Il calcio italiano rischia una crisi senza precedenti: la Lega Calcio chiede la rimozione del divieto di pubblicità al Governo


In Italia, si sa, il calcio è una passione forte, trainante. Un elemento di aggregazione, spesso di separazione. Ma, in una sola parola è semplicemente cultura, parte del DNA del nostro Paese. Ma soprattutto è un business, un’industria, capace di generare gettiti e introiti stratosferici e di sapersi impostare, nonostante la crisi degli ultimi anni, come una delle aziende più importanti per lo Stato.
Stavolta, però, con l’impazzare della pandemia da Coronavirus, anche per il calcio sembrano complicarsi le cose. E i tempi di queste complicazioni, purtroppo, sono imprevedibili. Gli effetti già dannosi, peraltro, si vedranno completamente nel giro di qualche mese.

Aver fermato il calcio in Italia significa aver impresso uno stop da oltre 4 miliardi, secondo le proiezioni di KPMG Football Benchmark. Oltre al danno, ovviamente, la beffa: la Serie A, massimo campionato italiano, comincia a fare la conta dei contagiati, ormai arrivati ad undici e con ogni probabilità destinati a crescere.



Ma danni e beffe non si contano solo in Italia: Real Madrid e Barcellona, per esempio, hanno già perso diverse entrate per la chiusura degli stadi, veri e propri musei in terra iberica, e di tutte le attività ad essi collegati. In Italia, paese per primo tra i colpiti, e di gran lunga il più martoriato, lo stop ai calciatori ha significato, difatti, un blocco su ogni forma di introito. Si è dapprima cominciato con gli incontri a porte chiuse, il che ha subito generato un drastico calo nei guadagni provenienti dai tifosi che di volta in volta vanno ad accalcarsi sugli spalti per seguire le sorti della propria squadra del cuore. Subito dopo, con la fine delle partite, si è bloccato anche il mercato dei diritti tv, non il più florido ma di sicuro tra i più importanti nel calcio odierno.
In Italia, insomma, il sistema calcio rischia di andare in crisi e, secondo gli esperti di calcio finanziario, il 75% dei club pagherà danni scottanti, rischiando addirittura il fallimento o la non iscrizione al campionato di appartenenza. Un terzo delle entrate, ancora oggi, sono a rischio, perché di traverso ci si mettono anche gli sponsor, che potrebbero decidere di non versare la loro quota contributiva alle squadre. Per fare un esempio in soldoni, ad oggi una delle poche società italiane che ha una disponibilità superiore ai 100 milioni, è il Napoli che, a partita, può perdere fino ad ottocentomila euro. Il top del sistema calcio in Italia, ovverosia la Juventus, rischia perdite per oltre 110 milioni. Insomma, un clamoroso effetto domino che ha già creato le prime crepe, che possono finanche aumentare.

Una risposta potrebbe arrivare dalle scommesse e dallo sblocco della pubblicità su di esse che, secondo le stime di Gaming Report, ha già provocato ingenti perdite per il nostro calcio. A questo proposito la Lega Serie A ha voluto rivolgere un appello al Governo, comprendente una serie di suggerimenti per far fronte alla crisi che potrebbe portare a perdite per oltre un miliardo. Sarebbero già solo 720 i milioni di perdita con una Serie A non conclusa. Tra le proposte che, si spera, verranno ascoltate e quantomeno discusse, c’è anche la semplificazione di quella burocrazia che per anni, e ancora oggi, vieta la costruzione di nuovi stadi in Italia.
Ma non solo: in ballo anche la Legge Melandri sui diritti televisivi, che vieta de facto, la messa in onda delle partite in chiaro. E ovviamente il mercato delle pubblicità, su cui la Lega chiede la cancellazione del divieto. Il tutto per aiutare imprese come quelle delle società calcistiche che, altrimenti, farebbero fatica a rialzarsi.

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