I Social Media e le opportunità per le società di calcio

Come qualunque altra azienda, anche le squadre di calcio hanno affiancato al tradizionale sito web una presenza costante sui social media, potendo contare su una base di fan estesa e ben disposta a interagire e a condividere contenuti.
Twitter, Facebook, YouTube, Instagram, oramai i club li conoscono e da tempo hanno aperto i propri account, ottenendo traguardi numerici impensabili anche per aziende prestigiose e con un'attività social evoluta.

Alcuni numeri sulle dimensioni del fenomeno sono pubblicati in un articolo del The Guardian, tra cui le top ten per Twitter e Facebook.

Lo sport è un argomento caldo nelle discussioni che attraversano i vari social media e questi club, con i propri messaggi, raggiungono milioni di persone nel mondo, come i quasi 80 milioni di like su Facebook ottenuti dal Barcellona o i circa 14 milioni di follower per il Real Madrid. Per le italiane, abbiamo Milan e Juventus con numeri di tutto rispetto.

Twitter: numero di follower (in milioni)

Real Madrid: 13.8
Barcelona: 13.5
Arsenal: 4.91
Chelsea: 4.26
Galatasaray: 4.55
Manchester United: 3.91
Fenerbache: 3.72
Liverpool: 3.56
Corinthians: 2.55
Milan: 2.31

Facebook: numero di like (in milioni)

Barcelona: 79.1
Real Madrid: 77.2
Manchester United: 61.6
Chelsea: 38.3
Arsenal 30.7
Bayern Monaco: 24.1
Liverpool: 24
Milan: 23.4
Manchester City: 16.7
Juventus: 15.2

Le squadre di calcio, in generale, hanno quindi a disposizione un potenziale enorme ma, può sembrare banale dirlo, non basta esserci sui social e avere un esercito di follower. La sfida per il mondo del calcio, che non è fatto solo dei grandi club citati qui sopra, è integrare i social media nelle proprie strategie di marketing e comunicazione. Da un lato raccogliendo informazioni preziose sulla propria base di tifosi, dall'altro interagendo con loro e condividendo contenuti, costruendo così una relazione più profonda. Da qui il passo per l'internazionalizzazione del marchio è breve, perchè i social media permettono di raggiungere facilmente un pubblico che supera i confini nazionali, direzionando le proprie attività in mercati come quelli asiatici importanti dal punto di vista del merchandising e della distribuzione degli eventi televisivi. Gli stessi sponsor valuteranno positivamente una squadra che può contare su un forte legame con un'ampia community di tifosi, interessante bacino per operazioni di marketing e collaborazioni commerciali.
Il calcio può cogliere tutte queste opportunità soltanto schierando sul campo strategie, competenze e strumenti evoluti, arrivando a comprendere in profondità le logiche dei social media, che non sono semplicemente un nuovo canale promozionale. Ragionare in termini di nuove opportunità di vendita, trascurando la relazione con gli utenti, significa infatti perdere in partenza.
Tutto questo non riguarda solo le squadre di calcio. Molte aziende affrontano le stesse difficoltà, tentando di rispondere a domande come “Cosa ce ne facciamo di questi utenti?”, “Come possiamo coinvolgerli?”, “Come possiamo misurare tutti i dati che potenzialmente abbiamo a disposizione?”. La storia del web ha poi visto tutta una serie di epic fail di brand anche prestigiosi che messi difronte a strumenti poco conosciuti (o molto sottovalutati) hanno gestito piuttosto male la situazione, arrivando ad esiti tragicomici, che spesso finiscono per smascherare nel migliore dei casi una certa ingenuità, nel peggiore un'arroganza di fondo nella relazioni con i clienti/utenti che lascia conseguenze importanti nella propria reputazione.

Parlando di reputazione, non sono poi da dimenticare le persone che ruotano attorno alla squadra. Così come la presenza di un'azienda sul web include in qualche modo anche l'attività online dei propri dirigenti e dei propri dipendenti, anche nel calcio vale un discorso simile. Anzi, molto di più. Twitter e Facebook sono diventati una fonte di informazione fondamentale, e quello che un atleta o un dirigente dichiara dal proprio profilo può essere paragonato a una dichiarazione in una conferenza stampa o in un'intervista.

Il tecnico dell'Arsenal, Arsène Wenger, recentemente ha espresso seria preoccupazione a proposito dei social network, sostenendo un pensiero piuttosto comune che ritiene necessario uno stretto controllo sugli strumenti, o addirittura un divieto, dimenticando che una buona soluzione sarebbe un uso maturo e consapevole degli stessi. I famigerati tweet di Mario Balotelli non sono certo un caso isolato. E' lunga la lista di personaggi che dei social ne hanno fatto un uso improprio, a volte sfogandosi senza considerare la risonanza pubblica del loro gesto, a volte giocandoci di proposito, secondo una regola molto conosciuta da chi nello show business è alla caccia disperata di visibilità: che se ne parli bene, o che se ne parli male, l'importante è che se ne parli. Niente di più sbagliato.

Alessandro Milani

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