Le sponsorizzazioni allontanano i club italiani dal resto d'Europa

Ultimamente, con l’uscita della Football Money League a cura di Deloitte, si è tornati a parlare prepotentemente di calcio e business, delle difficoltà da parte delle società italiane di incrementare il proprio fatturato e del distacco che si è creato con i top club europei.
La consueta classifica annuale sulle entrate delle società calcistiche, fa notare innanzitutto che l’industria del calcio aumenta il suo volume d’affari anno dopo anno senza conoscere crisi. I 20 club più ricchi hanno raggiunto, nella stagione 2012/13, un fatturato cumulato di 5,4 milioni di euro, segnando un +8% rispetto al periodo precedente.
Le prime cinque classificate hanno registrato insieme un aumento addirittura del 13,9%, mentre, se prendiamo in esame i quattro club italiani presenti nella top 20, vediamo che l’aumento dei ricavi, rispetto all’anno prima, è stato solo del 3,5%. È vero che ad incidere sul dato cumulato delle prime della classe c’è il Paris Saint-Germain con un +80%, ma dietro alle due spagnole, tutte le altre hanno aumentato considerevolmente le proprie entrate. Questo significa che il divario con Real Madrid e Barcellona si sta accorciando e, per i prossimi anni, non è escluso che possano cambiare anche le prime posizioni della classifica.

 




I club di casa nostra invece arrancano. La Juventus è l’unica che ha scalato posizioni aumentando il fatturato di ben 77 milioni. Merito del nuovo stadio ma soprattutto degli introiti derivanti dalla Champions League, che hanno visto lo scorso anno il club bianconero, nonostante l’eliminazioni ai quarti di finale, incassare più di tutti gli altri per via del meccanismo del market pool. Le milanesi invece perdono posizioni. Il Milan aumenta di poco le entrate ma rischia di uscire dalla top ten. L’Inter invece senza le coppe europee segna un meno -16,2. Ritorna invece tra le prime venti la Roma, mentre il Napoli perde sei posizioni e si piazza al 22° posto.

Nella Football Money League del 2004, relativa ai dati di bilancio della stagione 2002/03, la Juventus e il Milan erano rispettivamente al secondo e terzo posto, staccate solo dal Manchester United per poche decine di milioni di euro. Il Real Madrid era in quarta posizione, il Bayern in quinta e il Barcellona addirittura fuori dalla top ten.
A distanza di dieci anni quasi tutte le società (eccezion fatta per Arsenal e Manchester United) che precedono oggi in classifica le squadre italiane, hanno raddoppiato il proprio fatturato. Mentre per Juventus e Milan in dieci anni l’aumento è stato veramente minimo se paragonato agli altri.

Per il futuro non ci sono buone notizie per le italiane, in quanto il divario è destinato a crescere ulteriormente. Nel breve periodo solo la Juventus sembra essere strutturata per continuare a rimanere nella top ten, mentre le milanesi, complici i pessimi risultati sportivi, rischiano di veder addirittura diminuire le proprie entrate.


In Europa non si vive di soli diritti tv 

Negli anni, mentre i presidenti di Serie A litigavano sempre per lo stesso motivo, la ripartizione dei diritti televisivi, all’estero venivano costruiti stadi moderni e venivano siglati importanti accordi di sponsorizzazione.
In tanti pensano che il divario tra le società italiane e il resto d’Europa sia da imputare alla sola mancanza di stadi ma, a parer di chi scrive, non è esattamente così. Non avere impianti di proprietà moderni, confortevoli e aperti 7 giorni su 7, incide molto sui bilanci, ma pur avendoli, non coprirebbero l’enorme differenza che si è venuta a creare.

In Italia sembra che si arrivi ormai sempre con un doppio ritardo. Agli inizi degli anni 2000 tutti a guardare il modello inglese, gli stadi, il merchandising, le quotazioni in borsa, per poi accorgerci che, mentre osservavamo immobili quello che avveniva oltremanica, in Germania lavoravano per superarci, per creare modelli solidi finanziariamente e vincenti sul campo. Nel frattempo noi cosa abbiamo fatto? Abbiamo smesso di guardare all’Inghilterra e ci siamo messi ad elogiare il modello tedesco.


Con gli stadi sta succedendo la stessa cosa. Tutti concordi nel dire “senza stadi non si va avanti”, ma intanto il resto d’Europa punta fortemente sulle sponsorizzazioni. La differenza che si sta venendo a creare tra i top club europei e quelli italiani per quanto riguarda gli accordi commerciali è abissale.
Si evince che, pur avendo stadi di proprietà, oggi i club italiani sarebbero comunque indietro rispetto al resto d’Europa. L’appeal di cui godono i maggiori club europei nei mercati emergenti è enorme. All’inizio furono Manchester United e Real Madrid a scoprire il continente asiatico, oggi tutte le grandi d’ Europa hanno stretto accordi commerciali con società americane, asiatiche e africane. Tutto questo permette loro di ottenere una visibilità globale ed avere un brand forte e commercialmente appetibile.


Prospettive future

Il futuro non è dei più rosei per il nostro calcio, il distacco è destinato a crescere. Con l’entrata in vigore dei nuovi contratti di sponsorizzazione, il rischio di vedere una top ten della Football Money League senza italiane è molto concreto. Anche perché bisogna considerare pure i pessimi risultati sportivi di Inter e Milan, che rischiano di non partecipare alla prossima Champions League.
Del resto, se le entrate non aumentano non si possono acquistare top player, ne tantomeno trattenere giovani talenti, non potendo competere con le altre potenze economiche in fatto di ingaggi. Il risultato sarà una Serie A sempre meno appetibile e più povera rispetto alla Premier League, alla Bundeslga, alla Liga e, ahimè, anche alla Ligue1.

Giuseppe Berardi 

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