Il business di Euro 2020: quanto valgono gli sponsor?



Il calcio non è più un gioco, o meglio lo è finché non si supera quel muro che divide il dilettantismo dal professionismo. Per la verità vale un po' per tutti gli sport, specialmente quelli più popolari e, si sa, da noi il calcio nella scala gerarchica non ha eguali. In un mondo del pallone in cui i grandi marchi fanno a gomitate per accaparrarsi la vetrina più importante dei grandi eventi internazionali, ha destato scalpore il gesto di Cristiano Ronaldo di spostare le bottiglie di Coca Cola per invitare a bere acqua. Una presa di posizione, quella di CR7, che al ricco brand americano è costato un crollo in borsa e la perdita di 4 miliardi di dollari. Quell'azione di protesta è stata seguita nei giorni seguenti da altre prese di posizione a favore e contro gli sponsor di Euro 2020, manifestazione seguita con attenzione anche dal portale di pronostici gratuiti e analisi di bookmaker Sportytrader, al punto da indurre la UEFA a pronunciarsi sulla situazione: multe salatissime alle nazionali di quei giocatori che sposteranno i prodotti forniti dalle aziende che sponsorizzano il torneo.

Ma quanto valgono realmente gli sponsor che associano il loro marchio a Euro 2020? Al momento non sono state rese note le cifre, ma se si va a fare una rapida ricerca si può constatare che dalla precedente edizione degli Europei la UEFA aveva fatturato 1.93 miliardi di dollari. C'è però da fare un distinguo perché allora gli sponsor erano dieci mentre oggi sono decisamente aumentati e si parla di un fatturato che supererà di gran lunga i 2 miliardi di dollari. L'Europa è rappresentata dalle olandesi Booking ed Heineken, dalle tedesche Adidas e Volkswagen e dalla britannica Just Eat (Takeaway.com). Restando in tema calcistico possiamo considerare europee anche la azera Socar e la russa Gazprom, ma Euro 2020 fa gola anche a brand extra-continentali: la già citata Coca Cola e la FedEx sono americane, la Qatar Airways è qatariota, mentre il paese più rappresentato è la Cina che si è presentata alla fase finale dell'Europeo di calcio schierando il social network Tik Tok, il produttore di device mobili Vivo, la piattaforma di pagamenti online Alibay e l'informatica Hisense. 

Insomma, quelli che si sono trasformati in oggetto di contestazioni, come la Coca Cola per questioni di salute secondo Ronaldo e la Heineken per motivi religiosi stando alla scelta di Pogba, sono anche quelli che finanziano il calcio stesso. L'opinione pubblica e l'organizzazione del torneo si sono subito scagliate contro i calciatori protagonisti di quegli episodi, ma quelli che sono gli attori principali di questo sport non hanno nessun obbligo nei confronti di questi marchi anzi, come nel caso di Cristiano Ronaldo che è una vera e propria azienda, determinati brand potrebbero ledere all'immagine del calciatore stesso.  Il paradosso nel business degli sponsor di Euro 2020 (ma vale anche per tutte le altre grandi manifestazioni) è che sono giocatori e squadre a produrre ricchezza e ricavi, ma è l'Uefa a firmare accordi commerciali con partner che direttamente non hanno nulla a che fare con questi marchi. Dunque, con la questione sponsor di Euro 2020 si è tornati indietro di qualche mese alla famigerata Superlega e alla diatriba con l'UEFA: i calciatori producono ricchezza, ma chi gestisce il calcio ne stabilisce la distribuzione. E questo ai protagonisti sul rettangolo verde continua a non piacere.


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