisibili nelle stesse categorie dei metodi di valutazione di un'intera azienda, ovvero:
- metodo empirico;
- metodo basato sui costi;
- metodo finanziario;
- metodo economico-reddituale.

7.1 ) Valutazione del marchio : metodo empirico
Il metodo empirico, trae origine dall'osservazione dei prezzi formatisi sui mercati finanziari o pagati in negoziazioni effettivamente verificatesi.
Queste analisi consentono di definire dei "multipli normali attesi" nel settore in esame, da applicare poi a grandezze economiche, finanziarie o patrimoniali dell' azienda oggetto di valutazione.
I multipli più diffusi sono quelli relativi agli utili, alle vendite, al patrimonio netto contabile.
Come quelli applicati alle valutazioni d'azienda, i metodi empirici, essendo derivati dall'osservazione di "prezzi" registratisi sul mercato, presentano il limite di riflettere l'interesse particolare delle parti a vendere o acquistare, le rispettive posizioni di forza contrattuale e, quindi, in ultima analisi, rappresentano dei "valori soggettivi" e non "oggettivi", cioè quelli di riferimento per un qualsiasi teorico investitore.
Per tali motivi, è prassi ricorrere ad una valutazione basata su metodi empirici solo quando gli altri metodi, concettualmente più corretti, non sono applicabili, oppure si utilizzano in termini di "metodi” di “controllo" del metodo di valutazione principale prescelto.

7.2) Valutazione del marchio: metodo basato sui costi
Il metodo basato sui costi, risulta essere concettualmente adottabile nei casi in cui vi è una stretta correlazione tra i costi sostenuti per lo sviluppo di un certo marchio, ed il valore dello sfruttamento prospettico del marchio stesso.
In molte situazioni tale correlazione non è, però, facilmente dimostrabile.
Tra le diverse applicazioni dei metodi di valutazione basati sui costi, si possono ricordare quelle basate sui costi storici, sui costi storici rivalutati, sui costi di sostituzione o riproduzione, sui costi della perdita (teorica, della disponibilità del marchio).

7.3) Valutazione del marchio : metodo finanziario
I metodi finanziari, concettualmente più corretti, si esplicano nella quantificazione dei flussi finanziari ottenibili dalla gestione del marchio e nella loro attualizzazione alla data della valutazione.
Come nella valutazione di un intera azienda, le difficoltà che si devono superare sono quelle relative alla definizione dell'importo dei flussi monetari prospettici, del periodo "n" di attualizzazione dei flussi, del tasso di attualizzazione e, soprattutto, del "valore residuo" del marchio al termine del periodo di riferimento.

7.4) Valutazione del marchio : metodo economico-reddituale.
I metodi economico-reddituali, si basano essenzialmente su una attualizzazione, per un certo numero di anni, dell'incremento di reddito che il marchio è in grado di generare per l'azienda.
In alcune situazioni, i redditi da attualizzare possono essere calcolati in base alle royalties ottenibili sul mercato dal marchio.

Le applicazioni più diffuse dei metodi “economico-reddituali” del marchio, delle società sportive dilettantistiche, risultano essere i seguenti:
a) Metodo dell'attualizzazione dei flussi di reddito.
Si tratta di riportare al momento dell'attualizzazione i redditi differenziali attesi dall'utilizzo del marchio, come da formula che segue:


dove:
Vm = valore del marchio;
R = redditi differenziali attesi;
n = periodo di riferimento;
i = tasso di attualizzazione.

b)Metodo della rendita perpetua
Questa applicazione consiste nel calcolo di una rendita perpetua sul reddito medio atteso dall'utilizzazione del marchio, ovvero:


dove:
Vm = valore del marchio;
Rm = reddito medio atteso;
i = tasso di attualizzazione.

c) Metodo indiretto o residuale
Definisce il valore del marchio per differenza rispetto agli altri elementi del capitale economico complessivo dell'azienda che cede il marchio, ovvero come componente "residuale", in base alla relazione qui di seguito esplicitata.

In pratica, questo metodo ipotizza che esista identità tra valore dell'azienda stimato con il metodo reddituale puro e valore determinato con il metodo patrimoniale complesso; il marchio si appalesa, allora, come elemento residuale e risponde abbastanza bene ai requisiti di validità concettuale ed obiettività, anche perché i redditi complessivi sono, naturalmente, di più agevole stima di quelli differenziali.
Ovviamente, però, l'applicazione di questo metodo presuppone la possibilità di utilizzare o effettuare una stima dell'intera azienda su base reddituale.

Le società sportive, però, presentano alcune specificità in relazione al contenuto del valore del marchio.
Tale stima può limitare l'aleatorietà del valore del marchio calcolato -come da metodo indiretto descritto al precedente punto c)- solo su base residuale rispetto al valore reddituale dell'impresa al netto del patrimonio rettificato.
Infine, il valore del marchio così determinato può essere confrontato con quello emergente dall'applicazione, come metodo di controllo, di un metodo empirico "diretto" e non residuale.

8. Conclusioni: le “fasi di sviluppo” della valutazione del marchio delle società sportive dilettantistiche.
La valutazione del marchio di una società sportiva dilettantistica può essere sviluppata nelle seguenti fasi:
Determinazione del bacino d’utenza e rapporto con il territorio di riferimento;
calcolo del patrimonio netto reale della società alla data della valutazione;
analisi e valutazione degli altri elementi immateriali, diversi dal marchio, eventualmente a disposizione della società calcistica;
stima del valore "specifico" del marchio con riferimento al valore attuale dei redditi, differenziali, derivanti dall'attività di merchandising;
stima del valore "generico" del marchio, come differenza tra valore complessivo della società, patrimonio netto rettificato, valore "specifico" del marchio e valore degli eventuali altri beni immateriali;
calcolo del valore del marchio con un metodo empirico, come metodo di controllo rispetto al metodo di valutazione principale.

Antonio Sanges
AICAS (Associazione Italiana Commercialisti Azienda Sport)
www.commercialistiaziendasport.it/

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